2023-06-20
«La riforma di Nordio liscia il pelo ai politici. Cronisti imbavagliati»
L’ex aggiunto di Milano Alfredo Robledo: «Abuso d’ufficio e intercettazioni finti problemi. Serve snellire la procedura, non cancellare i reati».Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato le nostre critiche alla prima bozza di riforma della giustizia del ministro Carlo Nordio. E un ex importante magistrato conservatore, sostenitore di questa maggioranza, ci aveva inviato questo messaggio: «Ne ho viste troppe di cosiddette riforme che non hanno funzionato. Quel che è certo e che ricordo assai bene è che il problema è sorto quando si è cominciato a intercettare i potenti. Prima degli ascolti delle persone normali non fregava a nessuno».Un altro ex inquirente di vaglia che in queste ore sta esprimendo parere negativo sulle novità varate dal Guardasigilli è l’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, magistrato noto per l’autonomia di pensiero e non certo per aver fatto barricate ideologiche insieme alle correnti delle toghe, a cui non è mai stato iscritto.Robledo ritiene che problema per il Paese non sia la mancata abolizione di reati che coinvolgono, anche di sponda, gli amministratori pubblici, come l’abuso d’ufficio o il traffico di influenze, ma la mancata applicazione della riforma del codice di procedura penale necessaria per consentire il lavoro dei Tribunali: «Ma di riforme in questo senso non c’è traccia, riforme che verrebbero davvero incontro ai cittadini e alle loro esigenze di una giustizia rapida» dice.L’ex pm porta a esempio la giustizia anglosassone dove solo il 5 per cento dei procedimenti penali va a dibattimento, il 10 per cento in Canada, mentre il resto si risolve in modi alternativi. In Italia il rapporto tra rito ordinario e altri riti, come il patteggiamento, è praticamente ribaltato.«Nel nostro Paese i processi penali pendenti in primo grado sono almeno 1,5 milioni. Ma per essere sostenibili dovrebbero essere non più di 150.000» calcola Robledo. «Gian Domenico Pisapia, il padre dell’attuale codice di procedura penale, aveva detto che la sua riforma avrebbe funzionato se i riti ordinari non avessero superato il 10 per cento del totale e tutte le parti, a cominciare dagli imputati, avessero cambiato mentalità. Ma lei ce lo vede un imputato che in Italia presenta le carte giuste, ammette le sue responsabilità ed è leale nel processo? Ogni sistema deve essere adeguato alla società e ai suoi costumi».Il processo orale immediato in Italia non funziona...«E come potrebbe? Bisognerebbe farlo in 15-20 giorni. Da noi i magistrati hanno in carico migliaia di fascicoli a testa e le parti vengono convocate anche anni dopo i fatti, quando i testimoni non ricordano più nulla e bisogna ricorrere agli atti. Io rammento che ci sono voluti sette anni per definire la ricettazione di un telefonino. Sa quando si potrebbe fare un processo orale immediato? Nel caso di uno spacciatore da strada… peccato che per svuotare le carceri le pene siano state abbassate e i pusher vengano rilasciati immediatamente anche se l’arresto è convalidato».Ma il ministro Nordio, anziché partire dalla modifica o dall’introduzione di norme che incidono sulla vita quotidiana dei cittadini, ha proposto di cancellare o correggere reati che riguardano i colletti bianchi… è un soccorso ai soliti noti?«Più che ai soliti noti, a interessi ben noti, che però non “interessano” la cittadinanza. Non c’è nessun miglioramento del sistema. È una riforma che punta a una certa benevolenza politica. Si tratta di una ricerca del consenso, dell’applauso dei sindaci e degli amministratori pubblici in genere. Il Paese qui non c’entra nulla».Eliminato anche l’abuso d’ufficio c’è il rischio che qualcuno pensi di avere le mani libere…«Certamente. Io ho già detto che non si possono lasciare i cittadini senza tutela rispetto all’illegalità della pubblica amministrazione».Bisogna ammettere, però, che certi articoli del codice siano farraginosi.«Sono scritti malissimo. Si prendono in considerazione casi e sottocasi che portano a mille sentenze diverse. E altrettante critiche. L’ultima versione, quella in vigore, dell’abuso d’ufficio è macchinosissima, prima di finirla di leggere ci si addormenta. La norma deve essere generale, nitida e semplice e anche la migliore, se non funziona il codice di procedura, non sarà mai applicata».Da cosa dipendono questi bizantinismi? Certe voci del codice vengono costruite in modo confuso per offrire vie d’uscita agli indagati? «No, non sanno proprio scriverle. È una questione di tecnica legislativa. Il problema è che, da un po’ di tempo, si cerca di contenere nelle norme tutti i comportamenti possibili legati a quella fattispecie penale, anche per motivi ideologici, e la colpa non è degli uffici legislativi che ricevono le indicazioni dalla parte politica: è questa che vuole le norme così».A Roma nella vicenda del pagamento da parte del governo di 1,2 miliardi di euro per mascherine farlocche a intermediari opachi, alla fine la Procura di Roma è riuscita a contestare all’ex commissario straordinario Domenico Arcuri solo l’abuso d’ufficio che, però, adesso potrebbe essere abolito…«Se in un caso come questo non si riesce a contestare neanche più questo reato si apre un’autostrada per l’illegalità. Comunque non si può confondere l’errore del singolo magistrato con quello di un sistema».Il ministro Nordio ha parlato di sbagli eccessivi da parte dei magistrati e ha sottolineato il costo esorbitante delle intercettazioni. «Le captazioni sono un’altra fissazione. Le Procure non sono aziende che devono controllare se si sia speso troppo o poco, il punto è che le intercettazioni devono essere effettuate con professionalità. A volte grazie a esse e alla scoperta dei reati derivano anche risarcimenti milionari».E il bavaglio ai giornalisti sulla pubblicazione delle intercettazioni?«Anche in questo caso lascerei alla professionalità dei cronisti la responsabilità di che cosa scrivano. Anche perché ci sono già dei paletti e reati come la diffamazione a mezzo stampa. Ma la gente ha il diritto di farsi un’opinione conoscendo nel dettaglio i fatti».Lei ha definito la riforma Cartabia «criminogena».«E lo ribadisco. C’è già un istituto, quello della messa alla prova, che funziona bene per i reati bagatellari e che garantisce i servizi sociali per chi non ha precedenti, permettendogli di estinguere il reato. È un tentativo intelligente di deflazione del carico di lavoro dei Tribunali. La “Cartabia” in questo recinto inserisce 40 reati e non è il numero che importa, ma la qualità degli stessi. In vista del Pnrr il vecchio governo ha scelto una strada pericolosa inserendo nella lista dei reati bagatellari, solo per diminuire il numero dei processi, delitti come l’istigazione, il proselitismo e l’induzione all’uso di stupefacenti di persona minore, gli atti osceni davanti sempre a un minore, il furto aggravato in abitazione, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, ricettazione, induzione a delinquere. Ma anche delle frodi collegate alla criminalità organizzata come la contraffazione di carte di credito. E così le persone continueranno a commettere reati a piacimento sino a quando non verranno scoperte. Solo da quel momento in poi rischieranno di fare i conti con la giustizia. Ecco perché la riforma è, a mio giudizio, criminogena. La criminalità sta certamente applaudendo».Nordio non ha ancora avviato riforme radicali come la separazione delle carriere e la punibilità dei magistrati…«Guardi che la separazione delle carriere è un totem che modificherebbe di poco la situazione. Già adesso per cambiare funzione i magistrati devono trasferirsi in un’altra Regione e questo significa che lo fa quasi solo chi non ha famiglia. E, in ogni caso, fare solo i pm o i giudici rischia di cristallizzare la mentalità del magistrato senza fargli variare punto di vista, modo di pensare, cultura. Quanto alla punibilità errare è umano. Piuttosto bisognerebbe aumentare i controlli per impedire alle toghe di fare sciocchezze. Il problema è che il sistema delle correnti ha messo nei posti di comando non tanto dei maestri, ma troppo spesso gli amici, abbassando la qualità. Il Csm è diventato un centro di giochi di potere. La magistratura per questo non è all’altezza del suo ruolo, non ha la competenza, né l’umanità, né l’equilibrio necessari. Con la separazione delle carriere che cosa avremmo risolto? I processi sempre 150.000 devono essere. Ma invece di porre rimedio agli enormi errori che hanno ereditato preferiscono abolire l’abuso d’ufficio che porta un grande consenso. Non che Nordio, che è un gentiluomo, lo cerchi, ma certo arriva. Comunque non è cosa sua fare il Guardasigilli»Perché?«Secondo me un magistrato non può fare il ministro, non ha la preparazione necessaria, la cultura politica, storica e la visione, al massimo può essere un ottimo commissario. Frederick Oliver nel suo saggio Elogio dell’uomo politico sostiene che il valore di uno statista si misuri sulla capacità di fare gli interessi della nazione e non di una parte di essa».Che cosa pensa della proposta di rendere inappellabili alcune sentenze di assoluzione di primo grado?«Ritengo che sia incostituzionale. Infatti delle sentenze bisogna leggere le motivazioni e anche le assoluzioni possono essere sbagliate e impugnabili».E la decisione di interrogare un indagato cinque giorni prima di arrestarlo?«Mi sembra una colossale sciocchezza. Pensi lei se certe persone venissero a sapere che un vicino ha dichiarato di averle viste mentre rubavano qualcosa. Chi proteggerà il testimone, soprattutto in certe aree dove vigono i codici di comportamento della criminalità organizzata? Ma si rendono conto questi signori di che cosa hanno proposto? Qui purtroppo neanche si naviga a vista, qui si sta in porto, non si va da nessuna parte. Questo sistema non è emendabile, se non con un altro codice di procedura penale che funzioni. Altrimenti si interviene su un morto ed è come dare un’aspirina a un cadavere».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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