2023-07-04
«Repubblica» vede patrioti pure in Generali
Delfin ottiene l’ok a detenere più del 10% della compagnia assicurativa. Il quotidiano di Gedi trasforma una notizia di routine in un assalto al Leone di Trieste e lo fa in chiave sovranista (complice l’affondo di Francesco Gaetano Caltagirone). Risultato: il titolo schizza in Borsa.Delfin ottiene il via libera dell’Ivass a salire fino al 20% di Generali. E il quotidiano La Repubblica riaccende le speculazioni intorno allo scontro che fino all’anno scorso, prima della scomparsa di Leonardo Del Vecchio, aveva visto schierati in prima linea, contro Mediobanca e il management, il patron di Luxottica e Francesco Gaetano Caltagirone per tentare l’assalto al Leone. La reazione in Borsa è immediata. Il titolo arriva al +5,6% per assestarsi al +3,98% al termine delle contrattazioni a piazza Affari. Mediobanca, a sua volta, avanza del 2% e chiude a +1,5%. La scelta di Repubblica, cioè aprire il giornale con tale notizia, non appare di natura giornalistica. L’informazione rilevante, per dirla in altre parole, non è l’autorizzazione a salire, ma sarebbe stata il diniego. Infatti, «con istanza del 17 aprile scorso, Delfin aveva chiesto l’autorizzazione a detenere una partecipazione superiore al 10% del capitale sociale di Generali, a seguito dell’avvenuto superamento involontario di tale soglia conseguente all’acquisto di azioni proprie effettuate dalla compagnia assicurativa in attuazione della delibera assembleare del 29 aprile 2022», si legge nel provvedimento amministrativo dell’Ivass. In scia all’authority ieri sono intervenuti i manager di Delfin a chiarire che nella richiesta all’Ivass c’è la volontà di essere azionista di lungo periodo del Leone. La richiesta, spiega la holding della famiglia Del Vecchio in una nota, si è resa «necessaria in conseguenza del piano di acquisto delle azioni». «Questa richiesta», conclude Delfin, «non sottintende dunque alcuna particolare strategia, se non quella di agire in conformità alle regole rispetto alla propria posizione quale azionista della compagnia assicurativa triestina». Una conclusione che si sarebbe potuta raggiungere senza la precisazione di Delfin. Eppure il quotidiano degli Elkann ha deciso di riaccendere la torcia dello scontro tra il blocco Delfin-Caltagirone e quello dei manager di Generali e Mediobanca. Non sembra essere però un caso. La scorsa settimana si è tenuta l’audizione in Commissione Finanze al Senato, sul ddl capitali, di Francesco Gaetano Caltagirone. Il tema è la contendibilità dei cda attraverso il voto plurimo. «Tramite la lista del consiglio si rischia di perpetuare e non riuscire mai a superare un determinato assetto di potere, si rischia, per usare un’iperbole, una vera e propria autocrazia», ha commentato Caltagirone durante l’audizione sul ddl capitali, parlando proprio della sua esperienza in Generali dove «l’anno scorso, per la prima volta in Italia, alla lista presentata dal consiglio uscente è stata contrapposta una lista presentata da un azionista italiano rilevante, che era una società del mio gruppo». Caltagirone, guarda caso, ha detto di aver provato a misurarsi «contro qualcuno che ha usato tutti i mezzi della società per bloccare il rivale, senza contare che il rivale è un azionista di peso. Come azionista mi sono trovato contro i manager della compagnia. La lista del consiglio», ha ribadito, «è diventata uno strumento grazie al quale i manager possono autoperpetuarsi. Sarebbe successa la cosa anche in Enel se il cda avesse presentato una propria lista: in tale evenienza la lista presentata dal Tesoro sarebbe stata in seria difficoltà e avrebbe potuto perdere». Durante l’audizione l’imprenditore romano si è ovviamente espresso a favore del voto plurimo. «Ormai nuclei stabili di azionisti italiani trasferiscono le aziende dove esiste il voto plurimo che consente al socio stabile di nominare gli amministratori, una cosa indispensabile in una realtà industriale come quella italiana, caratterizzata a tutt’oggi da molte imprese familiari. Il voto multiplo è una soluzione a protezione dalla speculazione, non è contro il mercato ma contro la speculazione». Il riferimento alla propria esperienza personale ha spinto a maggior ragione Generali a intervenire seduta stante. E a replicare all’imprenditore. Spiegando che lo schema utilizzato in Italia non è un unicum ma una prassi delle più importanti piazze borsistiche. L’indomani però del battibecco e soprattutto della proposta avanzata in Aula da parte di Caltagirone è uscito ben poco sui giornali. E soprattutto a quanto risulta alla Verità avrebbe riscosso ben poche reazioni da parte della maggioranza di governo. Non è escluso, quindi, che il quotidiano degli Elkann abbia colto la palla al balzo e abbia pensato di fornire la notizia con megafono allegato. Lo scorso anno una compagine di azionisti composta da Del Vecchio, Caltagirone, la famiglia Benetton, la Fondazione Crt e altri piccoli imprenditori aveva sfidato apertamente la lista promossa dal consiglio di amministrazione e sostenuta da Mediobanca, primo socio di Generali con il 13%. La compagine degli sfidanti perse, raccogliendo quasi il 30% del capitale, mentre la lista del consiglio vinse con oltre il 40%, grazie al sostegno di tutti gli investitori di mercato. Con il disco verde dell’Ivass a Delfin, la situazione potrebbe cambiare, suggerisce Repubblica. Più facile immaginare che la battaglia si concentrerà su Mediobanca il prossimo ottobre. Vedremo. Intanto le indiscrezioni di stampa fanno salire i titoli in Borsa, non sempre le copie.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.