2021-12-17
Sciopero generale flop. Però Cgil e Uil minacciano nuove manifestazioni
La manifestazione dei sindacati del 16 dicembre a Roma (Ansa)
Pochi disagi nelle città: la maggior parte dei servizi ha funzionato in modo regolare. Mancano rivendicazioni chiare, ma i sindacati insistono. Salvini: «Una farsa».Come si dice flop in «sindacalese»? Chiunque abbia un minimo di dimestichezza e confidenza con la storia sindacale sa che l’arma di uno sciopero generale dovrebbe essere maneggiata e gestita come una sorta di extrema ratio, come una risposta durissima e finale, rara e dunque solenne, climax di una mobilitazione larga e sentita. Insomma, una mossa conclusiva, una specie di «ultima parola» oltre la quale gli organizzatori devono necessariamente cogliere un qualche successo tangibile, un risultato chiaro e prima di tutto comprensibile da parte di una porzione grande di opinione pubblica. Altrimenti, a essere messa in gioco è proprio la credibilità dei leader sindacali. pistola scaricaE invece sembra proprio quest’ultima la situazione delle due sigle che hanno convocato l’agitazione di ieri. Infatti, dopo aver sparato con una pistola rivelatasi scarica, Cgil e Uil sono alle prese con almeno quattro clamorosi boomerang. Primo, in termini politici: nessuno sembra averli ascoltati né nel governo né tra le forze parlamentari. Anche rispetto alla manovra in corso di discussione, non si vede nemmeno lontanamente come la (peraltro sfocatissima) piattaforma della manifestazione di ieri inciderà sulla versione finale della legge di bilancio. È davvero paradossale che una mobilitazione annunciata con tanta enfasi non produca nessun risultato effettivo. Secondo, in termini di contenuti: anche un fervido sostenitore dei due sindacati convocatori faticherebbe a isolare due-tre richieste precise, alcuni obiettivi chiari e comunicabili all’opinione pubblica. Al contrario, siamo di fronte a un’iniziativa generica, vaga, perfino discutibile in termini teorici: una fumosa contestazione della politica generale di governo e Parlamento, dal fisco alla scuola, dalle pensioni alle delocalizzazioni, dalla «precarietà» alla sanità. Alla fine della fiera, un generico comizio senza punti di caduta o declinazioni concrete. Terzo, in termini di unità sindacale: la dissociazione della Cisl è pesantissima, e apre una faglia nella trimurti costituita dai tre sindacati tradizionalmente più forti. Già la triplice sindacale era accusata da anni di occuparsi solo dei garantiti, e quindi di aver dimenticato i disoccupati, i sottoccupati, gli «outsider» rispetto al perimetro delle tutele esistenti. La notizia di ieri è che, perfino nel recinto più ristretto in cui i tre sindacati si erano rinchiusi, si è prodotta una separazione assai significativa. Quarto, in termini di impatto concreto: l’iniziativa di ieri non è stata praticamente percepita nelle maggiori città, non ha nemmeno sortito l’effetto di «bloccare» alcunché. E questo rischierà di rivelarsi l’autogol più doloroso quando gli stessi organizzatori svolgeranno un’analisi critica della loro iniziativa: già era vaga e poco comprensibile, ma se poi non è risultata nemmeno concretamente «percepibile» dall’opinione pubblica in termini di concreto stop di milioni di lavoratori, il flop - a bocce ferme -diventerà conclamato. Quanto alla cronaca, l’agitazione prevedeva otto ore di astensione e cinque manifestazioni principali: a Milano, Roma, Palermo, Cagliari, Bari. A piazza del Popolo, nella Capitale, c’erano i due leader Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri.La LegaEcco Landini: «Sta aumentando la distanza tra il Palazzo della politica e il Paese. Noi invece diamo voce al disagio sociale. Abbiamo bisogno di prendere la parola e farebbe bene chi è in Parlamento ad ascoltarci». E ancora, buttando la palla avanti: «Oggi è l’avvio di una mobilitazione perché pensiamo che il Paese vada cambiato, con una riforma fiscale e delle pensioni degna di questo nome e cancellando la precarietà. È l’inizio di una battaglia». Conclusione promettendo altre mobilitazioni, cosa di per sé paradossale dopo la più forte iniziativa immaginabile già messa in campo: «Se non si fanno le cose che stiamo chiedendo, noi scioperiamo e torniamo in piazza perché non dobbiamo rispondere ad alcun governo. Per noi questa non è la fine di un ciclo di manifestazioni, ma è l’inizio». Toni analoghi da Bombardieri: «Oggi ci sono cinque piazze piene. È strano dire che non rappresentiamo il Paese reale, chi è rimasto indietro. Chiediamo al governo di fare scelte diverse. Il Paese ha bisogno di risposte, che finora non sono sufficienti».Lapidario e durissimo il commento di Matteo Salvini: «Siamo davanti a uno sciopero farsa contro l’Italia e i lavoratori, la Cgil ci aiuti a ricostruire il Paese anziché bloccarlo».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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