2020-05-14
Regole assurde e in ritardo. Molti ristoranti non riapriranno
Un ristorante chiuso in Corso Como a Milano (Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
Avranno tre giorni per riaprire adeguandosi a norme cervellotiche. Gli incassi precipiteranno, però a Palazzo Chigi non interessa ascoltare i loro suggerimenti.Molti ristoranti, dunque, aprono lunedì. E così molti altri esercizi commerciali. Nel frattempo un gruppo di cervelli, a Roma, probabilmente con lampadina in testa come Archimede Pitagorico, sta scrivendo le regole che devono rispettare per poter riaprire i battenti. Devono essere in pochi, perché oggi è giovedì e, forse, le regole definitive saranno pronte domani, venerdì. Tre giorni per adeguarsi. Ma vi pare una cosa possibile? Ma vi pare che si possa trattare una categoria così importante in questo modo? In Italia ci sono 112.000 ristoranti e 335.000 attività varie di ristorazione. Se, per ipotesi, calcoliamo cinque persone ad azienda ci avviciniamo a quasi 2 milioni e mezzo di lavoratori. Ora, come si può, in tutto questo tempo non avere pensato di ascoltare i rappresentanti di questa categoria? Eppure è successo. Lino Stoppani, presidente della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), lo ha denunciato chiaramente. Perché di denuncia si tratta, di inadempienza, non legata a un obbligo, ma a una normale norma di buonsenso, di praticità. Come si fa a studiare delle norme in astratto, senza conoscere la vita quotidiana, i problemi, le opportunità, i ritmi di una attività economica? In base a cosa vengono decisi i metri, la disposizione dei tavoli e delle sedie, le varie strutture di prevenzione del contagio? Una volta stabilite - infatti - le precondizioni per l'apertura (in sede di comitati scientifici vari), prima di affidare all'Inail la redazione delle norme, non si poteva confrontarsi con i ristoratori stessi per capire come fare? Con tutto il rispetto, secondo voi, ha più creatività - in questo settore come in altri - un funzionario, un professore, un politico, un tecnico o un ristoratore? Certamente quest'ultimo, risponderete, anche se non siete ristoratori, perché la vostra risposta è dettata dalla conoscenza della vita, niente di più e niente di meno. Riepilogando. Se mi costringi a chiudere mi devi aiutare in qualche modo, cosa che non è successa. Ah no, e successa: 600 euro per marzo. Se mi costringi a riaprire rispettando delle regole, mi devi ascoltare per concordare insieme le regole, perché tu non conosci la mia attività. I rappresentati dei ristoratori hanno calcolato che i coperti giornalieri passeranno da 7 milioni a 2 milioni e 800.000. Sono misure insostenibili. Molti di loro non riapriranno, se riapriranno chiuderanno a breve. Quanti resisteranno? Poi non vengano a parlare dell'importanza del turismo (anche se solo interno) perché se parte la pernacchia - o con la lingua in fuori o premendo sulla bocca il dorso o il palmo della mano (in questi tempi di comitati è bene essere precisi) - non ci sarà possibilità di replica. Una parte di ristoratori milanesi - che sono 11.000 - sta protraendo una protesta con l'hashtag #seapriamofalliamo. Sono un gruppo di irresponsabili? Gente che lotta contro il governo? Dei pericolosi attentatori al clima di melassa nazionale che circonda il governo e il suo presidente Conte, che magari comincia pure a crederci? No, è gente che sta dicendo che avendo sulle spalle quasi tutte le spese di prima non può farcela con un quinto del fatturato di prima. Sarebbe ora che il governo mettesse su un comitato di confronto con questa categoria - e altre - per capire cosa possono fare, e come lo possono fare, semplicemente per sopravvivere. Hanno aggiunto 11 figure femminili pochi giorni fa ai comitati. Bene per le quote rosa. Se non si sbrigano a sentire queste categoria tra poco avremo le quote nere, il colore della morte, anche se si tratta di imprese. Dopo che faranno, avendo tempo libero andranno tutti in monopattino per le vie di Milano e dell'Italia?