2024-06-27
Scoppia il caso dati sanitari. Il garante contro le regioni
Altro che «allarme da no vax», come scrive qualcuno: il problema della privacy sulla nostra salute col Fascicolo sanitario è così serio che l’Authority indaga 19 Regioni. E ora che è tardi si svegliano tutti. Da lunedì cade l’obbligo di indossare mascherine nei reparti degli ospedali.Il digitale è un mondo strano e complesso. Affascinante ma anche pericoloso. Spesso chi ne scrive ne capisce solo i suoni, ma non ne sa replicare le parole. Vale per i complottisti estremi e ancor di più per i fideisti del mainstream; coloro i quali non ammettono dubbi o tanto meno interrogativi. Martedì abbiamo aperto La Verità con un titolo forte ma opportuno: «Blitz segreto sui dati sanitari». Il riferimento è alla scadenza di fine mese, quando senza uno specifico diniego la piattaforma del Fse, Fascicolo sanitario elettronico, acquisirà tutti i dati della salute degli italiani anche precedenti alla data del maggio 2020. Abbiamo ribadito l’importanza del progetto e la delicatezza della materia. I dati sanitari sono i più sensibili in assoluto e i più ghiotti per gli hacker. Abbiamo ribadito che ai fini della salute del singolo individuo poter accorpare in un solo documento tutte le informazioni sarà un passo avanti per i medici. Abbiamo ribadito che anche ai fini della ricerca e quindi della raccolta delle informazioni statistiche il Fascicolo sarà un passo avanti per la medicina. Abbiamo però sentito l’esigenza di porre una serie di domande allarmate sulla terza gamba del progetto, che - volgarmente parlando - rientra nell’uso che di questi dati possono farne i governi. Il progetto Fse rientra infatti - e questo non è complottismo ma sono dichiarazioni dei vertici Ue - in un quadro molto più ampio. L’obiettivo dichiarato nel febbraio 2020 e più volte ribadito dalla presidente Ursula von der Leyen è trasformare i cittadini in «identità digitali» e i governi in «piattaforme digitali». Creare, cioè, un portafoglio, o e-wallet, dove inserire tutte le attività digitali di una persona, da quelle sanitarie, a quelle degli spostamenti fino al voto elettronico. Dentro il portafoglio ci saranno anche i dati fiscali. E in futuro anche la sezione euro digitale, la quale (e anche qui non si tratta di complottismo) potrebbe garantire alla Commissione Ue di recuperare in tempo reale l’Iva, mentre avviene ogni singola transazione. Le domande che ci siamo posti e poniamo sono queste: è stato sufficientemente spiegato il progetto? Risposta: no. Abbiamo avviato un dibattito pubblico e parlamentare per fissare i paletti futuri? Abbiamo imposto agli Stati limiti che dovranno essere adottati? La risposta anche in questo caso è no.Circa tre anni fa il governo Draghi, nel totale silenzio dei media, ha adottato un sistema di scambio dati che in gergo si chiama «interoperabilità dei silos». Che significa? Che un decreto prevede che almeno 400 tra enti e amministrazioni pubbliche possono scambiarsi i nostri dati, volendo pure quelli sanitari. Nella lista si va dall’Agenzia delle entrate alle Asl, ma anche al traforo del Monte Bianco o al gestore delle acque di Verona. Qualcuno ha mai spiegato il perché di tale lista? La risposta è, pure stavolta, no. Ecco, di fronte a questi interrogativi, che sono la base della democrazia anche in una fase digitale, le uniche vere risposte che abbiamo ricevuto sono le accusa di essere no vax. Ieri infatti, con un editorialino pubblicato in prima pagina, La Stampa ha sintetizzato tutti queste richieste di risposte con un titolo. «La crociata no vax contro la banca dati sanitaria». Chi dissente, chi ha dubbi e chi alza il dito verso la politica e gli altri media per chiedere una semplice inversione delle procedure diventa un no vax. Prima si decidono e condividono gli obiettivi a 30 anni e poi si cala nella realtà la piattaforma digitale che veicola tali obiettivi. Tradotto? Il primato spetta alla politica e non alla tecnica. Eppure per il quotidiano della famiglia Elkann, che di sanità se ne intende, l’obiezione è negazionismo. Chi ha dubbi è un no vax. Il tutto detto da chi definisce no vax pure i danneggiati da vaccini che protestano contro Roberto Speranza. Chi denuncia mostra «sfiducia, sospetto» e «difficoltà culturale ad accettare il cambiamento». La stessa diffidenza che portava «un secolo fa alcuni medici a non denunciare le malattie infettive». Secondo l’editorialista della Stampa, certa delle incertezze altrui in modo di stare sempre dalla parte giusta della cronaca, questa materia dei dati e della privacy è troppo delicata per essere lasciata «agli apostoli anti vaccini impegnati nelle proteste contro la dittatura sanitaria». Peccato, se chi ha vergato l’articolo avesse atteso un giorno, avrebbe potuto vedersi recapitare nella posta una mail del Garante della Privacy. La prima notizia della newsletter dell’Authority è un alert grande come una casa. Ben 18 Regioni e due Province a statuto speciale sono sotto procedimento «per le numerose violazioni nell’attuazione del Fascicolo sanitario». Il Garante tiene a specificare che la situazione è grave e le informazioni sono state girate anche alla presidenza del Consiglio perché «è urgente intervenire per tutelare i diritti di tutti gli assistiti coinvolti nel trattamento dati del Fse». Ecco esattamente ciò su cui verteva l’altro pilastro del nostro articolo. Oltre ai dubbi sugli obiettivi di lungo termine, il dito va alzato anche sulla sicurezza e sul pericolo di finire alla mercè di hacker, soprattutto russi, che dei nostri dati possono far man bassa. Tra le difformità riscontrate dal Garante ci sono anche le misure di sicurezza, la qualità dei dati e i livelli di accesso». Non poca cosa. Oggi a maggior ragione torniamo sulla necessità di porre domande, avanzare dubbi per avere risposte. Lo facciamo anche per quei colleghi della Stampa che fra cinque anni, quando le procedure saranno terminate e si scoprirà che la tracciabilità può fare gola anche ai governi o agli hacker, prenderanno carta e penna per insegnare ai propri lettori quella fine arte della previsione al contrario (ah, era ovvio ci fossero dei rischi) che ha il grande pregio di non disturbare mai il manovratore.
«Pluribus» (Apple Tv+)
In Pluribus, da venerdì 7 novembre su Apple Tv+, Vince Gilligan racconta un mondo contagiato da un virus che cancella le emozioni e il conflitto. Un’apocalisse lucida e inquieta, dove l’unica immune difende il diritto alla complessità umana.