2019-08-27
Riposare è un lavoro. Chi lo dimentica perde la sua vita
L'alternanza frenetica tra giorni feriali e weekend impegnati ha fatto smarrire il significato cristiano del ristoro dalle fatiche.L'esperienza del riposo è, paradossalmente, un'esperienza difficile da vivere in modo equilibrato e sano. Siamo infatti assediati da molte attività. Sembra che non ci debba essere posto per il riposo. I giorni tradizionalmente assegnati al riposo, quelli che sono oggi chiamati con termine laico weekend, e che nella tradizione cristiana sono piuttosto l'inizio della settimana, costituiscono in realtà un tempo di grande occupazione a causa delle attività sportive dei figli o del rito delle spese nei supermercati. Come uscire da questa difficoltà? Innanzitutto occorre prendere coscienza del significato e del posto del riposo della nostra vita. In secondo luogo occorre mettere in atto tutto ciò che serve per custodirlo e per viverlo nella sua giusta dimensione. Dalla tradizione giudaica riceviamo un duplice significato del riposo identificato con lo Shabbat. Uno riguarda il presente, l'altro si protende dal presente verso il futuro. Per quanto riguarda il presente: mentre per i greci e per i romani le modalità di lavoro e di riposo erano diversificate a seconda delle classi sociali, per il mondo giudaico cristiano lavoro e riposo identificano il ritmo costante unitario della vita, il ritmo di ogni giornata. Quel ritmo ci è stato consegnato da Dio con l'alternarsi del giorno e della notte ed è entrato profondamente a costituire la nostra stessa struttura psicosomatica. Il nostro corpo, la nostra mente, il nostro cuore hanno bisogno di lavoro e di riposo, in una sintesi equilibrata che realizzi quasi un penetrare dell'uno nell'altro. Non c'è lavoro vero che non sia anche, in una certa misura, riposo. Se il lavoro è solo fatica e dispendio di energie, finirà per schiacciarci. Allo stesso modo non esiste autentico riposo che non sia anche un po' lavoro. Il riposo non è mai, infatti, pura evasione, ma è propriamente ricreazione, rigenerazione del corpo e dello spirito. Essa può avvenire, per esempio, attraverso una passeggiata, una lettura, un tempo di silenzio, di ascolto della musica, una conversazione, e quindi attraverso un tempo di lavoro vissuto in un modo diverso dal solito. Un'occupazione può essere ricreazione nella misura in cui ci pone in modo gratuito di fronte alla realtà. Affinché questa mirabile sintesi, sempre in equilibrio precario, possa realizzarsi, dobbiamo dedicare dei momenti fissi al riposo durante l'arco del nostro anno, del nostro mese, della nostra settimana, della nostra giornata.La periodizzazione del tempo secondo le necessità del riposo è stata uno dei più grandi doni che giudaismo e cristianesimo hanno fatto alla vita dell'uomo e che, dal nostro Occidente, si è estesa poi in gran parte del mondo. Non tutti i Paesi ancora conoscono il riposo settimanale, a dimostrazione di quanto rivoluzionaria sia stata questa visione del tempo portato dei nostri padri. Ritagliarsi dei momenti di preghiera è un grande aiuto a riposo. Essa, infatti, se vissuta coscientemente, impone dei tempi di distacco dal lavoro. Ovviamente la preghiera è anche un lavoro. Ma più profondamente essa e opus dei, un'azione gratuita che ha la sua origine in Dio. E il contatto con Dio ci dona pace, ci concede energie nuove. Ci consente di rientrare nella lotta quotidiana più forti di prima. [...]Il ritmo settimanale del riposo deve prendere almeno una giornata alla settimana interamente dedicata al distacco dalle normali occupazioni di lavoro, un tempo di rigenerazione. Questa giornata forse non sempre potrà essere realizzata, ma deve costituire un ideale sempre presente, un punto di tensione che riveli gli aspetti critici della nostra settimana. Naturalmente tutte queste considerazioni hanno un peso differente nelle diverse età della vita. Ci sono età dello spirito in cui queste indicazioni devono essere seguite il più letteralmente possibile. In altri tempi, nella maturità e nella vecchiaia, lo spirito acquisirà un'attenzione quasi naturale ai bisogni del riposo e più facilmente corrisponderà a un ritmo equilibrato dell'esistenza, correggendo spesso il tiro dopo periodi troppo intensi o troppo rilassanti. […] Occorre allora domandarci: chi e che cosa cerchiamo nel riposo? Che cosa cerco quando apro un libro, quando vedo un film, quando parlo con un amico, quando pratico uno sport? Dobbiamo allenarci a rispondere con sincerità a queste domande. Non per cancellare i desideri, ma per mutarne a poco a poco lo scopo ultimo o, meglio, per allargarne lo scopo. Dietro o dentro ogni desiderio sta un'implicita e, spesso, sfuocata attesa di Cristo, che non sappiamo o non vogliamo che venga a galla perché temiamo che Cristo sia un appagamento troppo lontano dai nostri desideri.[...] Il dono del riposo è tutt'altro che un dono secondario. Esso pone in questione tutto l'ordine della nostra esistenza. È un anticipo di quella Requiem aeternam che invochiamo per i nostri morti, e che è niente altro che il riposo in Dio, la casa definitiva nella comunione con i santi, che tutti aspettiamo.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)