2021-12-27
Sara Scolaro: «I ladri fuori, Walter in cella. Il mio Natale senza giustizia»
Suo marito è stato condannato per aver ferito un bandito in casa. «C’è un’enorme disparità di trattamento. La grazia non è arrivata, non ho più fiducia nelle istituzioni».Oggi il «contagiorni» segna quota 105. Tra le tante manifestazioni di affetto e vicinanza, c’è chi ha pensato di provare a scandire i giorni, le ore e i minuti trascorsi da quando Walter Onichini è entrato in carcere, lo scorso 13 settembre. «È l’iniziativa di uno dei ragazzi che segue la nostra vicenda dall’inizio, è utile rendersi conto del tempo che passa», racconta alla Verità Sara Scolaro, moglie del macellaio di Legnaro (Padova), condannato in via definitiva a 4 anni e 11 mesi per aver ferito il ladro che il 22 luglio del 2013 si è introdotto nella sua villetta mentre dormiva con la famiglia. Signora Scolaro, ha appena trascorso il primo Natale senza suo marito: come sta?«Per rispondere a questa domanda, ci sono due aspetti da considerare: uno fisico e l’altro psicologico». Partiamo dal secondo, che è messo a dura prova. «È una vicenda che porto sempre addosso, dal 2013. La sento sulla mia pelle, non è mai andata via dalla testa. Ora che Walter non è con noi, tutto si è fatto più pesante: crescere i nostri bambini, gestire le attività e le questioni economiche. Ogni cosa è sulle mie spalle, non è facile sostituire una figura come Walter».Che ripercussioni sta avendo sul suo fisico?«Lo stress che ti porti dietro prima o poi si riversa sul corpo. Le mie condizioni di salute sono peggiorate questa estate: ho cominciato ad avvertire qualche problema cardiaco. Sono soggetta a delle sincopi, ho degli svenimenti. Mi hanno consigliato il ricovero, ma non posso permettermelo: sono da sola e non posso lasciare i bambini». Lei gestisce un’officina, alla macelleria di Legnaro chi pensa? «L’attività continua, va avanti grazie alla madre di Walter. È lei che ora si deve sobbarcare tanti aspetti che prima non le competevano». Respingendo il ricorso di suo marito, i giudici della Corte di cassazione scrivono che «Walter Onichini e la sua famiglia non sono mai stati in pericolo». Che cosa pensa di queste parole?«Per chi non vive certe situazioni, credo sia difficile esprimere un giudizio sulla sensazione di pericolo. Quando vieni svegliato nel cuore della notte e ti accorgi che qualcuno ti è entrato in casa, non hai la lucidità e la freddezza per valutare: vedi il pericolo ovunque. È l’istinto a prevalere». «Non difese la sua famiglia», si legge nelle motivazioni. «Non capisco come si possa affermare che mio marito non ha difeso la sua famiglia. Nostro figlio non dormiva insieme a noi, non sapevamo cosa potesse essere accaduto nel mentre». «Mio marito è stato portato via come un delinquente», ha spiegato. Cosa ricorda del giorno in cui è entrato in carcere? «È stato pesante: era il primo giorno di scuola dei bambini, che erano in casa nel momento in cui sono venuti a prelevarlo. Si sono presentati in cinque: un numero eccessivo, secondo me. Ci ha colpito». I vostri figli sono ancora molto piccoli, eppure lei non ha mai nascosto loro alcunché. Per quale motivo?«L’ho fatto con questo evento, che è forte, ma lo faccio in generale nel loro percorso di crescita. Bisogna portare ai bambini delle responsabilità, credo sia importante condividere con loro la verità, per quanto brutta possa essere. È giusto farlo con le parole e i metodi adatti ai bambini, ma va fatto. Ritengo sia necessario insegnare loro come affrontare la vita, mettendo a disposizione tutti gli elementi per farlo». Quando è stata l’ultima volta che ha visto suo marito?«Martedì scorso». Che cosa vi siete detti?«Ci vediamo tre volte al mese: parliamo della quotidianità, di quel che succede a casa e di quanto accade in carcere. Fin quando uno non ci mette piede, non si rende conto di quella che è la vita lì dentro». Che cosa le racconta? «Le sue giornate, soprattutto. Ma anche quello che non va: a volte ci si aspetta di sentire delle cose, previste anche dall’ordinamento penitenziario, che nella realtà poi non esistono». In una lettera inviata a sua madre, Onichini scrive parole piuttosto dure: «Sto esaurendo la calma, sto male fisicamente; qui dentro tutto è impossibile; l’ora d’aria non la posso fare perché quei 3 metri quadri sono pieni di immondizie; scarafaggi e i pidocchi regnano ovunque». «Quando l’hanno trasferito a Padova, mi ha chiamato disperato: piangeva. Raramente ho sentito Walter piangere. Lo hanno sbattuto in questa cella piena di sporcizia, di farmaci che probabilmente utilizzava il detenuto precedente. Gli scarafaggi non lo lasciavano dormire. Visto il periodo, dove tutti si preoccupano dell’igiene, credo che consegnare celle pulite sia il minimo che un’amministrazione penitenziaria possa fare. Così non è stato e per me è stato molto traumatico: per 20 giorni non hanno avuto nemmeno l’acqua calda per le docce, che sono spesso sporche e piene di muffa». Prima del trasferimento a Padova, nel carcere di Venezia era stato disposto l’isolamento, anche per evitare possibili ritorsioni da parte dei connazionali del malvivente ferito da suo marito. «Se sei una persona abituata alla delinquenza, quando entri in carcere hai un impatto diverso rispetto a chi non ha mai conosciuto certe situazioni. Walter è una persona che non vive di delinquenza, fa una vita normalissima: casa, lavoro e famiglia. Per questo è stato un trauma».In molti hanno definito il vostro caso un «cortocircuito giudiziario»: un padre di famiglia condannato e in carcere, mentre il malvivente è a piede libero. «È l’aspetto che colpisce di più, me e gli altri. C’è una enorme disparità di trattamento: Walter era incensurato, mentre gli unici due malviventi che sono stati identificati non lo erano affatto. Uno dei due non è mai stato trovato, l’altro, Elson Ndreca, aveva un mandato di espulsione prima di venire a casa nostra, ha disatteso l’obbligo di firma, è stato in carcere in Belgio per altri furti. Insomma, non ha mai manifestato alcuna intenzione di redimersi. Non ha mai capito che cagionare del male a un’altra famiglia non è la strada giusta».Ndreca era atteso davanti al gup di Padova per rispondere dell’accusa di falsa testimonianza. Vista la mancanza dell’imputato, il giudice ha rinviato l’udienza al 22 dicembre 2022. Ha fiducia?«Assolutamente no. Avrebbero potuto fermarlo prima e non è stato fatto. Avrebbero potuto trovarlo, ma ciò non è successo. Non ho fiducia che, a distanza di tempo, cambi qualcosa».Per quale motivo ritiene suo marito un «capro espiatorio»?«Il suo processo è stato uno dei primi a essere giudicato dopo la nuova legge sulla legittima difesa. Credo che nessuno si sia voluto prendere la responsabilità di valutare questa come legittima difesa, per non creare dei precedenti».Che cosa intende?«Molte volte hanno usato il termine “Far West”, che per me non ha nulla a che vedere con il nostro caso. Credo che la loro intenzione sia quella di evitare che le persone si sentano in diritto di difendersi in casa propria, come è stato per Walter».Pensa che la riforma sia incompleta?«Credo sia stato fatto un bel passo in avanti, ma manca ancora qualcosa».Insieme al vostro avvocato, Ernesto De Toni, avete depositato la richiesta di grazia al presidente della Repubblica. Che cosa si aspetta? «La richiesta è stata depositata lo scorso novembre, ma nessuno ha la percezione di quanto tempo possa volerci: le richieste di grazia sono tante, solo a Mattarella mi sembra ne siano state presentate 3.000».Spera che un giorno possa arrivare?«In questi anni ho perso buona parte della fiducia riposta nelle istituzioni. È comunque la strada giusta da percorrere, per questo l’abbiamo intrapresa con convinzione».Negli ultimi mesi avete ricevuto diverse manifestazioni di vicinanza: le stanno dando la forza di andare avanti?«Moltissimo. Ci si sente sempre un po’ soli in una vicenda del genere. Quando arrivi a casa, la sera, sai che tutto è sulle tue spalle. Riceviamo quotidianamente messaggi di sostegno, anche da parte di persone che non conosciamo. Ci scrivono per sapere come sta Walter, per chiederci come vanno le cose».Al suo fianco c’è la mamma di Walter, la signora Lorella. Anche lei ha un carattere piuttosto combattivo. «Anche lei è abituata ad affrontare la vita in tutti i suoi aspetti. Certo, ha i suoi cedimenti: per una mamma, non c’è nulla di più importante di un figlio. Una madre percepisce le sofferenze dei propri figli sulla pelle».«Dopo 8 Natali ballerini e sempre pieni di dubbi, il nono è agonia allo stato puro: nausea, respiri affannosi, tremori, paure!», ha scritto la signora in un post su Facebook. «Il periodo del Natale ha sempre un sapore speciale: si mettono in risalto gli affetti, si ha più tempo da condividere. Quest’anno è pesante, proprio oggi Walter compie gli anni. Sono contenta perché almeno questa settimana andremo a trovarlo insieme ai bambini. Cercheremo di affrontare questo periodo con forza, senza perdere la speranza».