2022-12-10
Schillaci suona la sveglia sui vaccini. L’Ue risponde: più dosi e green pass
Il ministro: «C’è uno spreco di fiale: basta con gli acquisti europei, i produttori abbassino i prezzi e paghino i danni da iniezione». Ma la Commissione non molla. Anzi, rilancia la carta verde e i comitati anti fake news.Finora non aveva brillato per ardimento. Ma ieri, al Consiglio europeo sulla Salute, Orazio Schillaci ha davvero suonato la sveglia, sollevando due questioni cruciali. La prima: abbiamo troppe dosi di vaccino, nei magazzini e in consegna. È meglio razionalizzare gli acquisti, affidandoli ai singoli Stati. Ed è urgente chiedere sconti sui prodotti non aggiornati, o sulle fiale spedite a ridosso della scadenza. La seconda: bisogna modificare i contratti siglati tra le case farmaceutiche e l’Ue, che impongono agli Stati di risarcire i danni da iniezioni. Per inciso, questa è forse la prima ammissione, da parte di un’autorità governativa, del fatto che esistano effetti collaterali gravi.«Un’allocazione non efficiente» della spesa pubblica, ha tuonato Schillaci, «oltre a rappresentare uno spreco in sé, sarebbe difficilmente compresa» dai cittadini. E genererebbe, «paradossalmente, un senso di disaffezione verso future campagne vaccinali». È «legittimo» tornare «progressivamente» a strategie d’acquisto «gestite direttamente dai singoli Stati, anziché in base alla negoziazione centralizzata»: così, ogni nazione potrà regolarsi in base alle proprie esigenze. Secondo l’inquilino di lungotevere Ripa, va prevista «la possibilità di ridurre gli acquisti contrattualmente previsti in funzione dell’effettivo fabbisogno degli Stati e, in ogni caso», è necessario pretendere «una dilazione dei pagamenti e delle consegne delle dosi acquisite» in almeno quattro anni, in funzione del quadro epidemiologico. Ci sono vaccini «consegnati in prossimità della loro scadenza, o comunque non efficaci rispetto all’evoluzione» delle varianti. In casi simili, è lecito considerare «la sostituzione delle dosi» con farmaci riadattati, o una «consistente riduzione del prezzo». Che invece Pfizer, negli Stati Uniti, ha quadruplicato, con una singolare inversione della logica di mercato: se un bene serve di meno, di solito deve anche costare di meno. Non è l’unico tabù che ha infranto il ministro. «È indispensabile», ha ammonito, «che la Commissione riveda la clausola degli Advanced purchase agreement», tuttora parzialmente secretati, in virtù della quale, però, risultano «a carico degli Stati membri il risarcimento e/o l’indennizzo dovuto per i danni cagionati dai vaccini, nonché le spese legali sostenute dalle case farmaceutiche nei singoli procedimenti». Una misura non «ragionevole»: prima copri d’oro Big pharma, poi le paghi i processi e infine rimborsi le vittime degli effetti avversi. Sul punto, tuttavia, l’esecutivo Ue preferisce glissare. D’accordo con Schillaci, il suo omologo ceco Vlastimil Valek, che ha aperto i lavori per conto del proprio Paese, cui spetta la presidenza semestrale del Consiglio. Il rappresentante di Praga ha ribadito che «la situazione» sanitaria «sta cambiando e la grande maggioranza di noi ha a che fare con una massiccia sovrabbondanza di vaccini», tale da determinare «un peso per i bilanci. È uno spreco, non c’è modo di conservarli, di usarli e neanche di donarli».Ma a Bruxelles accade quel che è avvenuto già a Washington: la Commissione non ha intenzione di porre fine ai tempi di vacche grasse per le società farmaceutiche. Stella Kyriakides, responsabile della Salute, ha definito i vaccini una «polizza di assicurazione, che non ci possiamo permettere di abbandonare». Le ha fatto eco l’Ema, precisando di essere impegnata a procurare «i vaccini giusti in preparazione di una nuova ondata, soprattutto all’inizio dei mesi invernali». Marco Cavaleri, il delegato dell’agenzia, s’è dato alle supercazzole: gli sprechi evocati da Schillaci e Valek non sono il segno di «criticità», bensì di «complessità». Tutto perfetto, allora… Il pretesto per tenere in piedi la giostra è costruito intorno alla retorica della «permacrisi», già sfoggiata da Ursula von der Leyen, con l’annuncio delle prossime tre catastrofi: resistenza agli antibiotici, contagiosissimi microbi, attacchi chimici o nucleari. Per la Kyriakides, «una nuova variante potrebbe nascere in qualsiasi parte del mondo dove i tassi di vaccinazione sono molto bassi. Non voglio ricordare che cosa è successo appena un anno fa con Omicron». Già: non ricordiamolo, perché la scarsa copertura vaccinale non c’entrava niente. Le varianti tendono a svilupparsi negli immunodepressi, come i malati di Aids, di cui il Sudafrica è pieno e che rispondono poco alle punture anti Covid. Nel loro organismo, l’infezione dura di più, il virus si replica a ritmi maggiori e, quindi, ha più possibilità di mutare. L’alto tasso d’immunizzazione, semmai, crea una pressione selettiva che avvantaggia i ceppi capaci di eludere gli anticorpi. Perché stupirsi delle eurofrottole, in fondo? Che il giochino funzioni così era chiaro: la scienza, riveduta e corretta, è la foglia di fico per imbellettare decisioni politiche. Basta che, qualora si risedesse al tavolo con Pfizer, la presidente della Commissione Ue non conduca le trattative via sms cancellabili.ripetere gli errori Nel frattempo, allarmano le conclusioni sottoscritte dal Consiglio di ieri. Ahinoi, anche dal ministro italiano. Nel paragrafo dedicato alle lezioni da trarre dalla pandemia, si legge che l’Europa «ha assistito all’emergere di una serie di soluzioni e strumenti che possono essere utili nel combattere le malattie prevenibili da vaccino». E quali sono i mirabolanti ritrovati? «La digitalizzazione, con la raccolta e lo scambio di dati a livello di Ue, la creazione del certificato Covid digitale dell’Ue e la cooperazione nell’approvvigionamento, nell’acquisto e nella distribuzione di vaccini». Prospettiva inquietante: la comparsa di qualsiasi patologia per la quale esista o venga fabbricato un antidoto giustificherebbe il ritorno della carta verde. Ovvero, dell’apartheid vaccinale. Immancabile, infine, il tema delle fake news, con tanto di creazione di un comitato di «esperti sull’esitazione vaccinale» e con il coordinamento delle politiche di «lotta alla disinformazione». Idee che recano sempre un retrogusto amaro di mordacchia. Lo scenario è desolante: gli Stati propongono di darci un taglio con gli acquisti compulsivi di vaccini, di rivedere i contratti e di attribuire a chi, finora, ha soltanto incassato, le responsabilità giuridiche degli effetti collaterali. E Bruxelles cosa fa? Risponde con più dosi, green pass e censura. Sbagliare sarà umano, eh. Ma perseverare è Ursula.
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