Salvate il soldato Elly Schlein. Il Pd va in guerra, ma contro di lei
Elly Schlein detta la linea e il Pd si spacca. Finisce 11 astensioni contro 10 sì il voto dem al Parlamento europeo sulla risoluzione non vincolante a favore di una difesa europea. Il testo, passato con 419 voti a favore, 204 contrari e 46 astensioni, chiede misure concrete per avviare «sforzi realmente innovativi e azioni simili a quelle utilizzate in tempo di guerra» per garantire la sicurezza dell’Unione. A integrazione di «ReArm Europe», il Parlamento europeo chiede di verificare la possibilità di introdurre un sistema di obbligazioni europee per finanziare investimenti nell’industria della difesa su larga scala e di fare ricorso ai «coronabond» inutilizzati, ovvero le emissioni di debito previste dal piano di rilancio post pandemico NextGenerationEu per essere destinate a prestiti agli Stati membri. Inoltre si invita la Banca europea per gli investimenti (Bei) a investire più attivamente nell’industria europea della difesa, abolendo le restrizioni esistenti per questo tipo di finanziamenti.
Evidentemente temi troppo divisivi per i dem, che non sono riusciti a trovare una sintesi, tanto che la linea indicata dal segretario Elly Schlein, l’astensione, non ha trovato che 11 esecutori tra le file degli eurodeputati del Pd: Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan, il capo delegazione Nicola Zingaretti e anche Lucia Annunziata, che si era inizialmente espressa a favore e ha corretto poi il suo voto in astensione. Purtroppo per Schlein l’altra metà si è espressa a favore, non seguendo la sua indicazione: Stefano Bonaccini, Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli e Raffaele Topo. A votare no il gruppo della Sinistra, senza sorprese è arrivato il voto contrario del M5S (otto su otto) e di Mimmo Lucano di Alleanza Verdi Sinistra, assente Ilaria Salis. Tra i Verdi i quattro italiani hanno tutti votato no: Cristina Guarda, Ignazio Marino, Leoluca Orlando e Benedetta Scuderi.
Insomma la sinistra italiana è decisamente lacerata e procede di ordine sparso. Nelle azioni così come nelle dichiarazioni. «All’Europa serve la difesa comune, non la corsa al riarmo dei singoli Stati. È e resta questa la posizione del Pd», ha spiegato il leader dem spiegando che nella risoluzione sulla difesa comune ci sono «molti punti che condividiamo, ma la risoluzione dava anche appoggio al piano RearmEu proposto da Ursula von der Leyen, alla quale abbiamo avanzato e confermiamo molte critiche proprio perché agevola il riarmo dei singoli Stati facendo debito nazionale, ma non contribuisce alla difesa comune e anzi rischia di ritardarla. Quel piano va cambiato». L’eurodeputata del Pd e vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, che già in un’intervista era andata giù dura contro Schlein dicendo «Astenersi sul ReArm ci renderà ininfluenti», dopo il voto ha dichiarato: «Il sì di una parte consistente della delegazione del Partito democratico permetterà di non isolarci dal resto del gruppo dei Socialisti e democratici. La costruzione della difesa europea è un capitolo appena iniziato e sarà importante non perdere terreno per incidere in modo forte sui dossier che verranno». È chiaro quindi che una buona porzione dem considera il suo leader inadeguato tanto che si comincia già a parlare di Congresso.
«Su questi temi il partito non regge», ripetono i riformisti. «Congresso o non congresso dobbiamo mostrarci all’altezza di un momento di grande cambiamento perché un partito che si dice democratico non può astenersi da questo», dice Lia Quartapelle, fra i parlamentari che hanno sostenuto in questi giorni la linea Gentiloni. Il Pd, insomma, «deve dire dove sta, con chi sta e perché, argomentare e stare in dialogo con l’opinione pubblica, svolgere una funzione di leadership», ha aggiunto Quartapelle.
«Dopo il voto di oggi al Parlamento europeo è necessario un confronto fondato sulla consapevolezza che il posizionamento internazionale di un partito ne definisce identità, profilo e credibilità». Rincara Piero Fassino, vicepresidente della commissione Difesa della Camera dei deputati. Il centrodestra anche, come ampiamente previsto, si è diviso sulla risoluzione votata ieri.
Nel centrodestra si sono espressi a favore massicciamente tutti i deputati presenti di Fratelli d’Italia (22 su 24). Tutti favorevoli anche gli eurodeputati italiani presenti del Ppe (otto su nove, sette di Forza Italia e uno della Svp), mentre quelli della Lega (presenti sette su otto) hanno votato tutti contro, insieme a tutto il loro gruppo, Patrioti per l’Europa.
«Ci sarà un passaggio parlamentare la settimana prossima sulle comunicazioni prima del Consiglio europeo» spiega il capo delegazione di Fratelli d’Italia, Carlo Fidanza. «Siamo certi che in quell’occasione prevarrà l’unità della nostra coalizione». Per Fidanza, «le parole e l’azione del ministro Giancarlo Giorgetti vanno in questa direzione. Sono parole di assoluto pragmatismo, che evidenziano alcuni limiti sul piano della finanziabilità del progetto ReArmEu. Parole che il presidente Giorgia Meloni condivide. Credo che, fuori di propaganda, il buonsenso prevale e l’unità della maggioranza, come è stato in questi due anni e mezzo, prevarrà».






