2020-07-04
Scandalo audio, le toghe rosse ora se la prendono con la «Verità»
Incalzato dalle polemiche per la registrazione del giudice Amedeo Franco, il cartello progressista di Area attacca il nostro giornale per le chat di Luca Palamara e per lo scoop su Cosimo Ferri: «Stampa compiacente».La vicenda delle dichiarazioni del giudice Amedeo Franco registrate a Palazzo Grazioli da Silvio Berlusconi, con l'aiuto di due collaboratrici, ha fatto perdere le staffe alle toghe progressiste di Area, coinvolte come le altre nelle deprecabili chat con Luca Palamara. Infatti quelle che un tempo si definivano toghe rosse hanno deciso di dare alla notizia del presunto pentimento del loro collega (promosso presidente di sezione anche con i voti della loro corrente) un'interpretazione che lascia allibiti. Per farlo, il coordinamento nazionale di Area Democratica per la giustizia (di cui è segretario Eugenio Albamonte e presidente Cristina Ornano) ha diramato un comunicato, ennesimo di una lunga produzione, che ha come obiettivo distinguere i fatti dell'hotel Champagne (la chiacchierata notturne sulla nomina del procuratore di Roma di Palamara, dei politici Luca Lotti e Cosimo Ferri, e di cinque consiglieri del Csm) dal quadro sconfortante che emerge dalle 49.000 pagine di chat estratte dallo smartphone di Palamara. Carte che ci svelano come le carriere delle toghe procedessero per conoscenza e appartenenza correntizia. «La vicenda delle confessioni postume del Giudice Amedeo Franco al suo imputato ha profili torbidi e inquietanti», principiano le toghe garantiste. Che dimostrano di essere attente lettrici del nostro giornale: «Si è appreso che la registrazione è stata effettuata durante un incontro avvenuto nel 2014 che sarebbe stato favorito da Cosimo Ferri, all'epoca sottosegretario alla Giustizia, come da lui stesso confermato alla stampa». L'intervista è stata rilasciata alla Verità e forse i giudici di Area pretendevano che Ferri, ammettendo l'organizzazione dell'incontro confessasse di aver discusso con Franco anche la nomina del procuratore di Roma.Ma il secondo capoverso è ancora più sconcertante: «La registrazione, della quale è ignoto il contesto e non è stata appurata la genuinità e l'integralità, viene divulgata a molti anni di distanza, dopo la morte del giudice Franco, in un contesto che appare favorevole ad accreditare qualsiasi ignominia per screditare e delegittimare i magistrati e la giurisdizione». Forse i magistrati di Area si sono persi il comunicato degli avvocati Franco Coppi e Niccolò Ghedini a proposito della diffusione delle parole di Franco solo dopo la sua morte: «Tale indicazione è inveritiera poiché già nel marzo del 2016 i difensori del presidente Berlusconi avevano notiziato la Cedu della sussistenza delle dichiarazioni del dottor Franco ponendole a disposizione della Corte».Eppure le toghe di Area associano le rivelazioni sulla sentenza contro Berlusconi al «brutto clima determinato dalla vicenda Ferri/Palamara, disvelata a maggio dello scorso anno, e dalle successive propalazioni delle chat telefoniche di uno dei due protagonisti, effettuata in modo strumentale da una parte della stampa compiacente con i due protagonisti principali della vicenda». Sospettiamo di essere noi la «stampa compiacente». Un déjà vu, dopo che il capogruppo di Area al Csm, Giuseppe Cascini, ci aveva accusati di aver manipolato le chat. Questi magistrati evidentemente considerano indipendenti solo i cronisti compiacenti.Comunque ci piacerebbe sapere con chi saremmo accondiscendenti, visto che da settimane pubblichiamo integralmente le conversazioni dei magistrati di tutte le correnti. Forse le toghe progressiste, a corto di argomenti, non avrebbero voluto che le loro battute o i loro maneggi venissero resi pubblici, e adesso sperano di usare lo scandalo Franco per annacquare le indagini in corso presso la Procura generale della Cassazione su quelle conversazioni, investigazioni dirette proprio da un campione di Area, Giovanni Salvi. Il messaggio in bottiglia sembra proprio diretto a lui, oltre che alla sezione disciplinare del Csm che dal 21 luglio dovrà «processare» Palamara e Ferri. Tanto che gli estensori del comunicato chiedono che vengano «affermate le responsabilità specifiche con ponderazione, rigore e fermezza». Una frase che ha fatto denunciare alla difesa di Palamara il tentativo di trasformare il giudizio in «una fabbrica di colpevoli» dove «affermare» e non «accertare» le responsabilità.Il paradosso è che oggi Area accusa Palamara di aver creato un clima favorevole alla rivincita di Berlusconi, dopo che per tanti anni è stata sulle barricate con lui a osteggiare l'ex premier: «C'è chi in questo momento per salvare se stesso è disposto a far pagare un prezzo altissimo alla magistratura ed al Paese» è il pensiero dedicato al pm sotto inchiesta.Per Area la posta in gioco non è «una tardiva, quanto improbabile dimostrazione di un complotto ordito dalla magistratura ai danni di Berlusconi», né «l'impossibile occultamento delle responsabilità dei protagonisti dello scandalo di maggio 2019» (quelle dell'hotel Champagne, la loro ossessione). No, «la posta in gioco è l'autonomia e l'indipendenza della magistratura». Mentre decine e decine di magistrati per bene, via mail e nelle assemblee, chiedono le dimissioni dei colleghi politicanti e maneggioni, compresi quelli di Area, questi ultimi provano a dare la colpa a Palamara & C. per il discredito che gli è piovuto addosso e per «le riforme e le misure più irrazionali e demolitive che da più parti si profilano». Sino alla chiamata alle armi finale rivolta a «tutti i magistrati in buona fede, le istituzioni e le forze politiche più responsabili, insieme all'opinione pubblica più consapevole», ovviamente tutti rigorosamente progressisti, per «opporre un fermo rifiuto a queste operazioni di grave delegittimazione».