2018-04-05
Ribaltone sui sacchi bio per la frutta. Si possono portare gratis da casa
Il Consiglio di Stato interviene sull'obbligo di pagare le buste al supermarket. Vanno bene anche le proprie purché siano nuove e pulite. Ma è caos sui controlli: toccherà agli esercizi commerciali vigilare sui clienti.Credevamo che lo psicodramma dei sacchetti bio a pagamento fosse stato ormai dimenticato. Lo pensava anche il premier, Paolo Gentiloni, sull'uscio di Palazzo Chigi ma ancora premier. Solo qualche giorno fa era intervenuto sulla spinosa faccenda, che semina panico tra acquirenti e negozianti: «C'è stato alcune settimane fa un dibattito sul costo dei sacchetti di plastica biodegradabili. Una vicenda, come tutte, meritevole di discussione pubblica ma questa misura ha suscitato reazioni eccessive che guardando a questa medesima cosa con un mese di distacco sono state forse leggermente esagerate».Ebbene il presidente uscente si sbagliava, perché ieri per dirimere la controversia, o piuttosto per rinfocolarla, è intervenuto addirittura il Consiglio di Stato, con una decisione che rischia di rendere tutto ancora più complicato. Soprattutto per i commercianti, ai quali viene delegato il controllo.Ha stabilito, innanzitutto, che i sacchetti ecologici per frutta, verdura, pesce e pane potremo portarceli da casa, senza per forza doverli acquistare al supermercato insieme alla merce. Ma devono essere «nuovi». Non solo: sono permessi anche contenitori alternativi alle borse di plastica, purché siano adatti a contenere gli alimenti che ci mettiamo dentro. Quindi sono ammesse vaschette che si utilizzano in frigo o barattoli o ancora cestelli o retine varie, sacchetti in carta come quelli che si usavano un tempo? Si direbbe di sì. L'importante è che siano conformi alle disposizioni per assicurare il rispetto dell'igiene. E il Consiglio di Stato si spinge anche oltre quando sentenzia che «non può inoltre escludersi, alla luce della normativa vigente, che per talune tipologie di prodotto uno specifico contenitore non sia neppure necessario». Quindi, forse un ananas o un melone, possiamo portarlo a casa a braccia senza bisogno di spendere soldi in sacchetti che non inquinano.Ma leggiamo cosa decreta, nei particolari, il verdetto numero 859 del 29 marzo scorso. Si legge nel provvedimento: «È possibile per i consumatori utilizzare nei soli reparti di vendita a libero servizio, come quelli dedicati a frutta e verdura, sacchetti monouso nuovi, acquistati al di fuori degli esercizi commerciali e conformi alla normativa sui materiali a contatto con gli alimenti, senza che gli operatori del settore alimentare possano impedire tale facoltà né l'utilizzo di contenitori alternativi alle buste in plastica, comunque idonei a contenere alimenti quali frutta e verdura, autonomamente reperiti dal consumatore». Tutto ciò «fermo restando il primario interesse alla tutela della sicurezza e igiene degli alimenti».Il legislatore, hanno osservato i giudici di Palazzo Spada, «ha elevato le borse in plastica ultraleggere utilizzate per la frutta e verdura all'interno degli esercizi commerciali a prodotto che deve essere compravenduto. In questa ottica, la borsa, per legge, è un bene avente un valore autonomo ed indipendente da quello della merce che è destinata a contenere». Quindi partendo da questo assunto, «l'utilizzo e la circolazione delle borse in questione, in quanto beni autonomamente commerciabili, non possono essere sottratti alla logica del mercato», si spiega nella decisione, «e non sembra consentito escludere la facoltà del loro acquisto all'esterno dell'esercizio commerciale nel quale saranno poi utilizzate». La sentenza pare anche suggerire ai compratori di utilizzare sacchetti in carta che si possono comprare ovunque, quando dice che la «necessaria onerosità della busta in plastica, quanto meno indirettamente, vuole anche incentivare l'utilizzo di materiali alternativi alla plastica, meno inquinanti, quale in primo luogo la carta».C'è inoltre un altro punto fondamentale nel parere rilasciato dal Consiglio di Stato al ministero della Salute, che ora dovrà recepirlo. Ed è questo che spaventa i commercianti, perché saranno loro a dover controllare, come fossero poliziotti, che i contenitori utilizzati dai loro clienti siano a norma di legge. Nel verdetto si spiega che ciascun esercizio commerciale sarà quindi tenuto, secondo le modalità che riterrà più appropriate, alla «verifica dell'idoneità e della conformità a legge» dei sacchetti utilizzati dal consumatore, sia di quelli messi a disposizione dell'esercizio commerciale stesso, sia di quelli introdotti nei locali autonomamente dal consumatore, e «in quanto soggetto che deve garantire l'integrità dei prodotti, potrà vietare l'utilizzo di contenitori autonomamente reperiti dal consumatore solo se non conformi alla normativa di volta in volta applicabile per ciascuna tipologia di merce, o comunque in concreto non idonei a venire in contatto con gli alimenti».Ora è facile immaginare il caos in un supermercato o a un banco della frutta al mercato, o anche in un negozio di vicinato di alimentari, dove si debba per legge verificare che il sacchetto del cliente è idoneo e, oltre a questo, non di seconda mano. Ci vorrebbe un addetto solo per questo, con i relativi costi, e non è detto che basti. Inoltre saper riconoscere un sacchetto usato da uno nuovo non è per nulla semplice. E se il commerciante sbagliasse? Toccherebbe a lui pagare la sanzione o affrontare un processo? Infatti la responsabilità penale sarebbe in toto di chi è stato preposto al controllo del sistema stesso. Quindi si tratta di complicare, esporre a rischi giuridici e burocratizzare il lavoro dei negozianti.Quello dei sacchetti bio sarà, al contrario di quanto detto da Gentiloni, una delle prime grane che si troverà ad affrontare il nuovo governo.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Getty Images)
il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi (Ansa)
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