2025-04-14
Sarà il Veneto a riportare la Viola alla realtà
Cara Antonella Viola, le scrivo questa cartolina perché vorrei brindare con lei alla sua candidatura: ho sentito che potrebbe correre con il Pd per la regione Veneto. E allora non posso fare a meno di mandarle i miei auguri: in alto i cuori e cin cin. Che cosa preferisce? Prosecco? Soave? Sauvignon? Pinot Grigio? Oppure meglio un rosso? Bardolino? Valpolicella? Amarone? Il Veneto è la regione che ha più viti d’Italia, la regione del Vinitaly e dello spritz, del Bellini e del Torcolato: da chi potrebbe essere governata se non da chi dice che anche solo un bicchiere di vino fa male? Lei, cara professoressa, ci ha sempre spiegato che l’alcol fa restringere il cervello. Chissà quanto ne hanno bevuto quelli che hanno pensato di candidarla.Pugliese di Taranto trapiantata a Padova, 56 anni, laureata in biologia, come tanti suoi colleghi, lei ha approfittato della tragedia del Covid per conquistare fama e visibilità. Ha cominciato a essere prezzemolino in tv, soprattutto su La7, ovviamente a suon di diktat: lockdown duro, no ai pranzi della domenica, guai a passeggiare, e poi vaccini obbligatori per tutti, anche per i bambini. Così, di Gruber in Gruber, è diventata una virostar come testimoniano le sue pubblicazioni: prima del 2021 aveva scritto solo qualche testo scientifico. Negli ultimi quattro anni ha già scritto otto libri, fra cui Virus Game, Digiuno intermittente e soprattutto l’imperdibile Il sesso è (quasi) tutto. Del resto è evidente che lei sa tutto dell’amore. Soprattutto quello per le telecamere.Come ogni virostar che si rispetti è diventata progressivamente sociologa, politologa, criminologa, tuttologa. Ha rilasciato interviste per spiegare che suona la chitarra e scrive ballate, che ha un rapporto speciale con Dio, che chiama confidenzialmente «Guido» (chissà perché non Pierantonio), che ha fatto una tesi di laurea sul pescegatto (e ci dispiace per il pescegatto), che trova attraente Fabrizio Pregliasco e che però ama suo marito, anche perché ha tatuato sul braccio «Questo è un amore per pazzi», il motto del vostro matrimonio. Molto romantico. Ha anche confidato a un giornale che in un momento di crisi come ricercatrice aveva pensato di abbandonare tutto e di aprire una pasticceria. Ci spiace sinceramente che poi ci abbia ripensato perché noi la sua pasticceria l’avremmo frequentata volentieri. Infatti non c’è nessuno bravo come lei a montare la panna.Fra le sue colpe più gravi, c’è quella di averci costretto a dare ragione a Bassetti quando ha detto di lei: «È piacente, ma non ha background. Non ha mai visitato un bambino in vita sua». Per fortuna, però, lei non si fa intimidire. Infatti ha un’opinione piuttosto alta di sé stessa: «Nata sana e carina», si è definita fra l’altro «cresciuta bene», «la più brava a scuola», «con un viso solare e simpatico» e «tante ammiratrici». Da qualche tempo ha l’ambizione di fare politica. Prima si è proposta (senza successo) come ministro della Salute di Mario Draghi, poi ha provato (senza successo) a soffiare a Andrea Crisanti la candidatura in Parlamento. Ora questa nuova occasione per la Regione. Noi facciamo il tifo per lei e speriamo sinceramente che si candidi. Così i veneti, con il bicchiere levato, potranno finalmente farla Viola.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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