2021-06-01
«Se con Draghi tornasse la crescita la fusione premierebbe Fi e Lega»
Fabrizio Masia (Acqua Group)
Il sondaggista Fabrizio Masia sull'ipotesi del partito unico: «Dapprima confonderebbe gli elettori, favorendo Giorgia Meloni. Poi, tutto dipenderà dai risultati del governo. Occhio al nome: Salva Italia dà l'idea di un disegno di breve respiro».Fabrizio Masia, ad di Emg Different, è uno dei più noti e apprezzati sondaggisti italiani. Masia, come valuta l'eventuale nascita di questo partito unico Lega-Forza Italia? «La prima reazione potrebbe essere un filino destabilizzante, anche perché gli elettori che sono rimasti a Forza Italia, e anche i nuovi, che non sono tanti ma ci sono, hanno un posizionamento molto chiaro. Hanno un profilo moderato, europeista, che si è avvicinato tantissimo all'esecutivo di Draghi. Per quanto riguarda la Lega, è un partito che nonostante sia dentro l'esecutivo di Draghi, mantiene questa duplice posizione: un po' di governo ma anche un po', a volte, tendente al sovranismo. Mettere insieme questi due pezzi, che anche a livello europeo hanno un posizionamento differente, è una fusione a freddo non così facile. Soprattutto in un primo momento potrebbe essere difficile, per l'elettorato di Forza Italia, che oggi vale circa il 7%, digerire questo passaggio». E l'elettorato leghista? «Anche da parte dell'elettorato del Carroccio ci può essere chi è contrario a questo passaggio di Forza Italia dentro la Lega. Immagino chiaramente che in un primo momento chi potrebbe beneficiare di un'operazione di questo tipo potrebbe essere Giorgia Meloni, che già ha tratto vantaggio di tutta una serie di flussi che già si sono spostati». E in futuro? «Queste valutazioni sono a caldo e con una prospettiva di breve periodo, poi c'è tutto un mondo da costruire, per tante ragioni. C'è una infinità di passaggi che non possiamo non considerare. Il primo: a partire da settembre, immaginiamo che saremo ormai all'immunità di gregge e, secondo economisti autorevoli, si prevede un rimbalzo del 4 o 5% e una ripresa importante dell'economia. Questo avrà una conseguenza sul benessere degli italiani e un riverbero sui partiti che hanno portato a questo rimbalzo, stando al governo». Poi? «Poi abbiamo in autunno le elezioni amministrative. Andranno a votare tanti Comuni, ma soprattutto le cinque più grandi città italiane: Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli, e avremo le elezioni regionali in Calabria. Saranno un banco di prova per la coalizione di centrodestra e per l'alleanza tra Pd e M5s. Inoltre, dovremo valutare il posizionamento della leadership di Giuseppe Conte e di quella di Enrico Letta. Un passaggio tutt'altro che irrilevante. Abbiamo tanti passaggi politici, tra i quali uno molto importante». Quale? «Le cosiddette regole del gioco, la legge elettorale delle prossime elezioni politiche. C'è chi spinge per mantenere l'attuale sistema elettorale, e chi può essere tentato da un sistema più proporzionalista. Di fronte a tutto questo, soprattutto se il governo Draghi darà risultati molto positivi, e se Lega e Forza Italia trasmetteranno l'idea di essere stati protagonisti di questi risultati, potrebbero trarre un vantaggio elettorale». In realtà questo progetto prevederebbe l'adesione della Lega al Ppe… «Non è da escludere che anche a livello europeo possano esserci riposizionamenti, al di là dell'ingresso di un partito in un altro. Non dimentichiamo quello che hanno fatto socialisti e democratici. Si andrebbe verso un profilo ancora più moderato della Lega, che di per sé non è necessariamente un elemento negativo. Aver sposato la linea di Mario Draghi e risultare decisivi nell'azione di un governo che ha fatto uscire l'Italia da un momento di grandissima difficoltà potrebbe essere un elemento molto positivo. È un percorso che va costruito, nel medio e lungo periodo, e naturalmente bisogna essere molto molto bravi a comunicare questi passaggi, perché l'elettorato è sempre molto attento». In che modo si dovrebbe comunicare questo progetto? «Bisogna essere bravi a utilizzare tutti i canali mediatici. Chiarire nel modo giusto la direzione che è stata intrapresa, perché è stata intrapresa e quali sono le azioni che verrebbero messe in campo» Il nome del partito potrebbe essere Salva Italia… «Salva Italia?» Sì, e la sigla sarebbe appunto Si. «Onestamente non mi piace. Lo trovo molto poco lungimirante, nel senso che sarebbe un nome pittoresco e che renderebbe molto l'idea del breve periodo. Va bene per una lista civica che si presenta in un Comune. Non mi entusiasma, non c'è l'idea di un progetto di lungo periodo, non c'è una visione, e noi abbiamo un disperato bisogno di una visione più a lungo termine, a 20-30 anni. Salva Italia è quasi pleonastico, tutti hanno l'obiettivo di salvare l'Italia, ovvero di farla stare meglio. Più che Salva Italia, personalmente, cercherei un nome un po' più efficace, più frizzante, ma ovviamente la scelta non spetta a me». Gli elettorati di Lega e Forza Italia su quali temi sarebbero più a loro agio e su quali meno, fusi in un unico partito? «Sui temi economici credo possa esserci una grande convergenza. Sull'immigrazione, si può trovare un'intesa. La parte salviniana della Lega ha posizioni più estreme rispetto ai forzisti, però una convergenza si può trovare. Forse, su alcuni temi sociali, ci sono delle sensibilità, soprattutto da parte di alcune figure femminili di spicco di Forza Italia, che sono un po' diverse da quelle di molti leghisti. C'è anche da dire che in tante Regioni e Comuni questi partiti governano già insieme». Dunque, si può fare? «C'è molto lavoro da fare, non è una operazione banale, ricorda un po' quando, nel 2007, Silvio Berlusconi dal predellino lanciò quello che sarebbe diventato il Pdl, integrando la cultura di Alleanza nazionale che era un po' diversa».
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