2020-03-01
Se freniamo, è crisi globale. Pure il governo si sveglia: «Bisogna sforare il deficit»
Cade il tabù: verrà chiesto al Parlamento il permesso di sfondare il tetto. Possibili danni al Pil per 27 miliardi. L'ex Fmi: «Germania&Co devono salvare il Belpaese».Il presidente della Bce, Christine Lagarde, venerdì rassicurava tutti circa l'assenza di uno shock economico collegato alla diffusione del coronavirus, ribadendo che il pacchetto Draghi del settembre scorso è sufficiente a gestire la crisi.Nelle stesse ore, l'economista di origine indiana Ashoka Mody, già al Fondo monetario internazionale e ora professore a Princeton, scriveva un editoriale dal titolo scioccante «Italia, la crisi che potrebbe diventare virale».L'analisi di Mody prende le mosse dalla constatazione che il blocco dell'economia, conseguenza del coronavirus, facendo leva sulla preesistente debolezza del nostro Paese, rischia di catapultarci in una crisi finanziaria che finirà per contagiare tutta l'economia globale. Siamo troppo grandi per passare inosservati e arriviamo a questa sfida debilitati. È ora di prepararsi a gestire le conseguenze, nonostante la noncuranza che arriva dalle parole della Lagarde.Da quando, due decenni fa, l'arroganza dei leader europei ci ha condotto nella «morsa» dell'Eurozona, con una moneta troppo forte per la nostra economia e tassi di interesse reale troppo alti, abbiamo smesso di crescere e di investire. Oggi la gestione del coronavirus ha bloccato l'economia di Lombardia e Veneto, cuore produttivo del Paese che ci ha tenuto in piedi in questi anni.Tutto ciò si innesta su una situazione finanziaria pubblica (rapporto debito/Pil verso il 137%) e privata (con il sistema bancario ancora alle prese con i danni provocati dallo smaltimento accelerato delle scorie della precedente crisi) molto vulnerabili. Se si aggiunge il rallentamento del commercio internazionale, fortemente dipendente dalle esportazioni, si completa il quadro di debolezza dell'Italia. Eravamo già da tempo sul sentiero della recessione, nonostante le rassicurazioni del ministro Roberto Gualtieri. E, si sa, la malattia attacca con maggior ferocia proprio i più deboli. Possiamo reggere a una contrazione del Pil che farebbe salire la percentuale del debito oltre soglie non sostenibili? Parimenti, le banche non possono reggere una nuova ondata di perdite sui propri prestiti. Inevitabilmente i nostri creditori internazionali sarebbero investiti anch'essi dalle perdite e si scatenerebbe una crisi di dimensioni globali.L'economista prosegue mettendo in evidenza le differenze rispetto alla crisi del debito del 2012. L'Italia è ben più grande della Grecia e, soprattutto, non c'è più la leadership politica di Angela Merkel, in difficoltà sia in casa sia all'estero. Allora, quali scenari? L'Italia accetterà un salvataggio finanziario con connesso il guinzaglio di un programma di aggiustamento fiscale, alla greca, magari con il nuovo Mes? La Bce violerà le regole, finanziando direttamente il debito italiano, o sarà paralizzata dal timore tedesco di vedersi accollare il «fardello»?Mody non risparmia toni apocalittici. Secondo lui siamo in un momento cruciale della storia economica, in cui la potenza di fuoco delle Banche centrali, tranne la Fed, appare già spesa, le prospettive di crescita in declino quasi dappertutto e la risposta fiscale tutta da organizzare. O i Paesi del Nord Europa accettano un salvataggio finanziario dell'Italia, consapevoli che ci vorranno molti anni per il rimborso. Oppure restano indietro, sperando che passi la tempesta. Ma in quest'ultimo caso il rischio è quello di assistere all'avvitamento di una crisi finanziaria di dimensioni mondiali, innescata da una catena di dissesti.Fin qui Mody. Il cui scenario ha ricevuto le prime conferme tra venerdì e sabato, quando Prometeia e il centro ricerche Ref hanno diffuso, rispettivamente, una stima del Pil del primo trimestre 2020 in calo del 0,3% e un Pil complessivo dell'anno in calo tra 1% e 3%. Qualcosa tra 9 e 27 miliardi in meno. Considerato che non è ancora chiara la durata dello stallo economico, si tratta di mere congetture. Di fronte a tali rischi, le prime misure adottate dal governo, pur condivisibili, somigliano a un castello di sabbia che reggerebbe l'urto della schiuma sulla battigia ma non quello dello tsunami che si intravede all'orizzonte. Non è più tempo di zero virgola. È il caso di prendere atto che l'Italia non può reggere a un tale urto all'interno del sistema di regole, di politica monetaria e fiscale, attualmente vigenti nell'Eurozona. Uno shock fiscale anticiclico nell'ordine di diverse decine di miliardi sarebbe necessario e urgente, ma tuttora vietato. Solo qualche giorno fa, il country report della Commissione Ue sull'Italia continuava a ripetere la stanca litania delle riforme strutturali e del contenimento del disavanzo di bilancio, inimmaginabile che riescano a scrollarsi di dosso in un attimo tutto quel vetusto armamentario. Era noto che, con l'arrivo di uno shock esogeno, l'Italia era la più vulnerabile. Ora siamo alla resa dei conti, leggermente diversa da quella prospettata da Mody: finire definitivamente commissariati dalla Ue, con la Troika per interposta persona a Palazzo Chigi, o riacquistare un minimo di autonomia monetaria e fiscale e ripartire rivitalizzando la domanda interna. Un Paese con un avanzo di partite correnti con l'estero di 53 miliardi annui e una posizione patrimoniale sull'estero solo lievemente negativa, ha il diritto dovere di fare questa scelta. Ieri sera il governo ha annunciato che intende chiedere al Parlamento di sforare il tetto del deficit previsto (sì, lo stesso deficit considerato maligno quando lo facevano gli altri). Quantomeno, la situazione grave forse servirà a spazzare anni di politiche economiche autolesioniste.
Mario Draghi e Ursula von der Leyen (Ansa)
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