2021-07-25
Scuola e sport sotto ricatto. «Chi non si vaccina è fuori»
Non bastano i disagi creati a milioni di adolescenti con l'obbligo di green pass over 12: si prepara la stretta in classe con la minaccia della dad. Così si nasconde un anno di mancati interventi su edifici e trasporti. Calcio, nuoto, atletica. Ragazzi al bivio: puntura o tamponi? Il settore trema. Se almeno sapessimo che Patrizio Bianchi è impegnato in estenuanti veglie di preghiera, saremmo più tranquilli: di sicuro chiedere aiuto all'Altissimo sarebbe più utile di ciò che attualmente sta facendo il governo. Purtroppo, dal responsabile dell'Istruzione - ormai da mesi - arrivano soltanto vaghe rassicurazioni. Venerdì il ministro ha assicurato che l'esecutivo «sta lavorando compatto per riaprire a settembre in presenza», che persegue l'obiettivo «con convinzione totale» e che il Pnrr prevede per la scuola «un investimento di 18 miliardi di euro». Peccato che Bianchi abbia detto le stesse cose una settimana fa, e due settimane fa, e tre settimane fa. Da quando è in carica, continua a ripetere che si farà il possibile per evitare la didattica a distanza, ma in che cosa consista questo «possibile» non è dato sapere. In compenso, dal presidente dell'Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, giunge una ventata di pessimismo. Ieri, a Repubblica, ha spiegato che, almeno per ora, non si stanno prendendo provvedimenti in vista di settembre. «È molto impegnativo intervenire sugli spazi», dice Giannelli. «richiede uno sforzo di coordinamento dei settori della vita pubblica al quale il Paese non è abituato. [...] Bisogna anche dire che molti degli spazi recuperati la scorsa stagione attraverso gli enti locali, le parrocchie, quest'anno non ci saranno più». Insomma, a parte qualche dirigente scolastico e qualche sindaco volonteroso che ormai da settimane si fanno in quattro per reperire nuove aule, dal governo centrale tutto tace. Niente piani di allargamento, niente coordinamento nazionale per la gestione dei mezzi pubblici. Si lascia fare alle Regioni, o alle città. Eppure è da quando è esploso il Covid che questi temi, ciclicamente, emergono: perché mai dobbiamo trovarci oggi, a poco meno di due mesi dall'inizio del nuovo anno scolastico, a discutere ancora di come evitare la dad? In realtà, i trasporti e il numero di posti nelle classi non sono problemi così irrisolvibili, almeno sulla carta. Proprio ieri, l'Ats di Milano ha presentato un nuovo studio che valuta proprio le possibilità di contagio sui mezzi pubblici. Secondo il direttore generale dell'Agenzia, Walter Bergamaschi, «non si rileva una correlazione tra l'utilizzo del trasporto pubblico e il rischio di contagio». O, meglio: «Andando a scuola con i mezzi pubblici si rischia come recandovisi a piedi». Certo, lo studio in questione si riferisce a mezzi con capienza al 50%, mentre ora è all'80%, e bisogna tenere conto della variante Delta. Comunque sia, però, è un buon segno: significa che con piccoli interventi si può notevolmente migliorare la situazione. Giova ricordare, poi, che alcuni dati rassicuranti ci sono pure sui contagi in classe. È noto lo studio pubblicato mesi fa da Sara Gandini, direttrice del Dipartimento di epidemiologia e biostatistica dell'Istituto europeo di oncologia di Milano, e da alcuni suoi colleghi su una rivista del gruppo Lancet. Secondo la Gandini, «le scuole non sono un luogo sicuro in assoluto perché nessun luogo può esserlo in una pandemia, ma sono uno dei luoghi più sicuri». Cose simili diceva (a marzo, quand'era nel Cts) il pediatra Alberto Villani. Comunque la si rigiri, la scelta è chiara: o si stabilisce che bus e classi non sono pericolose, e allora si fanno tornare i ragazzi a far lezione in presenza; oppure si decide che sui mezzi e in classe si rischia, e allora ci si prodiga per aumentare le corse e gli spazi disponibili. A quanto vediamo, però, a Roma non stanno imboccando né l'una né l'altra strada, ma hanno preferito spostare lo sguardo. Dove? Sul vaccino, ovviamente. Per ora pare che ad aver rifiutato o evitato la puntura sia un 15% (forse meno) degli insegnanti e del personale Ata. Se al 20 di agosto non si passerà dall'85% al 90-93% di vaccinati, potrebbe scattare l'obbligo per professori e bidelli. Soprattutto, però, l'attenzione è focalizzata sui ragazzini da 12 anni in su: circa 4 milioni di soggetti. Secondo il capo dei presidi Giannelli, per rientrare in classe in sicurezza bisognerebbe che tutti costoro ricevessero due dosi di vaccino. «Bisogna accelerare la vaccinazione di chi frequenta la scuola», dice, «siamo in ritardo già oggi». Capito il concetto? O i ragazzini (minorenni compresi) si vaccinano, oppure si torna in dad. I presidi del Lazio sono ancora più espliciti nelle richieste: green pass obbligatorio per chiunque entri a scuola, che si tratti di un genitore, di un fornitore o di uno studente. «Gli insegnanti no vax ripassassero le nozioni scientifiche», bulleggia Mario Rusconi, presidente dell'associazione laziale. Quanto ad arte del ricatto siamo ai massimi livelli, per il resto c'è da mettersi le mani nei capelli. Chi a settembre non fosse vaccinato (anche solo per motivi tecnici) sarà escluso dalle classi? Oppure sarà dad per tutti? Oppure, ancora, ai poveri studenti toccherà sottoporsi a tampone ogni due giorni al solo fine di esercitare il diritto allo studio? Certo, i test salivari aiuterebbero a risolvere il dilemma, se solo fossero stati introdotti a livello massivo. Ma, manco a dirlo, anche da questo punto di vista siamo molto indietro. Funziona come sempre: invece di risolvere i problemi concreti, si scarica tutto sulla panacea vaccinale (che potrebbe però non eliminare i contagi) mettendo i ragazzi e i genitori di fronte a una scelta obbligata: o la puntura o le lezioni a distanza. Se la strategia per riaprire è questa, molto meglio accendere un cero e affidarsi al Cielo.
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