2021-08-22
La sardina Santori alla corte di Letta
Il leader dei pesciolini democratici si candida alle comunali di Bologna con Matteo Lepore: «Saremo un presidio, senza di noi il partito resta schiavo delle correnti nascoste».«Partire dai temi e non dalle poltrone significa mettere da parte i calcoli elettorali e concentrarsi sulle battaglie che contano», si leggeva lo scorso marzo sul profilo Twitter ufficiale delle sardine (la «battaglia che conta» era, nello specifico, lo ius soli, manco a dirlo). Non ci voleva molto per capire che, in realtà, «temi» o meno, proprio alle poltrone si voleva arrivare. La candidatura del leader Mattia Santori a Bologna, nella lista del Pd per Matteo Lepore sindaco, giunge quindi più telefonata della prossima Champions al Paris Saint-Germain. L'annuncio arriva in un alluvionale post inserito nella pagina Facebook del movimento, ma stavolta firmato in prima persona dal liderino dei pesciolini democratici, che per l'occasione posta una sua foto su un ghiacciaio, un po' come Dibba nelle sue cronache dalla Sierra Madre. Fra un'excusatio non petita e l'altra, in mezzo a frasi da retorica congressuale anni Sessanta («Ora si apre una fase nuova. Perché c'è un tempo per arginare e un tempo per costruire»), dopo qualche sbruffonata (come quando, da buon insegnante di fresbee miracolato, ci fa pesare che per l'impegno politico ha perso «occasioni di crescita professionale»), Santori ci spiega che «oggi le sardine diventano grandi e invitano i giovani a non avere paura di metterci la faccia, a qualsiasi livello». E il movimentismo, il situazionismo, il «pallone da basket da lanciare al ragazzo autistico» (secondo una delle sue più note e imperscrutabili metafore)? Tutto archiviato. «Come molti di voi sanno», spiega Santori, «per me l'esperienza movimentistica delle sardine doveva esaurirsi all'indomani delle elezioni del 26 gennaio 2020, trasformandosi in una realtà politica autonoma, con una nuova leadership legittimata dalla base e con l'obiettivo di unire le migliori energie escluse dai partiti e fare da collante nel mare aperto del centrosinistra. Questo non è stato possibile per le ragioni che tutti conoscono ma ciò non significa che quel mare aperto non sia ancora lì ad aspettarci». Le ragioni «che tutti conoscono», in verità, restano un po' oscure. Resta il fatto che, nel «mare aperto», Santori, guarda caso, ha trovato proprio il barcone del Pd da cui farsi raccattare. Ma attenzione: è lui che «sceglie di certificare un'alleanza partendo dal basso piuttosto che farsi blindare un comodo posto in Parlamento», sia detto sempre con la massima umiltà. La candidatura è in ogni caso da «indipendente» (scritto in maiuscolo nel testo) e precisando che «non si tratta di entrare nel Pd». Perché va bene tutto, ma la trasformazione da Che Guevara della giocoleria e Guy Debord alla mortadella in uno Zanda qualsiasi richiede gradualità. «Il nostro avversario è chiunque stia trafficando per un renzismo 2.0», scandisce poi al Corriere della Sera, spiegando che «le sardine continueranno a essere indipendenti», altrimenti «ci troveremo un partito sotto scacco delle correnti nascoste». Insomma, resto umile, sono qui solo per salvarvi dai vostri stessi impicci, razza di traffichini che non siete altro. Quanto alla scelta di candidarsi con il Pd e non con la lista Coalizione civica coraggiosa di Elly Schein, Santori si dice convinto «che chi è civico debba mescolarsi alla politica, per questo ho scelto di stare col Pd, che a Bologna parla a oltre un terzo dell'elettorato». Presidio sì, ma con poltrona assicurata.
Sergio Mattarella con Qu Dongyu, direttore generale della FAO, in occasione della cerimonia di inaugurazione del Museo e Rete per l'Alimentazione e l'Agricoltura (MuNe) nella ricorrenza degli 80 anni della FAO (Ansa)
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