
Milano sarà il quartier generale per lo sviluppo della società di fintech londinese, che cancellando i costi di commissione per le spese in oltre 150 valute e permettendo di gestire un conto online tramite una app, ha già conquistato oltre 5 milioni di clienti.Finora, ha saputo far leva sulle argomentazioni giuste. Permettendo di aprire un conto online con Iban a costo zero, con il quale fare spese in oltre 150 valute senza alcuna commissione, al tasso di cambio interbancario. O di convertire i propri soldi in 29 monete senza nessuna spesa fino a 6 mila euro ogni 30 giorni. Oppure senza alcun limite, sottoscrivendo piani tariffari che partono da 7,99 euro mensili e includono però vari bonus: assicurazione medica, tutele per ritardi di voli aerei e bagagli più altri servizi assortiti. Finanche un concierge disponibile 24 ore su 24, nella versione top di gamma. Tutti elementi capaci di tentare innanzitutto i nomadi digitali, chi viaggia spesso per piacere o per lavoro, è allergico ai balzelli superflui ma tende all'entusiasmo per qualsiasi novità sensata sia manovrabile, ovunque, tramite una app. Così, la società di fintech londinese Revolut ha già attratto oltre cinque milioni di clienti in Europa, che crescono al ritmo di 12 mila account al giorno. E ora si dice pronta al definitivo salto di qualità, «a creare la prima vera piattaforma finanziaria a livello globale».Formule altisonanti a parte, la pratica tende a sovrapporsi alla teoria. È stato appena annunciato l'ingresso nel mercato australiano, prossimamente seguiranno Stati Uniti, Canada, Singapore e Giappone. In più, e la cosa ci riguarda da vicino, l'Italia è stata scelta come il quartier generale per affermarsi nel Sud Europa. Da Milano saranno guidate le operazioni di Spagna, Portogallo, Grecia, Malta, Cipro, Slovenia e Croazia. Al timone, nel ruolo di responsabile dell'area, c'è Elena Lavezzi, bocconiana, all'attivo quattro anni trascorsi in Uber, non solo per il lancio dell'icona del ride sharing nel Bel Paese (come marketing manager) ma anche per la sua espansione in India. Poi, una carriera nel fintech nel servizio dei pagamenti Circle, fino all'approdo, recentissimo, in Revolut. «Vogliamo dare ai nostri clienti completo controllo e visibilità delle proprie spese, oltre a permettere loro di non pagare più le commissioni e i costi nascosti spesso imposti dalle banche» ribadisce Lavezzi. Elena Lavezzi Tutto nasce dall'intuizione, nel 2015, di Nik Storonsky e Vlad Yatsenko, ex trader di Credit Suisse uno, già ingegnere dei sistemi di Deutsche Bank l'altro. Entrambi volevano smantellare il passato. Costruire un'alternativa di bit alle banche tradizionali. Una sfida promossa trasversalmente dai venture capitalist, da Hong Kong fino alla Silicon Valley, che l'hanno incoraggiata mettendo sul piatto 336 milioni di dollari totali di investimenti. Abbastanza per fare entrare Revolut nel club sceltissimo degli unicorni del Vecchio Continente, con una valutazione che si aggira intorno a 1,7 miliardi di dollari. A premiarla, oltre al modello di business e alla rottura con certe prassi che parevano intoccabili, è stata la sua ossessione per la sicurezza nelle transizioni. Ogni cliente ha l'opportunità di bloccare la carta dall'applicazione in un istante, non appena riscontra una spesa non riconosciuta (le notifiche arrivano sull'inseparabile smartphone in tempo reale) e, soprattutto, Revolut incoraggia un approccio alla galassia cyber tipico degli hacker più smaliziati: nei suoi uffici c'è una squadra il cui compito è cercare di bucare costantemente il sistema, tamponando tempestivamente qualsiasi possibile falla venga scoperta.La scelta strategica di Milano come quartier generale per il Sud Europa, conferma quanto potenziale tali strumenti possano avere anche nell'area di competenza di Lavezzi. A cominciare dallo Stivale: «Negli ultimi anni» conferma «sempre più italiani si spostano in altri Paesi sia per lavorare che per viaggiare. Grazie a Revolut, possono dimenticarsi di commissioni e costi nascosti e inviare denaro ad altri utenti in pochi secondi in maniera del tutto gratuita, abbattendo finalmente le barriere finanziarie». Infine, la app propone intuitivi strumenti automatici per risparmiare denaro: accantonando una cifra fissa ogni settimana o arrotondando per eccesso gli acquisti effettuati con la carta, mettendo da parte gli spiccioli. Alla lunga, si genera un piccolo gruzzolo. Inoltre, ogni spesa è divisa per categoria e si possono fissare budget mensili per voce. Per essere avvertiti quando si supera un limite preimpostato e per capire quali abitudini attentino in misura maggiore alla tenuta delle nostre finanze.
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.






