2020-07-07
Sale la voglia di Tso e ricoveri coatti. Non fate il ddl Zan del coronavirus
Chieste misure per deportare i positivi. Ma le leggi per reprimere ci sono già: forzare la mano sull'onda della paura ha dei rischi.Il Covid ha già fatto abbastanza guai: è il caso di risparmiarci altre leggi ad hoc o poteri «speciali», dei quali invece si fa un gran parlare, tra voglia di Tso e profumo di deportazioni coatte.Vale la pena sgombrare il campo da un possibile equivoco: il disastro sanitario subìto dall'Italia a marzo, i 35.000 morti, i risultati ottenuti nel contenimento del virus non permettono leggerezze. Per i dettagli - alcuni ancora da chiarire - che sono emersi, la vicenda dell'imprenditore veneto che avrebbe contratto in Serbia il morbo, adottando comportamenti esecrabili una volta rientrato malgrado i sintomi, ha suscitato comprensibile indignazione. Di più: il fatto che la maggioranza dei nuovi contagi di cui è possibile ricostruire la «storia» (in sé, un ottimo segnale, che spiega che non siamo sopraffatti ma i numeri sono gestibili e il passaggio dell'infezione è monitorato capillarmente) siano d'importazione (viaggi nei Balcani, badanti che rientrano, disperati che arrivano via nave, voli da Paesi colpiti come il Bangladesh) hanno giustamente fatto salire il livello di attenzione verso questo tipo di pericolo, che oggi appare superiore rispetto al dilagare «interno».Quello che è difficile da comprendere, a fianco di un sacrosanto richiamo, anche energico, alle misure di sicurezza e di buon senso tuttora in vigore, è la fuga in avanti di diversi amministratori che, in scia alle parole di Luca Zaia, hanno imboccato la china di una possibile deriva che non promette nulla di buono.Il governatore veneto, forte di una gestione ammirevole della crisi sanitaria (oggi la regione, quasi 5 milioni di abitanti, ha 18 ricoverati per Covid di cui due in terapia intensiva, e 366 persone in isolamento domiciliare) si è scagliato contro comportamenti che potrebbero compromettere un quadro rassicurante. E ha sottolineato, come fatto qualche settimana fa dai colleghi Maurizio Fugatti ed Enrico Rossi, il rammarico di non avere strumenti più coercitivi per chi rifiuti le cure. Ieri è andato un passo oltre, con un'ordinanza che inasprisce le sanzioni per chi viola l'isolamento da positivo, coinvolgendo anche l'eventuale datore di lavoro che «copra» l'infetto girovago. L'ex ministro dell'Agricoltura ha aggiunto: «Chiedo che a livello nazionale si possa portare al penale la violazione dell'isolamento fiduciario anche del negativo. Mi aspetto che sul ricovero coatto si provveda a trovare la modalità con un decreto, in maniera che i sanitari decidano se provvedere all'isolamento fiduciario in casa, e se il caso è grave, di fare in modo di evitare di disperdere il virus sul territorio». Il testo dell'ordinanza (a questo link il documento integrale: bit.ly/38xdVGB) prevede anche una norma destinata a far discutere: «L'Azienda Ulss che adotta il provvedimento di collocazione in isolamento [...] in relazione al numero dei conviventi nell'abitazione può disporre l'effettuazione dell'isolamento presso strutture alternative individuate dall'Azienda medesima [...] con oneri a carico dell'interessato». La fattispecie è molto delicata, e già descritta da altri governatori: si potrà disporre l'allontanamento coatto «a carico dell'interessato» di una madre con figli? E se questa preferisse una degenza a casa, che si fa? Il legame con il «numero dei conviventi» non si tradurrà in una discriminazione per i meno abbienti, che tendenzialmente non sono soliti avere 350 metri quadri a disposizione?Se eventuali fughe in avanti di dubbia costituzionalità da parte di governatori cui scappi la mano possono essere tutto sommato contenute, è la pressione su governo e Parlamento perché agiscano su questi aspetti a lasciare perplessi. Anche perché, solo ieri, il presidente dell'Anci (che raduna tutti i sindaci d'Italia) Antonio Decaro ha auspicato che «per aiutare a controllare i focolai ci sia stato dato intanto il potere di disporre velocemente un Tso». Il Codacons si è detto favorevole all'«estensione dei trattamenti sanitari obbligatori a quei soggetti che risultano positivi a Covid 19, ma non intendono sottoporsi alla quarantena e alle altre limitazioni previste dalle disposizioni vigenti», perché «lo Stato ha il dovere giuridico di sostituirsi al singolo cittadino quando lo stesso rifiuta cure mediche che appaiono indispensabili e necessarie». Ancora, il professor Stefano Vella, infettivologo alla Cattolica di Roma, ha benedetto il Tso per i positivi al coronavirus perché «la minaccia potrebbe fare bene».Questa azione sul legislatore, a maggior ragione in una situazione obiettivamente sotto controllo, ha due effetti. Da un lato porta a gettare la responsabilità di eventuali problemi futuri sulle spalle di cittadini indisciplinati, cosa smentita dalla mole di accertamenti che hanno portato a sanzioni infinitesime (poche decine di positivi beccati in giro, a fronte di centinaia di migliaia di controlli nel mese di aprile). Dall'altro produce esattamente le storture, fatti i debiti distinguo, del ddl Zan contro l'omofobia.Intervenire con leggi sull'onda di emergenze, quando già il nostro ordinamento permette di muoversi anche duramente con efficacia (esiste il reato di epidemia, e in questi mesi sono state spiccate severe sanzioni per chi viola le disposizioni), crea possibili abissi giuridici soprattutto dopo la pandemia. Abissi in cui il limite di ciò che dovrebbe essere indisponibile (il corpo, il nucleo familiare, i legami più intimi, la libertà) si sfumano e possono finire in mano al potere. La strada della responsabilizzazione e della fiducia nella capacità delle persone di perseguire il proprio bene ha dato frutti, con eccezioni che sono appunto tali. Non si tratta di far vincere il Covid, ma di conservare un mondo in cui valga la pena vivere pure dopo.
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
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