2022-11-19
Scansione dei volti: la voglia dei sindaci di violare la privacy
Telecamere, occhiali speciali e celle telefoniche: da Genova ad Arezzo fino a Lecce, i Comuni diventano il Grande Fratello.Nonostante in Italia non esista ancora una legge che permetta di installare sistemi di riconoscimento facciale come per esempio in Cina, in alcuni Comuni c’è chi se ne approfitta. Non c’è molta differenza nel colore politico, perché nelle amministrazioni locali sia di centrodestra sia di centrosinistra fanno a gara per adottare nuovi sistemi di videosorveglianza o tracciamento dei cittadini. Succede per esempio a Lecce, dove il sindaco è Carlo Maria Salvemini, appoggiato da una coalizione di centrosinistra. Il 14 novembre scorso è dovuto intervenire il garante per la privacy, aprendo un’istruttoria contro il Comune pugliese che aveva annunciato nei mesi scorsi di voler impiegare tecnologie che avrebbero permesso un’analisi fin troppo approfondita dei cittadini inquadrati dalle nuove 18 telecamere installate e costate 350.000 euro. Il nuovo sistema di sorveglianza sarebbe dovuto servire «a garantire l’ordine pubblico e a evitare aggressioni o atti vandalici». Il Comune di Lecce aveva anche emanato un’informativa in merito e, dopo la comunicazione del garante, ha specificato che le telecamere sono avanzate ma non hanno il riconoscimento facciale. Ma evidentemente non è bastato. Nella nota, infatti, il garante ricorda che fino al 31 dicembre 2023, in Italia non sono consentiti «l’installazione e l’uso di sistemi di riconoscimento facciale tramite dati biometrici, a meno che il trattamento non sia effettuato per indagini della magistratura o prevenzione e repressione dei reati». In pratica si è cercato in questi anni di varare una moratoria per questi sistemi, nel rispetto del principio di proporzionalità e soprattutto per valutare l’impatto del trattamento dei dati che, sottolinea il garante, «il titolare è sempre tenuto ad effettuare nel caso di sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico». Al netto delle nuove tecnologie e delle esigenze di sicurezza, di fatto siamo di fronte a strumenti digitali che permettono di raccogliere informazioni per finalità differenti e relative ad esigenze concrete. E raccogliere dati, l’oro di questo millennio, ma soprattutto il modo in cui si raccolgono, potrebbe diventare un problema. Oltre che per motivi di privacy, anche perché le banche dati sono una fonte di interesse inesauribile per i criminali hacker che sfruttano sempre la stessa tecnologia per gli attacchi informatici. Il garante non è intervenuto solo su Lecce. Ha aperto un’istruttoria anche su Arezzo dove il sindaco di centrodestra Alessandro Ghinelli aveva pensato bene di introdurre, dal primo dicembre, «una nuova sperimentazione di “super-occhiali infrarossi” (che rivelerebbero le infrazioni dal numero di targa e, collegandosi ad alcune banche dati nazionali, sarebbero in grado di verificare la validità dei documenti del guidatore)». Peccato che anche in questo caso l’autorità abbia messo in guardia l’amministrazione comunale «dall’utilizzo di dispositivi video che possono comportare, anche indirettamente, un controllo a distanza sulle attività del lavoratore e ha inviato al rispetto delle garanzie previste dalla disciplina e dallo statuto dei lavoratori». A fornire gli occhiali alla polizia municipale è stata Lab Consulence, gruppo di società che vede anche schierata la nota Kria dell’ingegnere Stefano Arrighetti, il noto inventore del T-red l’apparecchio che multa chi passa col semaforo rosso. «Le due casistiche che stanno facendo discutere negli ultimi giorni sono strettamente collegate al più ampio tema dell’identità digitale» spiega Pierguido Iezzi, ceo di Swascan del gruppo Tinexta. «Questa è parte integrante della quotidianità di tutti. Formata da tecnologie e strumenti abilitanti e completamente basata sul dato, è sicuramente una svolta in termini di gestione ed efficienza, ma - come spesso accade - nasconde anche insidie nuove. Non a caso il mondo digitale è spesso un supporto importante per i gruppi criminali e il cybercrime sta diventando sempre di più un fenomeno endemico, con una crescita di anno in anno che non sembra conoscere soluzione di continuità». Secondo Iezzi «normalizzare il dato per venire incontro ai fabbisogni dei cittadini è sicuramente la strada corretta, non è in discussione. Ma la tutela dello stesso deve essere la prima priorità quando si introducono nuove tecnologie. Non a caso il furto di dati, dell’identità digitale e altri tipi di cybercrime basati sulle PII (Personal Identifiable Information) sono in costante e continuo aumento». Anche a Genova, amministrata dal sindaco di centrodestra Marco Bucci, non vogliono essere da meno sulla sorveglianza. E così, per il prossimo censimento cittadino - oggetto di una disputa politica tra chi parla di diminuzione dei residenti e chi no -Palazzo Tursi ha pensato bene di dotarsi di un sistema di raccolta statistiche tramite le celle telefoniche. Un modo, a detta dei consulenti del sindaco, costati 100.000 euro (come riporta La Repubblica) per avere un’analisi «più innovativa». Sì, ma mettendo a rischio di nuovo la privacy. Del resto, perché il Comune di Genova dovrebbe tracciare il cellulare di un semplice turista di passaggio? E quei dati dove andranno?
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)