2022-09-06
Rileggiamo Lasch per smascherare l’inferno in terra dei diritti liberal
Il pensatore Usa, già all’inizio degli anni Ottanta, coglieva gli indizi delle attuali sventure: dalla «cancel culture» alla neolingua Lgbt. Un attacco sistematico da sinistra alle istituzioni del passato, col paravento della scienza.Dobbiamo mantenere comportamenti responsabili altrimenti prenderemo il Covid; dobbiamo ridurre le emissioni e comprare un’auto elettrica altrimenti distruggeremo il pianeta; dobbiamo passare un po’ di tempo al freddo il prossimo inverno, e solo così potremo conservare la libertà e la democrazia. Formulette di questo genere risuonano da mesi e ovviamente la campagna elettorale ne è imbottita. Ogni volta che le si ascolta viene da chiedersi da dove provengano, e quale sortilegio faccia sì che una larga parte della popolazione le faccia proprie. La risposta la fornisce il filosofo francese Jean-Claude Michéa: «Dalla metà del Settecento, ovvero da quando si è compiuta nelle sue grandi linee, la metafisica liberale - o, quel che è lo stesso, l’economia politica - non ha cessato di annunciare agli uomini come una società meravigliosa, capace di assicurare pace, felicità e prosperità per tutti, fosse ormai a portata di mano. Per beneficiare di questa nuova Gerusalemme sarebbe bastato che essi rinunciassero, una volta per tutte, ai loro colpevoli arcaismi e accettassero finalmente di regolare la propria condotta sulle sole esigenze della Ragione; di quella, quanto meno, il cui modello compiuto deriverebbe da una contabilità mercantile volta alla “massima felicità possibile per il maggior numero possibile”». Questa Ragione rivoluzionaria non cessa di aleggiare sulle acque, cercando costantemente di minare alle fondamenta l’essere umano che abbiamo conosciuto fino ad oggi. Essa promette salvezza tramite la scienza, suggerisce che sia possibile modificare il proprio corpo, magari cambiandone il sesso, e vivere felici per sempre, invita ad abbracciare le meraviglie della digitalizzazione e a liberarsi del passato che, per definizione, è pieno di scorie e brutture (tanto che occorre disinfettarlo cancellandone le parti più sgradevoli, come impone la cosiddetta cancel culture). Tale visione del mondo si è imposta, negli anni, soprattutto a sinistra. Non solo fra quella liberal, ma pure presso quella sedicente radicale, la quale favorisce l’espandersi della Ragione economica pur credendo di osteggiarla. Essa ritiene, spiega Michéa, che «il sistema capitalista rappresenti una forma compiuta di conservatorismo sociale, politico e culturale, e costituirebbe nel suo progetto metafisico come nelle sue realizzazioni pratiche, una semplice forza del passato, fondata sul dominio privilegiato dell’esercito, della Chiesa e della Famiglia patriarcale. Viceversa, basta un minimo di conoscenza storica per rendersi conto che, dai Fisiocratici a Robert-Jacques Turgot o Adam Smith, è appunto dalla filosofia dell’Illuminismo che l’ideologia liberale ha sempre mutuato la totalità delle idee - Individuo, Ragione, Progresso, Libertà - necessarie alla sua formazione». Già: dall’affermazione dei Lumi in avanti è iniziata una rivoluzione culturale che continua ad avanzare con decisione. Essa, nelle varie forme che ha assunto nel corso della Storia, ha cercato per prima cosa di produrre un «uomo nuovo», forgiato da quella che abbiamo imparato a chiamare cultura di massa. È contro quest’ultima che si scaglia - in un saggio del 1981 ora tradotto in italiano dall’editrice Eleuthera - dei più grandi pensatori che gli Stati Uniti e il mondo abbiano mai conosciuto: lo storico delle idee Christopher Lasch (1932-1994). Si tratta dell’autore che più di ogni altro ha intuito quale forma stesse assumendo la società contemporanea. Ne ha descritto i connotati narcisistici, anticipando di decenni le dotte analisi sui social network, in un capolavoro intitolato La cultura del narcisismo. Con un altro strepitoso classico, La ribellione delle élite, ha fondato il populismo (nel senso migliore della parola: sano e per niente greve). Contro la cultura di massa - curato appunto da Michéa, che di Lasch non è stato allievo ma di sicuro è illustre discepolo - aiuta a completare il quadro. Questo scritto scarno e potente spiega la cancel culture e le strampalate teorie Lgbt (di cui pure l’autore non aveva visto l’ascesa), demolisce il feticismo della tecnica e difende alcune istituzioni tradizionali non certo per bigottismo o paura del futuro, ma perché comprende che sono le uniche necessarie, ne coglie la verità imprescindibile. «L’idea di una rivoluzione culturale non è nuova», scrive Lasch. «In una forma o nell’altra è stata un elemento dell’ideologia democratica fin dalle sue origini. [...] Nel XX secolo, la democratizzazione della cultura è diventata una preoccupazione centrale per i pensatori della tradizione progressista. [...] Il presupposto centrale di questi orientamenti era che la modernità potesse avere un effetto dirompente sul pensiero tradizionale. Si è creduto che alla base della democratizzazione della cultura dovesse esserci un progetto educativo o un progetto sociale (o entrambi) che potesse affrancare gli individui dai loro legami familiari, indebolendo così i legami di parentela, le tradizioni locali e regionali, l’attaccamento alla terra. In particolare negli Stati Uniti, la rottura rispetto alle radici è stata vista come una condizione chiave per la crescita e la libertà. I principali simboli dello stile di vita americano - la frontiera e il melting pot - incarnano tra le altre cose la convinzione che solo chi è sradicato può ambire raggiungere la libertà intellettuale e politica». Secondo Lasch, quello appena descritto è un modello fuorviante e pericoloso. Il quale produce la «falsa impressione di una stagnazione intellettuale e tecnologica delle società tradizionali, inducendo al contempo a sopravvalutare in modo indiscriminato le conquiste della fervida mente moderna». La rivoluzione culturale iniziata nel XVIII secolo ha promesso emancipazione e libertà, ma l’unica libertà che abbiamo realmente ottenuto è quella di scegliere fra il prodotto X e il prodotto Y, agendo da consumatori. E mentre ci facevamo conquistare dal dolce profumo della società di mercato, la struttura stessa dell’essere umano veniva sgretolata, dissolta. Prima le istituzioni tradizionali, poi le idee forti, quindi le comunità. Infine, in questi ultimi tempi, l’assalto è condotto al corpo, la cui gestione ci viene sottratta (almeno in parte) o comunque viene regolata dalle spietate leggi del profitto. Questa è l’ideologia nascosta dietro gli appiccicosi discorsi sui diritti che sentiamo ogni giorno, pure in campagna elettorale. Questa è l’ideologia che continua a prometterci il paradiso in terra (così si intitola un saggio capitale di Lasch sul progressismo) e intanto ci condanna all’inferno.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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