2021-07-21
Se la destra s'azzuffa sale al Colle Franceschini
L'unità della coalizione sta andando in frantumi e con essa l'occasione di avere, dopo 30 anni, un presidente non di sinistraNegli ultimi trent'anni i presidenti della Repubblica sono sempre stati di sinistra o per lo meno si sono rivelati tali una volta insediatisi al Quirinale. Oscar Luigi Scalfaro, proposto da Marco Pannella dopo la strage di Capaci, in teoria avrebbe dovuto essere destrorso, dacché nel suo curriculum poteva vantare una campagna per la moralizzazione dei costumi e perfino uno schiaffo a una signora che in un ristorante esibiva un décolleté giudicato scandaloso dall'allora sottosegretario allo Spettacolo. Ma una volta sul Colle, il pio deputato piemontese si rivelò quel che era, ossia un baciapile pronto a scendere a patti con i compagni, oltre che con i magistrati. Dopo di lui è venuto Carlo Azeglio Ciampi che, prima di diventare governatore della Banca d'Italia, militava nel Partito d'Azione e nella Cgil e sulle cui tendenze politiche, dunque, non ci possono essere dubbi. Infatti, come già gli era accaduto con Scalfaro, quando Silvio Berlusconi vinse le elezioni e divenne presidente del Consiglio, trovò un capo dello Stato che non gliene fece passare una, ma gli rese la vita particolarmente complicata. Su Giorgio Napolitano, che regnò per nove anni, primo a essere rieletto alla scadenza del mandato, non c'è neanche da dire: da comunista ha fatto al centrodestra ogni sgambetto, compreso nel 2011 riuscire a buttar giù un capo di governo che aveva ancora la maggioranza in Parlamento, affidando la guida del Paese a Mario Monti, con le conseguenze che tutti ricordano. Dell'attuale inquilino del Quirinale, oltre alla sua provenienza dalle file della sinistra democristiana, è noto che fu scelto da Matteo Renzi, il quale pur di portare Sergio Mattarella al Colle non esitò a mandare in frantumi il patto del Nazareno.Insomma, dal 1992 a oggi abbiamo sempre avuto presidenti della Repubblica che sono andati a braccetto con i compagni e infatti, ogni volta che il centrodestra ha vinto le elezioni sono stati dolori, perché il Quirinale, quando ha potuto, ha messo i bastoni fra le ruote a ogni leader che non esibisse un pedigree rigorosamente di sinistra.Tuttavia, tra sei mesi, per la prima volta dopo trent'anni, forse le cose potrebbero cambiare perché il centrodestra, se non commetterà errori, ha la possibilità di portare sul Colle una figura che non provenga dal Pd e dintorni. Se non commetterà errori, appunto. Cioè nel caso che si presenti compatto all'appuntamento per la nomina del nuovo capo dello Stato. E qui vengono i dolori. Nonostante i numeri rendano concreta l'ipotesi di un presidente della Repubblica diverso dai soliti, e dunque capace di rappresentare anche quella parte politica che da Francesco Cossiga in poi è rimasta fuori dai giochi quirinalizi, le recenti liti dentro il centrodestra non fanno ben sperare. Anzi: non fanno sperare proprio.Non parlo solo della competizione fra Giorgia Meloni e Matteo Salvini per la leadership dell'area moderata. Quella è nei fatti e anche legittima, perché è normale che i capi di due partiti il cui peso di consensi si avvicina al pareggio cerchino di giocarsi la partita della primazia. Diverso è il discorso degli sgambetti, che da un po' dall'una e dall'altra parte si registrano. Non starò a cercare chi abbia cominciato per primo a fare i dispetti, se le colpe siano di Salvini, Berlusconi, Meloni o luogotenenti vari. Sta di fatto che ormai siamo agli schiaffoni. Prima c'è stato il caso della presidenza del Copasir, che la Lega non voleva mollare ad Adolfo Urso, esponente di Fratelli d'Italia. Poi l'esclusione dell'esponente indicato da Meloni dal consiglio di amministrazione della Rai, dove tutti i rappresentanti fanno parte della maggioranza e nessuno dell'opposizione. Una decisione che sarebbe opera degli alleati, cioè di Lega e Forza Italia. Risultato, prima la leader di Fratelli d'Italia ha dato buca alla presentazione del candidato di centrodestra per le comunali di Milano, Luca Bernardo, poi ha rimesso in discussione la scelta dell'aspirante governatore di centrodestra in Calabria, infine ha imbarcato Lucio Malan, presidente vicario dei senatori berlusconiani. Una mossa che da Forza Italia definiscono senza troppi giri di parole «una rappresaglia». In mezzo tanti messaggi rimasti senza risposta, tanti chiarimenti rinviati. Frizioni si erano avute anche in passato, ma mai così clamorose. Ora però la faccenda sembra aver preso una brutta china, anche perché la storia non pare destinata a finire qui. Da Fratelli d'Italia si segnalano nuovi arrivi, lasciando intendere che altri si preparano a fare armi e bagagli poter raggiungere il partito di Giorgia.Dunque, l'unità della coalizione, la strategia comune in vista dell'elezione del capo dello Stato, sta andando in frantumi e di questo passo anche la possibilità di avere, dopo trent'anni, un presidente che non sia di sinistra. Ne vale la pena? Comprendo ogni ragione, da quelle più nobili a quelle di bottega, con i relativi dispetti e la necessaria competizione. Ma credo che arrivati a questo punto sia meglio fermarsi e darsi una calmata, sennò rischiamo di trovarci al Quirinale un tipo come Dario Franceschini. Il ministro della Cultura lavora da tempo alla sua ascesa al Colle, tenendosi buoni i compagni di partito e anche i grillini. Con lui al Quirinale saremmo da capo e ci ritroveremmo un democristiano di sinistra per di più di terza fila, a fare e disfare i governi. È questo ciò che si vuole? Scusate, ma capisco tutto e non accuso nessuno, però, cari leader di centrodestra, almeno Franceschini risparmiatecelo. Non so se sia possibile portare Berlusconi al Colle, ma un altro finto uomo al di sopra delle parti, vi prego, no.
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