2019-08-17
Rinnegati tutti i porti chiusi. Conte si rifà la verginità per il governo dell’invasione
Il premier che ieri elogiava «l'85% di sbarchi in meno» adesso attacca l'«ossessione» di Matteo Salvini. Il cambio di rotta clamoroso, benedetto dal Colle, serve a convincere i dem.«I dati parlano chiaro: 80-85 per cento degli sbarchi in meno». Attenzione: chi è che sta parlando? Chi è che rivendica il pugno duro contro i trafficanti? Chi è che si inorgoglisce per «il nostro approccio molto rigoroso» sul fronte immigrazione? Chi è che dice che «aver preso di petto la questione nasce da un atteggiamento di responsabilità»? Il solito Matteo Salvini «ossessionato» dal blocco dei porti? Il ministro dell'Interno vittima di «foga politica» e «ansia di comunicare»? Sbagliato. Si tratta del premier Giuseppe Conte. Proprio lui. Solo pochi mesi fa. «Si può dire che siamo fascisti o razzisti», diceva. «Ma a noi interessa la soluzione del problema». E il problema è stata risolto, eccome. O almeno ci si è avviati sulla buona strada. «Abbiamo evitato che il Mediterraneo diventasse il cimitero degli immigrati. E abbiamo costretto l'Europa a una svolta». Come a dire: siamo stati proprio bravi a fare la faccia dura, altrimenti non avremmo risolto niente. E tutto sarebbe rimasto come ai tempi tragici, quelli di Alfano ministro e del governo con il Pd… E allora come mai adesso il premier Conte ha cambiato idea? Come mai quelle parole, che sembravano quasi pronunciate al Papeete Beach con il mojito in mano, vengono seppellite come fossero una vergogna? Come mai dalla rivendicazione dei risultati ottenuti con Salvini si è passati a sbattere in faccia a Salvini l'accusa di «ossessione»? Come mai quello che era «un approccio molto rigoroso» è diventato «foga politica» e «ansia di comunicare»? Come mai dalla condivisione delle scelte sull'immigrazione si è passati all'accusa di «slealtà»? Come mai il premier che diceva «mi assumo tutta la responsabilità politica sulla Diciotti», ora quella responsabilità la scarica sul suo vicepremier? Come mai il capo del governo che ha sottoscritto i decreti e le prese di posizione, dalla Sea Watch alla Sea Eyes, passando per la Mediterranea di Luca Casarini, l'Alan Kurdi e la beata Carola degli speronamenti, all'improvviso prende le distanze in modo così smaccato? Come mai il Presidente del Consiglio che al G20 in Argentina si faceva bello spiegando a Donald Trump i risultati della politica italiana contro l'immigrazione, adesso trova che tutto ciò abbia fatto un filino schifo? Forse perché è passato di moda? Perché il rigore non si porta più? Stona con la pochette e l'abito blu?Difficile da credere. Anche perché c'è solo un motivo che può giustificare una simile giravolta, c'è solo una ragione che porta un politico a staccarsi così dalle sue recenti dichiarazioni: è la ragione è rimanere attaccato a qualcosa di più importante che le proprie idee. E cioè la propria poltrona. A seguire le capriole di Giuseppe Conte, dunque, non può non venire il sospetto che egli stia manovrando per rimanere a Palazzo Chigi, sostenuto da una maggioranza diversa. Con la benedizione dell'Europa e del Quirinale, ovviamente. Da avvocato del popolo a avvocato dell'establishment, il passo è breve, in fondo. E si compie inevitabilmente rinnegando quella che è stata la bandiera più evidente e più clamorosa del governo populista: la lotta all'immigrazione, per l'appunto. «Io non c'entro», sembra dire il premier. Come volesse rifarsi in tutta fretta la verginità perduta, convertito sulla strada di Lampedusa, dopo la lettura del vangelo dell'apostolo Saviano, di san Gino Strada e dei profeti delle Ong.Non è un caso se nel medesimo messaggio al suo vicepremier, dove lo rimprovera di essere mosso da sentimenti cattivi e ansia di comunicazione, oltre che da chiara slealtà, cita anche, in contrapposizione, il comportamento responsabile degli altri Paesi europei. «Ancora una volta i miei omologhi ci tendono la mano», scrive. Ma come? Non era la stessa Europa a cui l'Italia aveva fatto cambiare posizione grazie all'atteggiamento «molto rigoroso»? Non era la stessa Europa che ci accusava di essere «fascisti e razzisti», ma non importa perché a noi «interessano i risultati»? Evidentemente i risultati continuano a interessare, dalle parti del Conte scontato. Ma i risultati che interessano ora non sono più quelli sul fronte dell'immigrazione. Piuttosto quelli sul fronte delle poltrone. O meglio, della poltrona.E siccome è chiaro che l'unico modo per mantenere la poltrona ed evitare il mesto ritorno alla cattedra universitaria è quello di accettare i voti di una maggioranza Pd e 5 stelle, ecco che bisogna compiere alcuni passi, necessari per quanto umilianti. Oltre a una indispensabile sterilizzazione dell'olfatto per non sentire la puzza di inciucio e oltre a tonnellate di bicarbonato per buttare giù il polpettone della vergogna, indigeribile per la maggioranza degli italiani, ci vuole un segnale distintivo, un'apertura ai vecchi nemici dem, un messaggio chiaro di disponibilità. E, ancora una volta, qual è il campo migliore per lanciarlo? Ovvio: l'immigrazione. Era il punto di maggior rottura con le vecchie opposizioni, può diventare il punto di incontro per la nuova maggioranza. A patto di disconoscere tutto quello che si era sottoscritto e rivendicato fino a ieri, in fatto di fermezza anti sbarchi e riduzioni delle morti in mare. A patto, cioè, di dare l'idea di voler tornare ai tempi di Alfano ministro, con il Pd al governo e l'invasione incontrollata. A patto di ritornare cioè a tutto quello che fino all'altro giorno si rivendicava di aver sconfitto. Ma dov'è il problema? Parigi val bene una Messa. Figuriamoci se Palazzo Chigi non vale una giravolta.Ovviamente tutto può ancora succedere. Le sorprese si succedono, minuto dopo minuto. Le trattative pure. Ma la tattica di Conte è chiara: segnalare la propria distanza da Salvini sul fronte dell'immigrazione per «ripulirsi» l'immagine agli occhi del Quirinale, dell'Europa, dei benpensanti di palazzo e dei maggiorenti del Pd. I giornaloni sono già pronti ad acclamarlo, gli editoriali mainstream hanno già in canna il peana, immemori di quando lo descrivevano come un minus habens, lo presentavamo come il nulla assortito e lo massacravamo per il suo curriculum. E così la strada per il bene, bravo, bis potrebbe aprirsi davvero. Nel qual caso l'ex avvocato del popolo avrebbe vinto la sua partita, seppur perdendo un po' di faccia. Ma tant'è. Il gioco vale la candela. E se dovesse andare male, pazienza: in ogni caso, con questa mossa, si lascia sempre aperta la porta dell'Europa, dove i nuovi amichetti Ue «tendono ancora una volta la mano». E magari anche uno stipendiuccio, che non fa mai male.
Jose Mourinho (Getty Images)