2021-10-21
Scoprono che l’immunità è un’utopia per poterci tenere ancora in gabbia
Silvio Brusaferro si sveglia: «Il virus non sparirà». Poi usa i dati inglesi per giustificare la terza dose (contraddetto da Giorgio Palù dell'Aifa). Ma così non ne usciremo. Allora sì ai richiami per chi vuole e intanto si torni alla normalità.Ci hanno messo poco più di tre mesi, però alla fine ci sono arrivati anche i nostri geniali esperti del Comitato tecnico scientifico. Ieri, alla Stampa, il portavoce del Cts e presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro, ha dichiarato che dobbiamo «scordarci l'immunità di gregge». Sir Andrew Pollard, direttore dell'Oxford vaccine group, lo aveva rimarcato addirittura l'11 agosto scorso, spiegando che «la variante Delta infetterà ancora le persone che sono state vaccinate. E questo significa che chiunque non sia ancora vaccinato a un certo punto incontrerà il virus e non abbiamo nulla che possa fermare completamente quella trasmissione». In ogni caso, meglio tardi che mai: ora anche i luminari governativi hanno compreso, per dirla con Brusaferro, che «l'immunità di gregge, intesa come livello di immunizzazione che azzera la circolazione di un virus, non è obiettivo che ci possiamo porre con il Sars-Cov-2».Insomma, mettetevi il cuore in pace, perché il virus non sparirà. Anche in questo caso, possiamo affermare senza tema di smentita che la cosa era risaputa da mesi, per lo meno da quando Roberto Speranza ha spiegato che, per stare tranquilli, avremmo dovuto raggiungere il 90% di vaccinati, concetto ripetuto nei giorni scorsi anche da fulmini di guerra del calibro di Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute. Il giochino è ormai fin troppo scoperto: prima ci hanno detto che con il 70% di vaccinati saremmo stati a posto; poi sono saliti all'80%; quindi hanno cominciato a parlare del 90%; poi sono arrivati al 90%, ma sul totale della popolazione (compresi quindi anche i ragazzini). E adesso, guarda un po', ci dicono come stanno davvero le cose: niente immunità di gregge, manco a parlarne.Nell'intervista alla Stampa, Brusaferro ha aggiunto un altro paio di considerazioni interessanti. «Quello che sta succedendo nel Regno Unito», ha detto, «conferma che non basta la copertura immunitaria, serve anche mantenere le misure di contenimento, come mascherine e distanziamento». Come al solito, i nostri esperti citano ciò che accade all'estero solo se possono sfruttarlo a sostegno delle restrizioni imposte dal governo. Per questo vale la pena soffermarsi un secondo sulla situazione britannica.Gli inglesi - forse perché a un certo punto hanno capito che non avrebbero mai ottenuto l'immunità - hanno compiuto una scelta politica. Hanno deciso cioè di levare ogni paletto: niente green pass, niente chiusure, niente zone colorate. Dicono i critici: là i contagi stanno aumentando, un po' alla volta cresceranno anche i morti. Questo è sicuramente vero, e infatti ne scaturiscono due riflessioni. 1 Se i contagi aumentano ma non mandano in tilt il sistema sanitario, il problema non si pone. 2 L'aumento dei morti è dovuto probabilmente alla perdita di efficacia del vaccino, che nel Regno Unito è più visibile perché lì la somministrazione è iniziata prima. Ed eccoci al nodo della questione: stando così le cose, o la politica decide di stabilire un limite entro il quale ci si decide una buona volta a convivere con la pandemia, oppure siamo destinati a restare per sempre prigionieri dello stato di emergenza.I dati inglesi e le riflessioni sull'immunità, manco a dirlo, vengono utilizzati dai talebani vaccinisti di casa nostra per spingere con forza verso ulteriori punture. Lo dice pure Brusaferro: la terza dose per tutti «potrebbe essere raccomandata». Sul tema, altri illustri esperti la pensano diversamente, ad esempio Giorgio Palù, presidente dell'Aifa, che ieri al Foglio ha dichiarato: «Le indicazioni attuali del Cts e del ministero della Salute, che la limitano alle categorie fragili, sono quelle corrette e coerenti con la biologia del virus e con i dati clinici di morbosità e letalità». È facile tuttavia pensare che il parere dei «prudenti» non verrà tenuto molto in considerazione, qualora anche in Italia i contagi dovessero risalire. In ogni caso, il punto non è sanitario bensì politico.Una via percorribile potrebbe essere la seguente: se il vaccino perde efficacia, si somministrano terze e quarte dosi. Nel frattempo, però, si toglie ogni restrizione, non si effettuano discriminazioni, e la vita riprende normalmente (nella normalità vera, non nella pseudo normalità attualmente in vigore in Italia). Chi si vuole vaccinare si vaccina, gli altri scelgono liberamente il proprio destino. È una soluzione discutibile sotto vari punti di vista, ma è chiara e non particolarmente invasiva. Infatti molte nazioni europee hanno optato per approcci simili: si sono lasciate alle spalle lo stato di emergenza e non dividono i cittadini in puri e impuri.L'Italia, però, ha scelto un'altra strada. Continua a mantenere limitazioni, benché decrescenti. Utilizza uno strumento come il green pass che crea disagi e lede la libertà personale. Non ha mai disattivato il sistema delle chiusure a zone. Tutto questo potrebbe avere (molto vagamente) un senso se solo fosse possibile sconfiggere per sempre il virus. Ma è evidente che il virus non si sconfigge, dunque non resta - come dice Brusaferro - che puntare «sulla riduzione al minimo di contagi e ricoveri». Ebbene, cari esperti, ministri e governanti: adesso dovete dirci quale sarebbe questo «minimo». Qual è, per l'esattezza, il numero di morti accettabile? Quale il numero di ricoveri?Ovviamente nessuno risponde. Anzi: tutte le limitazioni e i lasciapassare restano in vigore, lo stato di emergenza viene prorogato e si inizia a parlare di nuove dosi del vaccino. Tradotto: qui si va avanti ad libitum con la quasi normalità, con le divisioni fra cittadini e le discriminazioni sul lavoro. Anche un solo decesso crea dolore e rabbia, ma se non togliamo le limitazioni ora che i contagi sono poche migliaia e i morti poche decine, pensiamo davvero di poterlo fare più avanti, dato che ci addentriamo nella stagione invernale? Agli espertoni che stanno cominciando a preparare il terreno per la terza dose per tutti, poi, suggeriamo di dare uno sguardo approfondito ai numeri. L'introduzione del green pass non pare aver spinto granché la campagna vaccinale. Vitalba Azzolini, su Domani, ha riportato qualche cifra: «Il numero dei tamponi antigenici è aumentato del 57,7% in un mese […]. Viceversa, la media mobile a 7 giorni dei nuovi vaccinati, dai quasi 172.000 del 12 agosto è progressivamente calata fino a quota 54.000 il 10 ottobre». Anche ammettendo che ci sia stata una piccola (e magari sporadica) risalita intorno al 15 ottobre, giorno dell'entrata in vigore del lasciapassare, significa che lo zoccolo duro dei non vaccinati non è disposto a scendere a compromessi. Anzi, probabilmente l'aggressività del governo ha contribuito a irrigidire le loro posizioni. Non è detto, dunque, che un terzo giro di punture raggiunga i risultati dei primi due. E la prospettiva di imporre l'obbligo vaccinale, vista la tensione già imperante, non è esattamente idilliaca.E allora, una volta tanto, qualcuno dovrebbe usare il cervello. Si metta un punto, si fissi un paletto: la politica decida che è ora di farla finita con la sorveglianza e i modi da piccoli despoti. Oppure, faccia esercizio di onestà e dichiari una volta per tutte che il green pass è per sempre: fine siero mai.