2023-03-14
Il Pd ha dichiarato guerra all’Italia
Al grido di «vergogna», il partito ora guidato dalla gruppettara Elly Schlein strumentalizza ogni tragedia pur di mettere in difficoltà Giorgia Meloni. In realtà danneggia solo il Paese. Come aveva capito bene il compagno Marco Minniti, che impose la linea dura anti migranti.«A un certo punto ho temuto che, davanti all’ondata migratoria e alle problematiche di gestione dei flussi avanzate dai sindaci, ci fosse un rischio per la tenuta democratica del Paese». Era il 29 agosto del 2017 quando Marco Minniti, ministro dell’Interno del governo Gentiloni, alla Festa dell’Unità sganciava questa confidenza, rivelando le ragioni per cui aveva stretto accordi con Tripoli e con le tribù libiche affinché si tenessero i migranti. Anzi, li detenessero. L’uomo forte del Partito democratico, quello che Eugenio Scalfari candidò perfino alla segreteria del Pd, in un’intervista al fondatore di Repubblica mesi dopo precisò il concetto, chiarendo di aver trattato con tutti, dal capo delle milizie di Tobruch a quello del governo di Misurata, dal rais egiziano al generale cirenaico Haftar. «Questi contatti sono indispensabili per la politica dell’immigrazione», disse senza troppi giri di parole, chiarendo così di essere pronto a negoziare anche con il diavolo pur di evitare le partenze dei barconi. «È una crociata?», gli chiese Scalfari. «A suo modo sì», rispose il ministro. A Pesaro, davanti ai compagni di fede politica, Minniti si spinse anche oltre, sostenendo che per fermare il flusso migratorio servivano gli stessi soldi investiti per bloccare la rotta dei Balcani, ovvero 3 miliardi più 3. In pratica, l’uomo del Pd stava dicendo ai compagni che per evitare un’invasione pericolosa per «la tenuta democratica del Paese» bisognava comprare il consenso di capi e capetti africani, così come l’Europa, per fare un piacere alla Germania, aveva comprato l’aiuto della Turchia. Sono andato a rileggermi queste frasi, mettendole a confronto con quelle dei dirigenti del nuovo corso Pd, Elly Schlein compresa. Mentre dalla bocca della neo segretaria non escono altre parole se non «vergogna», rivolte ovviamente ai componenti dell’attuale maggioranza di governo, quasi che i naufragi siano opera del consiglio dei ministri, ai tempi di Minniti i messaggi erano diversi. Dopo il fallimento dei tentativi di accordo con l’Europa (Matteo Renzi aveva provato a stringere un’alleanza con Francia e Germania dal ponte della portaerei Garibaldi, ma senza successo), la questione dei migranti era stata affidata alle mani dell’uomo d’ordine del partito, con un messaggio chiaro: basta partenze.«Quelli che oggi marciscono nei campi di concentramento lungo le sponde africane verranno almeno in parte ricondotti in patria», rivelò Minniti a Scalfari. Altro che accoglienza, soccorsi, permessi di soggiorno, eccetera. La dottrina del Pd all’epoca si riduceva a una sola parola: «Non bisogna farli arrivare». Tanto per salvare le apparenze, al direttore-fondatore il ministro riservò un piccola speranza: «Quanto ai rifugiati, provvederemo a farli arrivare in Italia una volta al mese». Sì, disse proprio così. In pratica, centri di accoglienza e smistamento degli aventi diritto non qui, ma in Africa. Più o meno come propone Giorgia Meloni: porti chiusi a chi non scappa da una guerra, stop alle partenze e pugno duro con gli scafisti. Alla fine, dopo le prime roboanti dichiarazioni, perfino Renzi si era convinto che «bisognava aiutarli a casa loro». Che cos’è successo dunque per indurre il Pd ad abbandonare la linea del realismo e sposare quella gruppettara di chi vorrebbe spalancare le porte a chiunque? Per prima cosa è accaduto che il Partito democratico ha perso le elezioni e le ha perse sventolando l’agenda Draghi, ossia un programma politico molto apprezzato dalle élite, ma poco dagli italiani. Infatti, i risultati per il maggior partito della sinistra sono stati tra i peggiori di sempre e, oltre a portare alle dimissioni di Enrico Letta, hanno portato il caos al Nazareno. L’assenza di leadership, non solo ha trascinato ancor più giù i consensi, fino a subire lo scavalcamento del Movimento 5 stelle, ma ha consegnato il partito alla sinistra estrema. A dire il vero, i capi bastone delle correnti più radicali avevano puntato su Elly Schlein convinti che una ragazza tutta slogan e niente sostanza avrebbe perso la sfida con Bonaccini, ma a loro sarebbe bastato raccogliere una quota sufficiente a ottenere posti di rilievo in direzione. Le cose sono però andate diversamente da come se le erano immaginate Dario Franceschini, Andrea Orlando e compagni. Forte del voto popolare, la Schlein ha vinto e invece di essere una marionetta nelle mani dei pupari vuole provare a ballare da sola. Risultato, si è circondata di una serie di pretoriani che vengono in gran parte da Sel, ovvero dal partito che fu di Nichi Vendola. Con Erasmo Palazzotto, Marco Furfaro, Rossella Muroni, Sergio Lima che ci si può aspettare? Una linea che sposa l’accoglienza indiscriminata e che teorizza porti aperti a tutti. E infatti è ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni, con uno scontro al calor bianco con l’attuale maggioranza. Non so se la dottrina Schlein porterà consensi al Pd: ne dubito. Tuttavia, sono certo che non porterà nulla di buono al nostro Paese. Se gli arrivi di migranti, agevolati dalla politica del Pd, continueranno al ritmo attuale, prevedo che le cose per l’Italia si metteranno male. Per dirla con le parole del ministro Pd che per primo provò a fermare l’ondata migratoria, temo per la tenuta democratica della nostra Repubblica. Con un problema: che il Pd, invece di farsi carico dei problemi del nostro Paese, si fa carico di quelli che vanno all’arrembaggio dell’Italia.
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)