2023-03-05
Schiaparelli alla conquista del prêt-à-porter
Alle sfilate di Parigi, il gruppo lancia la nuova linea: «Un intero guardaroba con capi classici, come le camicie bianche, infusi con l’arguzia, l’irriverenza e la teatralità del marchio». Dior esalta le gonne sotto al ginocchio. StNian omaggia la figura femminile.Con 60 show e 40 presentazioni, a dare il via ai défilé della Paris fashion week (fino al 7 marzo) sono stati gli studenti dell’Institut français de la mode. E poi, giorno dopo giorno, i grandi marchi salgono sulle passerelle parigine, da Chanel a Miu Miu, passando per Christian Dior, Saint Laurent, Valentino, Balenciaga e Louis Vuitton. Non mancano le maison giapponesi, da Comme des Garçons a Yohji Yamamoto, Noir Kei Ninomiya, Mame Kurogouchi, Anrealage e Ujoh fra le altre. Ma anche Lanvin, l’australiano Zimmermann, l’inglese A.w.a.k.e. mode e la conferma di Victoria Beckham nel calendario parigino. E poi la prima sfilata del brand Vivienne Westwood dopo che la stilista è venuta a mancare lo scorso 29 dicembre. Tra i nomi più attesi, quello di Schiaparelli, disegnato da Daniel Roseberry, capi unici che si sono visti addosso a Chiara Ferragni al Festival di Sanremo. Nobile italiana, la visionaria artista Elsa Schiaparelli (suo zio era l’astronomo che diede il nome ai canali di Marte) è stata una donna straordinaria, che ha vissuto moltissime vite e ha ispirato con il suo lavoro artisti e designer. Amica di Salvator Dalí e acerrima nemica di Coco Chanel, fu la prima stilista a finire sulla copertina di Time. Una storia fatta di colori, stravaganze e dettagli anatomici che dura ancora oggi. «Di tutte le straordinarie eredità di Elsa Schiaparelli, l’unica non ancora replicata dai brand di oggi è il connubio tra arte e moda», spiega il direttore creativo, «Elsa è diventata famosa per la sua sartoria, che non va dimenticata, ma il suo debutto come stilista è stato con maglie trompe l’oeil, ai tempi rivoluzionarie. Puro sportswear, erano allora da considerarsi come una decisa pulizia da tutto ciò che era volgare e fluttuante. Una maglieria facile da indossare e da togliere (si può pensare a quei maglioni come a un abbigliamento athleisure dell’epoca). Il successo di quei pullover è stato il primo dei suoi tanti interventi “virali” nel corso della sua breve ma influente carriera nella moda». In un certo senso, i tratti distintivi del suo lavoro che oggi chiameremmo codici come l’icona della serratura, i riferimenti anatomici, i dettagli del nastro da sarta, sono rilevanti eppure fluidi. La maison era rinomata non solo per i suoi simboli, ma soprattutto perché i suoi abiti non assomigliavano a nient’altro in circolazione. «I suoi segni Elsa li declinava in modo piuttosto presente ma altrettanto sottile. Come diceva lei stessa: “Nessuno sa come si dice Schiaparelli, ma tutti sanno cosa significa”. Una delle sfide del creare abiti in un’epoca di branding dilagante in questo caso è onorare i suoi codici e allo stesso tempo non ridurli a loghi. La nostra attenzione come quella di Elsa si concentra sugli abiti: elementi essenziali di un guardaroba che aiuta una donna a sentirsi più sé stessa». Questa stagione segna «la nostra prima sfilata prêt-à-porter. Un passo a lungo pianificato e fondamentale nel nostro continuo richiamare e rinnovare il mondo di Elsa. La missione per questa stagione è stata semplice: presentare un intero guardaroba, completo di tutto, dalle camicie bianche in popeline agli abiti corti da cocktail in velluto, infondendo in questi classici l’arguzia, l’irriverenza e la controllata teatralità che contraddistinguono Schiaparelli». Gli accessori sono fondamentali, a cominciare dall’ormai iconica Face bag. «Ma questa stagione abbiamo aggiunto un nuovo modello che abbiamo chiamato la Schiap, una baguette trapunto arricchita da dettagli presi in prestito e deviati dalla celeberrima fragranza Shocking, presentata da Schiaparelli nel 1937. Per la nuova Schiap bag ho voluto rifarmi a un profilo classico piuttosto che inseguire una tendenza; la semplicità mi sembra la scelta di questo momento». Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, ha reso omaggio al carisma di Catherine Dior, Édith Piaf e Juliette Gréco, tre donne che con il loro stile di vita hanno contribuito a cambiare il mondo. Poetica, contemporaneamente femminile e grintosa, con qualche accenno retrò: è la nuova collezione Dior. La maison l’ha presentata su una passerella speciale, allestita in una location a dir poco scenografica, un’installazione che celebra l’amore per la natura di monsieur Dior, creata appositamente dall’artista Joana Vasconcelos e realizzata con tessuti floreali provenienti dagli archivi del brand. È il trionfo della gonna: dritta o a pieghe, plissettata o liscia, drappeggiata e svolazzante o severa, a matita, decorata con petali di tessuto, stampata a fiori o tinta unita. Preferibilmente nera. Orlo che copre rigorosamente ginocchia e polpacci. Portata semplicemente con la camicia bianca con le maniche arrotolate ai gomiti, oppure con la giacchetta corta con baschina. La Chiuri ha portato in passerella una collezione affascinante e rievocativa dello stile anni Cinquanta. Nell’esclusiva location di Galerie Bourbon, Nihan Buruk, anima di StNian Paris, ha presentato la sua collezione. Il messaggio è chiaro: la moda segue le donne e le loro esigenze, crea bellezza nella diversità ed esalta quella femminilità libera e potente che le caratterizza e di cui rimane la traccia.