2024-10-11
L’ex pm Scarpinato beccato ad «aggiustare» l’audizione in Antimafia di un indagato
Roberto Scarpinato (Imagoeconomica)
La toga in pensione, eletta al Senato con i 5 stelle, è stata intercettata dalla Procura di Caltanissetta mentre concordava domande e risposte con Gioacchino Natoli.A inizio estate, sentito come testimone a Caltanissetta nell’inchiesta per favoreggiamento alla mafia contro due suoi ex colleghi, l’ex pm Roberto Scarpinato aveva già scoperto di essere stato intercettato «casualmente» dai magistrati nisseni. Eppure mercoledì in Aula, il settantaduenne senatore del Movimento 5 stelle si è scatenato contro il tentativo della maggioranza di governo di arginare l’invadenza delle intercettazioni: «È un atto politico con gravi ricadute sulla nostra convivenza civile, un lucido disegno politico per smantellare selettivamente i presidi dello Stato e favorire affaristi spregiudicati e colletti bianchi legati da segreti matrimoni di interessi con le mafie». A mandarlo su tutte le furie il disegno di legge presentato da Pierantonio Zanettin di Forza Italia, che vuole limitare l’uso delle intercettazioni a un periodo massimo di 45 giorni, cui si aggiungono ulteriori limiti all’utilizzo del trojan per i reati contro la pubblica amministrazione. Quando le intercettazioni «casuali» in cui è coinvolto Scarpinato diventeranno di pubblico dominio, il senatore avrà due strade davanti a sé: abbozzare oppure chiedere di far valere le prerogative previste dall’articolo 68 della Costituzione che non consentono atti di indagine invasivi quali perquisizioni e intercettazioni nei confronti dei parlamentari se non previa autorizzazione della Camera d’appartenenza.Ovviamente è difficile immaginare che l’ex toga dalla chioma brizzolata invochi a propria tutela, come ha fatto, per esempio, Matteo Renzi, quelle prerogative che ha sempre avversato, barricandosi dietro al dettato costituzionale. Infatti, l’inquirente della nota indagine Sistemi criminali è da sempre favorevole al più un ampio utilizzo delle intercettazioni senza troppe distinzioni di target o di reati. Ma torniamo alle intercettazioni «casuali» in cui è rimasto invischiato. Si tratta di decine di conversazioni (almeno una trentina) che avrebbe intrattenuto nei mesi scorsi con il settantasettenne Gioacchino Natoli, indagato da inizio anno a Caltanissetta con l’infamante accusa, come detto, di favoreggiamento della mafia insieme con l’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, oggi settantacinquenne presidente del Tribunale del Vaticano. Ricordiamo ai lettori che Natoli, autorevole esponente della sinistra giudiziaria (al pari di Scarpinato), è stato presidente della Corte d’appello di Palermo, vicepresidente dell’Anm in rappresentanza della corrente dei Verdi e pm in processi storici come quello a Giulio Andreotti. Dal 2016 al 2017 (anno del pensionamento) è stato chiamato a fare il capo dipartimento organizzazione giudiziaria del ministero della Giustizia dal Guardasigilli Andrea Orlando. Per come risulta dalle fonti di prova contestate agli indagati nel corso dei loro interrogatori, ma anche al testimone Scarpinato, gli inquirenti nisseni avrebbero registrato conversazioni avvenute tra lo stesso Natoli e Scarpinato nell’imminenza dell’audizione del primo davanti alla commissione Antimafia. Nel corso di tali colloqui i due avrebbero concordato sia le domande che le risposte. I dialoghi tra Natoli e Scarpinato svelerebbero il tentativo di orientare l’indagine di Palazzo San Macuto sulla strage in cui sono stati uccisi Paolo Borsellino e la sua scorta nella direzione, da sempre indicata da Scarpinato, della cosiddetta eversione di destra e nel contempo di convincere la commissione e l’opinione pubblica che la Procura di Palermo, anche nel 1992, abbia assolto ai propri doveri nel migliore dei modi, procedendo pure nei confronti di Cosa nostra palermitana e in particolare dei fedelissimi di Totò Riina, Antonino e Salvatore Buscemi, e del sodale Francesco Bonura, tutti personaggi coinvolti nella famosa indagine dei carabinieri «mafia e appalti». Ci troviamo di fronte a captazioni imbarazzanti che potrebbero mettere in discussione la permanenza di Scarpinato nella commissione Antimafia.Qualcuno potrebbe obiettare che il senatore non era intercettabile, ma nel suo caso si tratterebbe, come detto, di captazioni casuali. Infatti, sarebbero state effettuate da una microspia collocata nello studio di Natoli e avrebbero registrato sia le conversazioni avvenute dal vivo che quelle realizzate tramite Whatsapp. In questo caso le cimici avrebbero registrato solo la voce di Natoli, ma, in considerazione degli argomenti trattati, non è stato difficile decifrare chi fosse il «Roberto» con cui l’indagato aveva parlato più volte della sua audizione. Gli investigatori hanno potuto ascoltare in diretta la febbrile preparazione dell’esame in commissione di Natoli che aveva chiesto di essere sentito per confutare le dichiarazioni rese in quella stessa aula da Lucia Borsellino, figlia del giudice trucidato, e dal marito Fabio Trizzino, i quali avevano criticato la sua attività di pubblico ministero.Anche se gli inquirenti hanno sentito solo una parte dei dialoghi hanno facilmente compreso quale piano stessero preparando i due. Perfettamente riassunto in una frase che più o meno sarebbe stata pronunciata in questi termini: «Tu mi alzi la palla e io la schiaccio». Scarpinato aveva già messo sotto torchio i due coniugi, ma per completare l’opera avrebbe offerto all’amico e collega Natoli la possibilità di declamare una bella arringa difensiva.A Caltanissetta, come detto, sono sotto inchiesta Natoli (assistito dagli avvocati Fabrizio Biondo ed Ettore Zanoni), accusato anche di calunnia, Pignatone (il cui legale è Roberta Pezzano) e il generale della Guardia di finanza Stefano Screpanti (difeso da Roberto Zannotti), all’epoca giovane capitano impegnato nella lotta alle cosche. A far scattare l’accusa di favoreggiamento è principalmente un ordine di smagnetizzazione delle bobine con le intercettazioni registrate in un filone dell’inchiesta mafia e appalti che riguardava i fratelli Buscemi e Bonura. Un documento datato 25 giugno 1992 e firmato dall’allora sostituto procuratore Natoli, in cui figura un’aggiunta a penna che dispone anche «la distruzione dei brogliacci», frase che secondo gli inquirenti sarebbe stata vergata da Pignatone, la cui famiglia, nel 1980, aveva acquistato una ventina di immobili, tra appartamenti, garage e ripostigli proprio dai Buscemi e da Bonura.Per i pm nisseni l’allora procuratore di Palermo Pietro Giammanco (defunto nel 2018), Pignatone (i due sono considerati gli «istigatori del disegno criminoso»), Natoli e Screpanti avrebbero condotto «indagini apparenti» riducendo all’osso il numero delle captazioni e i target. Ma il tentativo di insabbiamento sarebbe fallito. Infatti, l’ordine di Natoli di smagnetizzare i nastri non venne eseguito. Al contrario la maggior parte dei brogliacci non è stata trovata né nel fascicolo della Procura, né in quello della Guardia di finanza.Le poche intercettazioni effettuate avrebbero, comunque, prodotto notevoli risultati (per ora i magistrati nisseni hanno ascoltato circa la metà delle 120 bobine recuperate) che non giustificavano la richiesta di archiviazione del fascicolo, né la distruzione delle captazioni e dei loro riassunti. Adesso bisognerà capire quando Caltanissetta completerà le indagini e depositerà gli atti. La conclusione delle investigazioni non dovrebbe arrivare prima del 2025, ma la commissione Antimafia potrebbe essere informata prima delle manovre di Scarpinato e Natoli. Quando ciò avverrà si porrà anche per il senatore grillino come è accaduto per Federico Cafiero de Raho, nel caso dei dossieraggi contestati al tenente delle Fiamme gialle Pasquale Striano, la questione dell’opportunità della sua permanenza nell’organismo bicamerale di Palazzo San Macuto. Dalle audizioni davanti all’Antimafia emerge da parte di Scarpinato una certa ostilità nei confronti di Lucia Borsellino e del marito Trizzino interrogati con veemenza da Scarpinato nel corso delle audizioni in commissione Antimafia con il risultato di metterli in cattiva luce quando sostengono che l’indagine mafia e appalti dei carabinieri del Ros possa avere costituito un possibile movente dell’omicidio del giudice.In quel momento non è noto che Natoli e Pignatone siano indagati e intercettati, ma la famiglia del magistrato trucidato vuole far conoscere al mondo il documento che ha portato all’incriminazione dei due ex magistrati, ovvero l’ordine di distruzione di bobine e brogliacci raccolti nella costola dell’inchiesta mafia e appalti.Il 7 ottobre 2023 Scarpinato incalza i coniugi, ammettendo in apertura un evidente conflitto di interessi: «Per quanto riguarda l’avvocato Trizzino faccio una premessa. Io non farò alcuna domanda sulle parti della dichiarazione dell’avvocato Trizzino nelle quali ha fatto riferimento alla mia persona, questo per ragioni di eleganza istituzionale». Quindi il senatore definisce le affermazioni del legale «in più punti inesatte».A questo punto inizia una requisitoria lunga venti minuti a cui la presidente della commissione Chiara Colosimo prova a porre un argine: «Senatore, chiedo scusa, io non sono intervenuta fino ad ora perché devo rispetto e tempo a tutti, però sono venti minuti che lei interviene...». Scarpinato obietta: «Su cinque ore di esposizione». E poi aggiunge: «Se mi vuole togliere la parola...». La Colosimo replica: «Qui non siamo in un’aula di tribunale, questo non è un controesame di un teste, lo dico a me stessa perché lo capiscano tutti, anche chi ci ascolta fuori. Quelle che vanno fatte qui sono domande che servono per ricostruire la storia, non per legittimare o meno alcune posizioni».Scarpinato non smette di portare avanti la propria missione, ma l’1 febbraio 2024, quando Natoli si sottopone all’esame della commissione, è molto più conciso e si limita a fare l’assist per il collega in difficoltà: «Signor presidente, ho alcune domande molto sintetiche» anticipa. Poi snocciola quattro quesiti che puntano a smentire i famigliari di Borsellino e in particolare a far confermare a Natoli che il magistrato ucciso avesse condiviso la decisione di chiedere l’archiviazione del procedimento mafia e appalti, istanza firmata dallo stesso Scarpinato, oltre che dal procuratore Giammanco e dal collega Guido Lo Forte.Segue una riposta di circa sei pagine di resoconto stenografico, inframezzata da un paio di interventi della Colosimo e da un’ulteriore domanda di Scarpinato. Tutti quesiti che hanno consentito a Natoli di difendersi sul velluto. Ma né lui, né l’amico Scarpinato immaginavano di essere intercettati mentre organizzavano la messinscena. Un contrappasso beffardo per il campione di quel movimento che gridava in piazza «Intercettateci tutti».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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