2021-01-19
Scuola nella guerra del tutti contro tutti
Ancora ricorsi al Tar per la serrata degli istituti in Veneto e Friuli. Massimiliano Fedriga: «Riapro solo se il Cts conferma che è sicuro». Divisi perfino gli studenti: mentre alcuni contestano la Dad, 200.000 firmano una petizione per opporsi al ritorno sui banchiProtestano tutti. Gli studenti che vogliono rientrare in classe e quelli che non si sentono ancora sicuri. Le regioni che preferiscono rinviare e il Cts che richiama all'ordine i governatori. Le associazioni che continuano a depositare ricorsi e i sindacati che invocano calma e gesso. Con frase ormai logora, ci tocca reiterare: scuola sempre più nel caos.Non ci sono soltanto i ragazzi delle superiori che, davanti agli istituti o alle prefetture, intonano slogan e srotolano striscioni. A Roma, Milano, Venezia, Napoli, Ancona e Bari prosegue lo sciopero della didattica a distanza, con l'occupazione di cortili e palestre. Ma c'è anche chi, prima di tornare in classe, chiede più sicurezza. Altre serrate telematiche e nuove contestazioni, ma dall'opposta finalità: allungare il periodo di Dad, per pianificare un rientro meno rischioso. Come chiedono, ad esempio, una quarantina di rappresentanti d'istituto nella capitale. Mentre un'ancor più drastica petizione, lanciata su Change.org, ha già raggiunto 200.000 adesioni. I firmatari chiedono dunque di proseguire la didattica a distanza nelle superiori, fino al termine dell'emergenza nientemeno.Pure i sindacati sono divisi. Luca Redolfi, responsabile nazionale dell'Unione degli studenti, attacca il ministero dell'Istruzione che, «per l'ennesima volta non rispetta le promesse di riapertura e dimentica il nostro futuro, giustificandosi e giocando allo scaricabarile con le Regioni». L'elenco della doglianze è lungo e ormai noto: trasporti, banchi a rotelle, inerzia generale. Ma se il sindacato degli studenti assalta, quello più adulto e tradizionale frena. L'ultima a esprimere «forti perplessità» sulla riapertura in sicurezza è così la Cgil del Molise. Intanto, continuano i ricorsi. Dopo la decisione del Tar (in Lombardia, Friuli-Venezia ed Emilia Romagna) di sospendere le ordinanze che prolungavano la didattica a distanza, anche in Veneto si va per carte bollate. Il governatore, Luca Zaia, che ha deciso la chiusura fino al 31 gennaio, rivela che è stato depositato analogo ricorso: «C'è chi pretende di andare a scuola, ma c'è anche una foresta silenziosa convinta che riaprire sia rischioso». Lasciando intendere, dunque, essere pronto a dar battaglia. Così come ha fatto il collega leghista alla guida del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che ha formato una nuova ordinanza, dopo il primo stop del tribunale amministrativo, per bloccare ancora la didattica in presenza. E adesso il battagliero gruppo di genitori, già autore della prima richiesta, annuncia ulteriore ricorso alle vie legali.Fedriga polemizza però anche con il Comitato tecnico scientifico, che ha bacchettato i governatori: L'importanza del ritorno in classe non è più procrastinabile» si legge nell'ultimo verbale. E sono i presidenti di Regione, chiariscono gli esperti, ad avere l'onere della riapertura. Fedriga replica: «Voglio che il Cts, che ha preso una posizione assolutamente lontana dagli indirizzi politici del governo, scriva nero su bianco che non c'è pericolo di contagio. Dopo di che, io apro tutto. Ho preso le mie responsabilità. Le ordinanze le ho firmate. Mi sembra, però, che ci sia molta contraddizione nel governo e nel Cts». Insomma, «in questo momento il paese è istituzionalmente nel caos».Difficile dargli torto. Il calendario scolastico è diventato come il tabellone del gioco dell'oca. In base al dpcm gli istituti superiori possono riaprire, ma a metà. Zone rosse escluse, ovviamente, dove restano a casa anche le seconde e le terze classi delle medie. Molte Regioni gialle e arancioni non hanno seguito le indicazioni dei giallorossi. Salvo incorrere, come s'è visto, nelle azioni legali di genitori e associazioni, poi accolte dai tribunali amministrativi. Insomma: hanno ripreso le lezioni Lazio, Piemonte, Puglia, Molise ed Emilia Romagna, dov'è appunto stata annullata l'ordinanza firmata dal governatore, Stefano Bonaccini, che posticipava la data del rientro. Un totale di circa 840 mila studenti. Sono invece rientrati tra il 7 e l'11 gennaio i ragazzi di Abruzzo, Toscana, Valle d'Aosta, Bolzano e Trento. Tutti gli altri dovranno ancora aspettare: il 25 gennaio toccherà a Liguria e Umbria. Mentre bisognerà attendere l'inizio di febbraio per Basilicata, Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Veneto. Ognuno, quindi, s'è ridotto a far da sé. L'esecutivo ha dato vaghe istruzioni, certo. Ma alcuni presidenti, soprattutto i governatori leghisti, temono l'inganno. Quello sulla scuola sarebbe l'ennesimo palleggiamento. Se qualcosa andrà storto, la colpa sarà, sempre e comunque, dei governatori. Difatti il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, tace e acconsente. In quest'eterna diatriba territoriale, Gian Battista Usai, dirigente scolastico dello «Ianas» di Tortolì, in Ogliastra, ha intanto deciso da che parte stare, riportando in classe metà istituto: «La scelta deve dipendere esclusivamente dal dpcm. L'ordinanza regionale è un solo atto amministrativo…».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)