2025-07-27
Il lagnoso «recluso» che vive in tv e nei teatri
«Io esisto per quello che rappresento, non per quello sono», si lamenta Roberto Saviano. Ma chi lo avrebbe condannato a un’esistenza da «prigioniero», se non la sua narcisistica ambizione di sgominare le tenebre? E intanto, comunque, gira l’Italia col suo spettacolo.Cognome e nome: Saviano Roberto. Professione: Saviano. «Credo con Louis-Ferdinand Céline che non ci siano che solo due modi di fare letteratura: farla o costruire spilli per incu.... le mosche. Mi sono sempre giurato di non voler incu.... le mosche».Walter Siti: «Difendere la letteratura non è meno importante che difendere i migranti», incipit fulminante di un saggio critico sul Saviano scrittore, Preghiere esaudite. Saviano e l’abdicazione della letteratura, per la rivista L’Età del ferro. Riflessione poi sviluppata da Siti in Contro l’impegno - Riflessioni sul Bene in letteratura, Rizzoli 2021.Saviano il Martire, soprannome come da prassi nella redazione della rivista Nuovi Argomenti, con Alessandro Piperno, Mario Desiati, Leonardo Colombati: ciascuno doveva averne uno.Il Gomorride: autore di un bestseller planetario, Gomorra (Mondadori, 2006), tradotto in tutto il mondo, con milioni di copie vendute.Sotto scorta dall’ottobre 2006, ma non per aver scalato le classifiche di vendita. Per aver chiamato - il 23 settembre a Casal di Principe, su un palco accanto a Fausto Bertinotti - i padrini per nome: «Non valete niente, ve ne dovete andare da qui».Non un inedito, l’attacco in piazza. Il 21 febbraio 1981, all’hotel Jolly di Avellino, Enzo Tortora presentò un libro bianco che denunciava le famiglie camorriste che stavano cercando di mettere le mani sugli appalti del post terremoto in Irpinia.Ma, per dire, a Caivano Saviano non è mai andato, perché non è un modello di contrasto al crimine organizzato: «Solo un po’ di ordine pubblico. Il sistema della camorra è intatto».Ovvero: propaganda pro Giorgia Meloni.Sbagli, «caro fratello Roberto», lo ha rimproverato don Maurizio Patriciello: «Sono passati quasi 20 anni da quando, sconosciuto giornalista, venisti al Parco Verde per scrivere dell’omicidio di un nostro ragazzo di 15 anni. Da allora ti ho invitato tante volte, per dare voce alle nostre voci, ma tu non sei più tornato. Anche tu, come tanti - troppi, a dire il vero - cadi nella trappola della facile diagnosi. Abbiamo bisogno di un samaritano buono che ci tenda una mano, non di profeti di sventura che, da lontano, emettono sentenze».Giuliano Ferrara, 2012: «Saviano è uno che non ha mai detto nulla di interessante, non ha un’idea in croce, scrive male e banale, parla come una macchinetta sputasentenze, brancola nel buio di un generico civismo. Non sa fare niente e va su tutto, è di un grigiore penoso, i madonnari che lo portano in processione dalla mattina alla sera gli hanno fatto un danno umano, civile, culturale e professionale quasi bestiale. Credo che le premesse fossero genuine, è l’esplosione che si è rivelata di un’atroce fumosità» (ho come il dubbio che l’Elefantino non straveda per lui).Saviano il Simbolo. Lui non ci sta: «La cosa peggiore che può succedere a uno scrittore è diventare tale. Io esisto per quello che rappresento, non per quello che sono», si è rammaricato con Aldo Cazzullo (Corriere della sera, 4 maggio scorso). Però, di grazia: l’emblema Saviano chi l’ha edificato se non lui medesimo?Chi lo ha consegnato a una realtà da «recluso», da «sepolto vivo», se non il nobile intento, o l’ambizione, di sgominare le tenebre, fare opera di verità, ricercare la giustizia, con un’overdose di narcisistico autocompiacimento, che si traduce in un permanente presenzialismo nel dibattito pubblico come tribuno di sé stesso?La sua esistenza blindata, da Vigilato Speciale (nessuna ironia: sono sempre stato favorevole a far scortare chi sia anche solo lontanamente bersaglio di comprovate minacce), non impedisce tuttavia una continua epifania di sé.Ora calca i palcoscenici con un nuovo monologo, L’amore mio non muore, tratto dal suo libro best-seller su Rossella Casini, vittima della ’ndrangheta.Con blitz a sorpresa, per ragioni di sicurezza?No: con performance annunciate, con location e date, sul Web.«Mi hanno rubato la vita», si è addolorato ai microfoni Rai prima di salire sul palco del teatro Marmolada di Canazei il 19 luglio, ribadendo quanto detto il 14 luglio, dopo la sentenza d’appello che ha confermato le condanne a un anno e mezzo di carcere per il capoclan camorrista Francesco Bidognetti - già detenuto in regime di carcere duro dal 1993 - e a un anno e due mesi per il suo legale Michele Santonastaso, per le minacce di morte rivolte allo stesso Saviano 16 anni prima (perché poi tali feroci avvertimenti siano stati sanzionati con quelle pene piuttosto modeste - cui Saviano ha reagito commuovendosi a tal punto che a una mia autorevole fonte partenopea, persona ammodo, tifosa del Napoli, dichiaratamente di sinistra, ha infierito inviandomi via Whatsapp un video, che conservo, con feroce didascalia: «Livello di recitazione: attaccante juventino caduto in area di rigore avversaria», un pianto greco, o lacrime napulitane, come da sceneggiata di Mario Merola - sarebbe un capitolo da scandagliare a parte).In autunno lo vedrete poi su La7. Urbano Cairo, padre-padrone della tv (e del Corriere della Sera, cui Saviano è passato chiudendo la collaborazione con Repubblica) ha infatti annunciato che lo scrittore sarà il conduttore de La giusta distanza, sei puntate di «racconti di mafia, storie vere, boss e vittime, criminalità e società, mica il solito talk da studio televisivo», genere che peraltro costituisce l’ossatura del palinsesto della sua rete. Teatro, tv. Eppure, sempre a Cazzullo: «Ho sprecato la mia vita e mi manca l’amore. Ho pensato al suicidio, a volte vorrei sparire. Credevo mi avrebbero ammazzato, ho continue crisi di panico. È come se essere vivo fosse una colpa». Anche qui: non proprio un’esclusiva. Nel 2014 confessò infatti allo spagnolo El Pais: «Me he arruinado la vida», mi sono rovinato la vita (aridanga). Chiarendo: «Sono stato impetuoso, ambizioso. A volte mi domando se finirò in un ospedale psichiatrico. Sul serio. Già adesso ho bisogno di psicofarmaci per tirare avanti e non era mai accaduto prima». Valeva la pena pagare un sì alto prezzo? «No. Vale la pena cercare la verità (sempre ieratico) e arrivare fino in fondo, ma proteggendoti. Il mio dramma interiore è: avrei potuto aver fatto tutto questo ma senza mettere a rischio tutto». Per sua fortuna la depressione non l’ha schiacciato completamente. Da allora ha infatti firmato sei romanzi, due saggi, cinque storie a fumetti (una autobiografica, Sono ancora vivo, quattro come Le storie della paranza), un mediometraggio sulla sua vita, con la regia di Pif. E poi: soggetto, ideazione e sceneggiatura del film La paranza dei bambini, il soggetto del film L’immortale e della serie tv dal suo ZeroZeroZero, la collaborazione alla realizzazione del dramma Sanghenapule (al Piccolo Teatro di Milano), la conduzione di una trasmissione per due stagioni, 2017-2018, su Nove, di un’altra per due stagioni, 2022 e 2024, su Rai3 (nella vituperata Tele-Meloni, e vabbè). E ancora: partecipazioni a festival, rassegne e talk show, nonché la visita in Vaticano del 2022...Insomma: non proprio un Silvio Pellico, dimenticato da Dio e dagli uomini, segregato nella fortezza dello Spielberg, semmai una persona che ha trovato il modo di convivere, almeno dal punto di vista lavorativo, con il suo disagio. Come da lui stesso ammesso con l’Unità nel 2013: «Paradossalmente la mia visibilità e i miei impegni pubblici mi garantiscono quel poco di libertà di movimento che altrimenti non avrei. Altrimenti, come molti altri nel nostro Paese, vivrei solo rinchiuso o controllato».Sul Riformista nel 2011 mi permisi di metterlo in guardia: «Qualcuno salvi il soldato Saviano. Perché si sta buttando via. Qualunque sia la buona causa per cui ci si deve mobilitare, Saviano c’è: si tratti di camorra, della fame nel mondo, dell’allarme atomico, dell’avvicendamento alla guida del Sole24 Ore - ha fatto un comunicato pro Gianni Riotta, direttore uscente, prendendosi le bacchettate di Marco Travaglio sulla prima pagina del Fatto - apparendo financo sulla copertina di Wired con il tricolore in mano, titolo Qui si rifà l’Italia».La sovraesposizione mediatica lo avrebbe infatti spinto a considerarsi un oracolo, un intoccabile a prescindere, un totem davanti al quale genuflettersi. Con il rischio di finire perculato. Come accadde con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu sul palco di Sanremo che lo dipinsero come profeta dell’ovvio, chiamandolo «il pelatone», quello che per esprimere concetti scontati impiega una vita: «“In Campania (pausa cronometrata di 20 secondi, il video è su YouTube, ndr) c’è la camorra”...lo sappiamo!».Per non parlare di Checco Zalone, un clone perfino nella mimica: «Ho chiesto di uscire a Lucia, Teresa, Linda, mi hanno risposto: no! Perché ve lo racconto? Perché oggi vorrei parlarvi del problema dei rifiuti a Napoli» (boato del pubblico pagante). Saviano, in questa Italia così scadente, così moralmente non redimibile, non è mai stato bene, si è sempre sentito straniero in patria. Un extraterrestre.Il fatto è che passare da incarnare un alieno a personificare il Marziano a Roma di Ennio Flaiano è un attimo.
Jose Mourinho (Getty Images)