2019-07-28
Se c’è Putin di mezzo Saviano sceglie il silenzio
Il nemico numero uno di tutte le mafie della galassia avrà tenuto fede alla sua nomea di reporter di razza? Se ci fosse un premio Nobel per l'astuzia, quest'anno bisognerebbe consegnarlo allo storico israeliano Yuval Noah Harari, 43 anni, autore di bestseller mondiali e beniamino di vere teste liberal come Barack Obama, Bill Gates e Mark Zuckerberg. La motivazione è nell'invenzione di un nuovo concetto, quello di «idee centrali». Si dicono «idee centrali» quelle che costituiscono il nocciolo di pensiero non negoziabile, fuori dal quale, invece, tutto si può adattare e perfino censurare, senza che siano minimamente intaccate la coerenza e la libertà d'espressione.La storia si fa saporita perché il sito The Insider ha scoperto che alcune edizioni locali dell'ultimo saggio di Harari sono state depurate dalle critiche a Vladimir Putin, specie sull'Ucraina. Spiattellate le traduzioni edulcorate, il filosofo si è giustificato su Newsweek: «La preoccupazione principale è che le idee centrali del libro sulle minacce rappresentate dalle dittature, dagli estremismi e dall'intolleranza, raggiungono pubblici diversi». Zoppe, ma le raggiungono. E intanto i diritti d'autore corrono.Poi succede che Harari si fa intervistare per Repubblica tv (e Robinson) da Roberto Saviano. Uno che non le manda a dire. Uno che alla querela ricevuta da Matteo Salvini ha risposto così: «Non bisogna arretrare di un passo, dietro al ministro della malavita c'è Putin». Che dite? Il nemico numero uno di tutte le mafie della galassia avrà tenuto fede alla sua nomea di reporter di razza? Avrà incalzato lo scrittore israeliano sull'autocensura a scopi commerciali che sacrifica le domande scomode ai potenti per un pugno di copie in più? Macché, mica ci si può giocare il mercato russo per così poco...