2025-09-21
Augias, il professorino che fa il pm contro la destra
Corrado Augias (Imagoeconomica)
Il giornalista si considera il fustigatore dei «barbari», cioè di quelli che non votano il Pd. Ma con sé stesso è indulgente. Per esempio sui suoi vecchi rapporti con una spia cecoslovacca. O sulle pagine di un suo saggio che ricalcavano alla lettera quelle di un altro libro.Cognome e nome: Augias Corrado. Negli anni Ottanta cultore dell’illusoria tv-verità con Telefono Giallo, programma della Rai, in cui entrò nel 1960 (addirittura prima di Bruno Vespa, e ho detto tutto).Tornato in video su La7, arzillo 90enne, lunedì 15 settembre con La torre di Babele.Tema: San Francesco. Ospite deluxe: Aldo Cazzullo, vicedirettore ad personam del Corriere della Sera.Per il quale Augias ha intonato un suo Cantico delle Creature: «Ha scritto un bel libro sull’argomento», Francesco. Il primo italiano (HarperCollins, 2025, in uscita, oh felice coincidenza, il 16 settembre).Dove l’ha detto? Incidentalmente sul Corriere, domenica 14, in un’intervista firmata da Roberta Scorranese.In una deliziosa atmosfera da «compagnucci della parrocchietta», di cui non mi scandalizzo affatto, essendo io uomo di mondo (perdindirindina, ho fatto il militare a Como).Augias va in onda infatti su La7 di Urbano Cairo. Incidentalmente, editore del Corriere.Esordio appunto impreziosito dalla presenza di Cazzullo, scrittore di best-seller, incidentalmente volto de La7 (sempre incidentalmente, sul Corriere di lunedì 15 ecco una sua chiacchierata, di una pagina, con Lilli «Rottenmeier» Gruber per la ripartenza di Ottoemezzo, sempre su La7, Lilli che poi l’ha invitato in trasmissione l’altro ieri, venerdì 19: cortesie per gli ospiti).Cazzullo (con Tommaso Labate) aveva incidentalmente intervistato Augias lo scorso gennaio, in occasione del compleanno del giornalista.Tra l’altro: si rileva una sovrapposizione piuttosto curiosa.Ultime tre domande a Augias, 26 gennaio: «L’aldilà come lo vede?». «La morte le fa paura?». E a chiudere (dopo che il sempre vigile Corrado aveva spiegato di aver «fatto compagnia a un grande amico, che a un certo punto s’è stancato e ha detto basta. Con la moglie hanno chiamato un certo medico, una certa forte dose di morfina», e via): «Lei se ne dispiacque, della scelta del suo amico?». Risposta: «Non temo la morte, temo il morire. Infatti ho chiesto alla moglie del mio amico il cellulare di quel medico».Ultime due di Scorranese, 14 settembre: «Che cosa le fa paura oggi?». Risposta: «Di certo non la morte». Replica della giornalista: che sia «una buona morte, però». Controreplica finale, in fotocopia: «Un grandissimo collega di cui non farò il nome era molto malato, fece venire a casa il medico e si fece iniettare una doppia dose di morfina. Bene: io ho nome e numero di quel medico».Embé? Che c’è di male? Nulla. Nulla è più inedito dell’edito. Con colleghi che si tirano la volata, fanno squadra, in odore di soffritto d’interessi. Anche se io mi ricordo di quali e quanti alti lai si alzavano dalle parti dei buoni, bravi & belli, quando le famigerate sinergie scattavano ad Arcore e dintorni, tra Il Giornale e le tv Mediaset, ideate dal vituperato Silvio Berlusconi, da cui Cairo è andato a bottega quando aveva i calzoni corti, dimostrandosi allievo talentuoso (capìto che una fetta di telespettatori è rimasta orfana di Rai3, ha posizionato La7 in modo da accaparrarsela: un’azzeccata mossa di marketing, come quella di offrire una exit strategy da viale Mazzini a Sigfrido Ranucci e a Report).Nella precedente stagione, il talk del lunedì di Augias non è stato un flop.Così contraddicendo (o confermando?) quanto spiegava nel 2018 a Quelli che il calcio l’Augias imitato dall’ottimo Ubaldo Pantani, con tanto di pluralis maiestatis: «Siamo partiti da una domanda molto semplice: è possibile fare cultura in tv annoiando? Noi pensiamo di sì».Perché tutto si può dire di Augias, tranne che non sia composto, educato, con un eloquio chiaro e al tempo stesso forbito, aria tra il lezioso e lo ieratico nel dispensare le sue perline di saggezza. Condite talvolta con qualche postumo calcio negli stinchi, perché «un vecchio come me deve avere il coraggio di dire anche altro».Eugenio Scalfari: «Ero corrispondente a New York, per L’Espresso e poi per Repubblica, ma volevo rientrare in Italia. Lo dissi a Eugenio, e lui: torna, e siederai alla mia destra». E invece nisba: «Chiusi l’ufficio in America, ma io alla sua destra non mi sono mai seduto».Pier Paolo Pasolini: «È morto tragicamente, quello è stato il suo grande lascito, la sua potenza ancora attuale». Ahpperò. Ma: e le sue opere, la sua produzione cine-letteraria? Boh.E comunque: «Una volta in un articolo lo presi in giro affettuosamente per le sue performance calcistiche. Da allora ai comizi del Pci mi salutava freddamente», Pier Paolo Permalosini.Alberto Moravia: «Lo scrittore più sopravvalutato». Ciumbia, e perché? «Ha scritto romanzi importantissimi. Il problema è che poi “si è messo a fare lo scrittore”, aveva una routine di lavoro che è diventata reiterazione», e il Franti che è in me è andato con la mente, ma non so perché, a Antonio Scurati, Roberto Saviano, la scomparsa Michela Murgia. Sua compagna di viaggio in un programma, ma non per sua scelta: «Quando Daria Bignardi (direttora di Rai3, ndr) mi affidò una trasmissione, Quante storie, inserì anche Murgia, con uno spazio dedicato ai libri. Non avevamo un buon rapporto».E chissà come è evoluto quello con Concita De Gregorio, che nel 2019 scrisse su Repubblica: «In Rai quando ho preso il posto e poi l’ho di nuovo ceduto a chi mi ha preceduta e seguita nel medesimo orario, sulla medesima rete, nel medesimo compito ho avuto un ingaggio inferiore della quarta parte di quello del mio omologo. La metà della metà». Ohibò. Su chi si stava inzigando? Ma proprio su Augias, suo vicino di rubrica, anche se l’outing l’hanno fatto quei mascalzoni di Dagospia: «Concita mena ma non cita. Lei il nome di Corradone non lo fa, ma per fortuna ci siamo noi» (in quell’anno Augias percepiva un cachet di 370.000 euro annui lordi, «un compenso forse addirittura sottodimensionato», forse!, s’inalberò con chi gli faceva notare che non erano proprio bruscolini, tanto più pagati da quella Rai che, vergogna!, lo costringerà nel 2023 ad accasarsi chez Cairo). Intendiamoci: talvolta con Augias si può perfino convenire. Lunedì 15 in tv (su quale rete? Bravi: sempre quella) spiegava a un conduttore piuttosto basito: «Gli attivisti della flottiglia verso Gaza, per carità: animati dalle migliori intenzioni, non capisco che cosa vadano a fare», andando in scia di Lucio Caracciolo, direttore di Limes, che s’interrogava su «l’effetto pratico di tale operazione».E a proposito di iniziative simboliche, va ricordato che Augias, indignato per il caso di Giulio Regeni, ha coerentemente restituito la Legion d’Onore quando la stessa onorificenza la Francia l’ha assegnata ad Al Sisi, il capo di Stato egiziano, riconoscendo tuttavia le ragioni della realpolitik: «Noi interrompiamo tutti i rapporti con l’Egitto, richiamiamo l’ambasciatore, va bene. È quello che la legge morale, direbbe Antigone, obbliga a fare. Noi andiamo via, dopo 48 ore quello che avevamo noi viene sostituito da francesi, inglesi e tedeschi. A che sarà servito il nostro gesto?».Ma il meglio di sé - ovvero: il peggio, l’atteggiamento sussiegoso - lo sfoggia quando si erge a pm contro la destra. In sostanza: la parte peggiore del Paese, come ha lasciato intendere in Breviario per un confuso presente (Einaudi, 2020), trascrivendo parte della poesia Alla mia nazione proprio di Pasolini: l’Italia? Una «terra di corrotti, prefetti codini, avvocatucci unti di brillantina e piedi sporchi», massì, facciamo vedere che abbondiamo. I destri, da soli o in compagnia del M5s di Luigi di Maio, epoca: primo governo di Giuseppe Conte, 2018? «Bruti, privi di cultura e di storia, non sanno nemmeno cos’è lo stato di diritto».Per specificare nel 2020: «barbari», ma non nel senso di «essere primitivi, con i capelli irsuti, coperti di pelli», e menomale, bensì una stirpe «che sprigiona un’energia barbarica, che si può permettere cose che chi è educato alla politica non può fare», cioè? Ariboh.Alle solite: «noi» sappiamo stare a tavola, «gli altri» sono brutti, sporchi e cattivi.Del resto, al Corriere che curiosava: «Per chi ha votato l’ultima volta?», ha regalato un assioma: «Per il Pd. Come tutti».Come tutti?!? Implacabile fustigatore dei «selvaggi» in politica, è più indulgente con sé stesso.Le «blande frequentazioni» - le definì così una volta, sorvolando con la consueta signorilità - con spie o fiancheggiatori della «rossa» Cecoslovacchia, oggi le declassa ad «equivoco»: «Strinsi amicizia con un mascalzone, vero agente di Praga, che per restare a Roma disse ai suoi che aveva ingaggiato me. Peccato che io non ne sapessi nulla».Nel 2009 ci fu la querelle sul volume Disputa su Dio e dintorni, scritto con il teologo Vito Mancuso, in cui le conclusioni di Augias ricalcavano quasi alla lettera quelle di Edward Osborne Wilson nel suo saggio La Creazione. Augias non fece un plissè: «Mi sono avvalso di numerose testimonianze, dalle Confessioni di Sant’Agostino a Internet, citando la fonte ogni volta che è stato possibile», e ciccia. Mancuso fu invece più tranchant: «Sono amareggiato, completamente sbalordito, non capisco come sia potuta accadere una cosa del genere». Già. Un mistero della fede. O da Telefono Giallo.