2019-05-11
Salvini ha più nemici nel governo che fuori
L'avvocato del popolo si è trasformato nel giudice di Salvini e nei suoi confronti ha già emesso una sentenza di condanna. Il presidente del Consiglio ha imparato in fretta a gestire il potere. Arrivato a Palazzo Chigi da illustre sconosciuto, vaso di coccio fra due vasi di ferro, tanto da essere liquidato da Guy Verhofstadt - durante una riunione del Parlamento europeo - come un burattino nelle mani dei vicepremier, Giuseppe Conte ora vuole comandare. Così ieri, in un'intervista al quotidiano spagnolo El Pais, ha detto che alla guida del governo c'è lui, e l'idea che comandi Salvini è un'illusione ottica. Il capo della Lega, per il premier, è un importante ministro, con cui lui si confronta serenamente, ma nulla di più.Le parole del presidente del Consiglio arrivano dopo un paio di decisioni (...)(...) che sembrano dargli ragione. La prima è quella nota, ossia il licenziamento di Armando Siri. Il sottosegretario leghista è stato destituito sul campo dallo stesso Conte, dopo un tira e molla durato giorni e dopo, soprattutto, che Salvini lo aveva difeso, rispedendo al mittente le richieste di dimissioni reclamate a gran voce da Di Maio e compagni. Un braccio di ferro che il Capitano, come lo chiamano i fedelissimi, ha perso vedendo incrinata l'immagine di uomo forte dell'esecutivo. L'altro ieri, poi, il ministro dell'Interno è stato costretto a cedere anche sul fronte dell'immigrazione, il suo cavallo di battaglia. Dopo aver tenuto duro per mesi, chiudendo i porti a costo di vedersi indagato con l'accusa di sequestro dei richiedenti asilo, Salvini giovedì è stato scavalcato nuovamente da Conte, che ha dato via libera all'attracco di una nave della Marina militare (agli ordini di Elisabetta Trenta, ministro di tendenza grillina) carica di immigrati. Un «uno-due» che ieri è stato certificato dal primo vero calo della Lega nelle intenzioni di voto. In coro, tre sondaggisti su tre hanno decretato una perdita di consenso: secondo Ilvo Diamanti, su Repubblica, il calo sarebbe stato di 2 punti, dal 34 al 32%. Per Alessandra Ghisleri, sul Giornale, Salvini avrebbe invece perso il 2,8%, scendendo sotto il 30%. Ma a detta di Nando Pagnoncelli, sul Corriere, la Lega addirittura avrebbe lasciato sul campo sei punti, assestandosi appena sopra il 30%. Ovviamente i sondaggi vanno presi con le pinze, perché quasi mai ci azzeccano. Basti dire che un anno e mezzo fa, prima delle politiche, nessuno neppure lontanamente ipotizzò che Salvini potesse guidare il primo partito del centrodestra, scavalcando Forza Italia. Anzi, quando il leghista arrivò nelle intenzioni di voto al 12-13%, alcuni dei cosiddetti esperti sentenziarono che era arrivato al tetto del suo potenziale, ma che da lì non si sarebbe mosso. Come sappiamo le cose sono andate in maniera diversa e oggi si parla di un partito che potrebbe essere il primo d'Italia. Tuttavia, se le previsioni non sono da prendersi come oro colato, è pur vero un altro fatto, e cioè che, a differenza del passato, i voti vanno e vengono. L'elettorato stabile conosciuto ai tempi della Dc e del Pci non c'è più. Ora gli italiani votano in base al proprio interesse e se questo viene meno, cambiano e mettono la croce su un altro simbolo e un altro nome. Lo sa bene Matteo Renzi, che si cullò per un paio d'anni con l'idea di avere il 40%, ma quando si votò davvero scoprì che nel serbatoio del Pd non era rimasta nemmeno la metà di quei consensi. Giancarlo Giorgetti, colonnello leghista, lo ricordò a tutti il giorno del giuramento del governo, perché nessuno si facesse illusioni e a maggior ragione lo si deve ricordare ora.Se dico questo non è per far finire il morale degli elettori leghisti sotto i tacchi, e neppure per dire che la luna di miele degli italiani con Salvini è ormai finita. Tutt'altro. Io penso che il ministro dell'Interno goda ancora di un ampio consenso, e resti in questo momento l'unico leader con un capitale di voti propri sufficienti a consentirgli di guidare un governo. E però non si può tacere che la mediazione cui è costretto quotidianamente lo sta logorando. Le aspettative degli italiani sull'immigrazione, sulla sicurezza e anche sulle modifiche alla legge Fornero sono state soddisfatte. Tuttavia, altre sono rimaste lettera morta per il veto grillino. Dalla flat tax alla Tav, dall'autonomia regionale alla legge che avrebbe dovuto sbloccare i cantieri. Fino a oggi gli elettori sono rimasti in paziente attesa che Salvini riuscisse a sbloccare la situazione, comprendendo che in fondo la Lega in Consiglio dei ministri può far valere il suo 17%, ma non ha la maggioranza. La pazienza però sembra volgere al termine, anche perché, mentre non è arrivata la riforma fiscale, sono arrivati la stangata sulle pensioni più ricche e anche il reddito di cittadinanza, due provvedimenti che con l'economia di mercato, con la voglia di crescere e anche di lavorare fanno a pugni. So bene che se fosse stato per il capo della Lega queste misure non avrebbero mai visto la luce, però sull'umore degli italiani pesano. Morale: non voglio dare consigli, soprattutto quando non sono richiesti, ma ho la sensazione che se continua a rimanere sulla graticola su cui i 5 stelle, con l'aiuto di Conte, l'hanno collocato, per il Capitano si mette male. L'uomo è sveglio e pure furbo, ma ora serve un guizzo, un colpo di genio per sottrarsi a chi gli vuole dare il colpo di grazia. Tradotto: o molla i grillini o loro lo tireranno a fondo.
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.