2020-05-12
Ribelliamoci alla dittatura dei braccialetti
Nella fase due rischia di consumarsi la definitiva abdicazione alle nostre libertà personali. La paura ci ha spinti a firmare una delega in bianco all'autorità statale. La quale, con la scusa del «superiore interesse sanitario», ci vuole tutti sotto tutela.Il peggio della pandemia del Covid-19 deve ancora arrivare, con la sua onda di effetti a lungo termine e ben più sconvolgenti la nostra quotidianità, nell'intimo e nel profondo non solo delle sue pratiche ma anche del suo sistema di valori secolare.Più volte, in più occasioni, è stata ricordata la possibilità di cambiamento che ogni crisi offre: basta coglierla, orientarla e guidarla. Con il presupposto che sia un cambiamento condiviso verso un orizzonte partecipato con i cittadini, di cui si è responsabili per funzione di governo, dunque di servizio.Il Covid-19 sta offrendo questa occasione a chi non vedeva l'ora di coglierla per certificare la sua auto-nomina a salvatore degli italiani e finalmente riaffermare la rinascita delle ideologie morte il secolo scorso.Ma dobbiamo anche essere onesti e riconoscere che la pandemia è stata favorita dalle condizioni che tutti abbiamo contributi a creare. Prima tra tutte la mancanza di consapevolezza che la sicurezza è il prodotto di azioni individuali e collettive che non possono essere delegate, ma si fondano su partecipazione e responsabilità. Al contrario: questi anni sono stati caratterizzati da una progressiva offerta di delega alle istituzioni chiamate a garantire un mondo sicuro e senza rischi, dando a chi si è improvvisamente trovato seduto a cavallo della tigre pandemica l'opportunità di «pensarci lui, alla nostra salute». Già, perché se la crisi è occasione del cambiamento, la paura individuale è il motore della delega in bianco alla gestione del cambiamento: in cambio di salute, che appunto «è tutto».Così la pandemia è il più grande e riuscito esercizio di attacco alle libertà individuali dalla nascita delle dittature sovietiche e naziste in Europa, scientificamente promosso da governi opportunisti costituiti da partiti e movimenti che rimandano a una visione statalista e paternalista, di vecchia matrice bastarda comunista e cattolica, e sulla emergente tensione pauperista ed ecologista di buona parte pentastellata, supportati entrambi da un'opinione pubblica che ha fatto della paura la sua bandiera.Il manifestarsi delle occasioni è quotidiano e saldamente impiantato sulla decretazione extraparlamentare delle azioni istituzionali, narcisisticamente rappresentate da un premier che afferma pubblicamente che vuole «cambiare tutte le cose che non vanno in Italia», sicuro della impunità che la preoccupazione per la salute garantisce ha una affermazione impropria e pericolosa come questa. Una linea che, d'altra parte, a livello locale hai suoi giovani seguaci: a Milano si contrabbandano come iniziative per facilitare il traffico strisciate di vernice colorata sulle carreggiate che realizzano i sogni demagogici della incompetenza gestionale. Oppure, ancora in questa povera città, si spiegano poliziotti a multare i ristoratori che protestano ma non i giovani che bivaccano. Con beneplacito di sindaco e prefetto, a cui spettando la sicurezza dei cittadini sono comunque responsabili di scelte o non scelte che hanno indirizzato queste azioni.In tutti questi casi la strategia è chiara, manifesta e intelligente.In nome della paura è offerta l'occasione per cambiare e manifestare il successo della propria ideologia. E in nome della paura, per garantirsi il proprio perimetro d'azione, si usano gli strumenti coercitivi della norma per fermare il dissenso che colpisce il disegno politico mentre si evita di farlo quando si tratterebbe di colpire comportamenti che minacciano la salute. Ma questi ultimi sono funzionali al mantenimento della paura, che legittima questa invasione istituzionale.Non piangiamoci addosso, dunque, se saremo felici e contenti di indossare i braccialetti che lasciano i sassolini bianchi digitali di Pollicino dietro di noi; se accetteremo i robocop vestiti da carabinieri a scandagliare la nostra temperatura corporea con sensori a distanza e via così (ogni giorno ne esce una). Perché sarà fatto per il nostro bene e dunque richiede qualcosa in cambio: la Fase due prima di azioni è fatta di intenzioni che non possiamo delegare alle istituzioni senza averne prima condiviso il senso. Il Covid-19 ha spazzato via questa condivisione.Dunque, adesso ci vuole coraggio. Nei cittadini: coraggiosi nell'abbandonare i sogni di protezione totale e responsabilmente capaci di affermarsi come soggetti con diritti e doveri individuali da tutelare con il pensiero e con l'azione. Negli imprenditori: coraggiosi per rilanciare le opportunità delle nuove esperienze che hanno cambiato la vita e il mercato, rinunciando al sogno della restaurazione ma rischiando il governo autonomo del cambiamento. Nelle istituzioni: a cominciare da quelle che hanno il compito di tutelare la nostra sicurezza, perché interrompano questa pericolosa spirale in cui l'uniforme deresponsabilizza l'uomo che la veste, diventando lo strumento del governo e non del valore.La Fase due sarà immediatamente più dura di quanto ci si aspetti. Ma sarà in questa fase che si sconfiggerà il Covid-19, questa terribile opportunità politica che cambia l'antropologia del mondo.Senza coraggio che venga la Fase due che deve venire. Poco avrebbe importanza, se non per quell'uno che anche da solo si sentirebbe di non farne parte.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)