2019-11-28
«Roghi appiccati dalla Ong pro Amazzonia»
Arrestati in Brasile 4 volontari del progetto Psa: secondo la polizia, invece di tutelare la foresta le davano fuoco per stimolare la generosità dei donatori. Tra i quali spuntano celebrità come Leonardo Di Caprio. La difesa: «Montatura utile a Bolsonaro».Ricevono soldi da tutto il mondo: dalla Fondazione Konrad Adenauer in Germania, dalla Caritas della Svizzera, dalla Charles Stewart Mott foundation del Michigan (Stati Uniti), dal colosso farmaceutico giapponese Takeda, dalla Coca Cola. Naturalmente anche dal governo brasiliano. E perfino da testimonial famosissimi come l'attore Leonardo Di Caprio che ha sganciato 500.000 dollari per sostenere la Ong brasiliana Psa, Projeto saúde e alegria (Progetto salute e allegria). Come agisce l'ammanicatissima Psa? Combatte la deforestazione dell'Amazzonia devastata dagli incendi. Peccato che il fuoco lo appiccavano loro stessi, i volontari della Ong che avevano trovato il sistema per commuovere il mondo e garantirsi entrate costanti e sicure.Quattro dei volontari arruolati dalla Psa sono stati arrestati dalla polizia brasiliana a Santarém, una città nel cuore della foresta, alla confluenza tra sua maestà il Rio delle Amazzoni e il fiume Tapajós. Una posizione strategica, a metà strada tra Manaus, la capitale dello Stato di Amazonas, e Belém, capitale dello Stato del Pará, lo stesso di Santarém. I quattro attivisti sono accusati di avere dato alle fiamme larghi tratti della foresta amazzonica e poi di essere stati tra i primi ad accorrere, visto che tre di loro appartengono alla brigata antincendio di Alter do Chão, località non lontana da Santarém. Nella sede del Progetto la polizia ha sequestrato computer e documenti. L'inchiesta promette ulteriori sviluppi, dice la stampa brasiliana.Quelli di Saúde e alegria, insomma, se la cantano e se la suonano. Creano l'emergenza e si precipitano a risolverla. Si costruiscono l'immagine di eroi senza macchia e senza paura, di Magnifici quattro pronti a sfidare le fiamme e i pericoli della giungla amazzonica, per poi passare all'incasso. Naturalmente la colpa era scaricata sui super cattivi delle multinazionali che vogliono sfoltire l'Amazzonia per costruire strade, lottizzare terreni, sfruttare il «polmone verde» del pianeta e cacciare gli indios dai loro habitat selvatici. Il cattivo numero 1 sarebbe comunque Jair Bolsonaro, il presidente che secondo gli attivisti verdi copre le malefatte degli squali deforestatori. Il capo dello Stato brasiliano aveva denunciato più volte il sospetto che molti incendi fossero appiccati proprio dai pompieri del pronto intervento ambientalista. Il numero dei focolai è drammaticamente aumentato negli ultimi mesi.Ma a quanto pare il Joker dell'Amazzonia non è Bolsonaro; sono gli stessi che si vantavano di proteggerla. E lo scopo è molto poco onorevole: garantirsi la pioggia planetaria di quattrini. Da tempo la polizia teneva i supereroi sotto controllo. Dalle intercettazioni telefoniche si è scoperto che l'organizzazione aveva un contratto con il Wwf, la più grande e ramificata lobby ambientalista al mondo, a cui vendevano immagini delle operazioni antincendio. La tariffa era di 70.000 reais (circa 15.000 euro) e in cambio il Fondo mondiale per la natura organizzava campagne di raccolta fondi. È arrivato così anche il mezzo milione di dollari uscito dalle tasche di Leo Di Caprio, campione dell'ecologicamente corretto. L'attore, che ha una fondazione a suo nome, d'accordo con l'Alleanza per la terra ha lanciato di recente il Fondo per la foresta amazzonica con una dotazione di 5 milioni di dollari. Una fetta è arrivata anche agli incendiari di Alter do Chão. Sul sito del fondo si legge: «La foresta pluviale amazzonica è in fiamme, con oltre 9.000 incendi che mandano a fuoco paesaggi insostituibili».Era stato il governatore dello Stato di Pará, Helder Barbalho, a chiedere l'intervento di forze speciali a metà settembre. Nelle riserve ambientali si moltiplicavano i roghi, i vigili del fuoco e i gruppi di volontari non riuscivano a domare le fiamme che avevano origine dolosa. Il sindaco di Santarém, Nelio Aguiar, sospettava che i devastatori volessero ricavare terreni da lottizzare e vendere. Sembra proprio che dietro gli incendi ci siano faccende di soldi. Il denaro però non sarebbe destinato agli speculatori edilizi, ma ai finti buoni che approfittano della buona fede di tanti donatori.I responsabili della Psa si sono difesi dicendo che l'inchiesta è una montatura creata ad arte per compiacere Bolsonaro. «Sembra uno scherzo», ha detto in una conferenza stampa il direttore Caetano Scanavino, «manca solo che vadano ad arrestare i volontari che stanno pulendo le chiazze di petrolio sulle spiagge». Sembra quasi di sentire Matteo Renzi, che invece di spiegare come agiva la Fondazione finanziatrice attacca i magistrati che svegliano la gente di buon mattino per eseguire le perquisizioni. La sinistra e i radicali brasiliani hanno addirittura chiesto l'intervento di Amnesty International per tutelare il buon nome del Progetto salute e allegria. «Non si può permettere questa criminalizzazione dei movimenti sociali e delle Ong», ha protestato il partito Socialismo e libertà. È un film già visto dalle nostre parti, quando alcune Ong che raccoglievano i naufraghi nel Mediterraneo sono state accusate dalla magistratura siciliana di avere legami con i trafficanti libici e di sfruttare gli interventi umanitari per accreditarsi con i ricchi benefattori. La reazione fu la stessa: guai a toccare le organizzazioni non governative.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)