2019-10-21
Renzi scopre le carte. Vuole il Quirinale, i parlamentari del Pd e i voti del Cavaliere
Alla Leopolda spiega il piano: «Questo governo deve eleggere un presidente europeista». Punta a convertire gli azzurri delusi. Poteva dircelo subito che ha fatto da padrino al governicchio giallorosso solo per poter eleggere il prossimo presidente della Repubblica. E invece Matteo Renzi, che adora mimare la grandeur dei suoi amici europeisti francesi, ha atteso i fasti della prima Leopolda post scissione dal Pd per snocciolare la spiegazione ufficiale: «Noi andremo al 2023 con questa legislatura», ha annunciato al pubblico di Firenze, perché «scade il mandato del presidente della Repubblica» e si tratta di «un ruolo chiave». Il solito schema della sinistra, la quale non resiste dal voler piantare la propria bandierina al Colle. Noi della Verità abbiamo sostenuto - fin dal principio - fosse proprio questa genesi dell'esecutivo Pd-M5s, dando la stessa motivazione venuta fuori dalla viva voce dell'ex Rottamatore, che però prima di ieri faceva melina. «Oggi c'è una maggioranza in Parlamento che mette in minoranza i sovranisti», ha proseguito dal suo palco, cercando di convincere la gente che «se resta questa maggioranza, il prossimo presidente della Repubblica sarà espressione di forze che credono nell'Europa». Secondo lui, quindi, questa legislatura avrebbe «il dovere istituzionale di garantire una maggioranza antisovranista, pro europeista all'elezione del presidente della Repubblica». Corbezzoli. Gli stessi distribuiti in piccoli cestini a ornare i tavoli del teatro, piantine scelte come simbolo di buon auspicio. Il comizio è andato avanti a parallelismi: «Vogliamo fare quello che ha fatto Macron con i socialisti, assorbire larga parte del consenso». Poi ha toccato il testo della campagna acquisti di Italia viva, parlando di «50 parlamentari, tanti saranno da qui alla fine dell'anno», ma anche «30 consiglieri regionali, 100 sindaci e 10.000 iscritti». In questo senso va ricordato che alla Leopolda di quest'anno hanno partecipato i piddini Simona Bonafè, segretaria regionale; il presidente del consiglio regionale toscano, Eugenio Giani; il sindaco di Firenze Dario Nardella. Dopo i proclami su Quirinale e «scouting», Renzi ha inquadrato il bacino elettorale potenziale di Italia viva: è a caccia dei delusi di Forza Italia. Un elettorato a cui l'ex premier guarda da sempre - dai tempi del partito della Nazione - ma che ora può assaltare comodamente fasciato in un partito cucito su misura, senza regole interne né conta delle tessere. «A chi crede che c'è spazio per un'area liberale e democratica», ha spiegato Renzi, «dico che venga a darci una mano, Italia viva è aperta». Ha punzecchiato i suoi vecchi compagni di partito, anche se gli affondi più duri li ha delegati al ministro Teresa Bellanova: «Non potevamo starci più», aveva detto lei nell'intervento prima del Bullo, indossando un vistoso abito giallo, «perché c'erano troppe guerre, troppe bande armate». Per i dem risponde Stefano Vaccari: «Aggredire solo il Pd, che ha consentito a chi lo fa di essere in Parlamento e al governo, ormai è una ossessione per chi non ha argomenti e può caratterizzarsi solo in contrapposizione», ha affermato il responsabile organizzazione, «è un film già visto. Peraltro, dimenticandosi che chi parla male del Pd è una classe dirigente che è stata al vertice per molti anni e ha tentato di plasmare il Pd a sua immagine e somiglianza. Non resta che augurare buon viaggio a chi comincia la sua avventura con un tale carico di rancore e di odio. Il nostro avversario è la destra». Tornando al senatore semplice di Scandicci, ha poi inanellato una serie di genialate tra cui «la patente fiscale a punti», perché «non è pensabile che un cittadino debba vivere nell'angoscia del controllo se ha sempre fatto bene», ma anche il «presidente della Corte costituzionale donna» e un appello rivolto al segretario del Pd, Nicola Zingaretti, e al ministro Dario Franceschini per rimettere mano e far ripartire il «progetto Ventotene». Il riferimento è al passato: «Nel 2015-16 mettemmo 80 milioni di euro per andare a ristrutturare il luogo nel quale Aliviero Spinelli e i suoi compagni avevano scritto il manifesto per gli Stati Uniti d'Europa», che nelle intenzioni di Renzi dovrebbe diventare «il luogo per una grande scuola per gli europeisti», una sorta di culla in cui ci attendiamo di trovare anche le idee presentate ai tavoli da Sandro Gozi, che lavora per il governo francese. L'ex Rottamatore, dopo l'apertura ai dem, chiarisce: «Noi abbiamo un disegno opposto a quello del Pd», ma poi fa un dribbling, riferendosi ai suoi vecchi compagni: «Se vogliono venire, avranno sempre le porte aperte». Un metodo che tradisce una certa furbizia, anche quando si paragona al cantante Tommaso Paradiso, che dopo la scissione dai Thegiornalisti (secondo Renzi) da solo sarebbe più bravo, così come il suo nuovo partito che «verrà molto meglio di come abbiamo fatto fino a oggi». La strada per il futuro l'aveva indicata anche Maria Elena Boschi in apertura dei lavori: «Qui è la nostra casa, qui è nato tutto e qui alla Leopolda continuerà la nostra avventura fino al 2029, almeno fino al 2029». Proprio l'anno, guarda caso, a cui sarebbero traghettati dal prossimo capo del Colle.