2019-12-13
Renzi prova a nascondersi dietro Craxi
Incalzato dai pm sugli strani finanziamenti di Open, l'ex premier scimmiotta i discorsi in Parlamento del leader socialista e di Aldo Moro. Ma le sue vicende non sono paragonabili a quelle dei due statisti. Che tra l'altro furono messi alla gogna dalla sua parte politica.Per difendere sé stesso e le sue creature, cioè fondazione e partito, Matteo Renzi non ha esitato a far risorgere per un giorno Aldo Moro e Bettino Craxi. Intervenendo a Palazzo Madama sul finanziamento ai partiti, del leader democristiano ucciso dalle Brigate rosse il senatore di Scandicci ha evocato lo storico discorso alla Camera del 1977, quando Moro disse che la Dc non si sarebbe fatta processare in piazza. Più di quarant'anni fa il partito di maggioranza era finito nel mirino di magistrati e stampa per lo scandalo Lockheed, con l'accusa di aver incassato tangenti dall'azienda aeronautica americana in cambio di commesse militari. Un'indagine che, oltre a coinvolgere uomini di primo piano dello Scudocrociato e del Psdi, lambiva anche il Quirinale, con sospetti sul presidente Giovanni Leone, che infatti poi fu costretto a dimettersi. Dell'ex segretario del Garofano, invece, il fondatore di Italia viva ha usato l'intervento del 1993, quando il Psi finì sul banco degli imputati dopo l'arresto del «mariuolo» Mario Chiesa, un socialista di terza fila da cui partì l'inchiesta di Mani pulite. «Se al pm affidiamo non già la titolarità dell'azione penale, ma dell'azione politica», disse Craxi sfidando Antonio Di Pietro e il pool milanese, «quest'aula fa un passo indietro per pavidità e paura e lascia alla magistratura la scelta di cosa è politica e cosa non lo è».Insomma, l'ex presidente del Consiglio ieri ha usato in Parlamento le parole di Moro e Craxi, paragonandosi a loro e dipingendo sé stesso e i suoi amici finiti sotto inchiesta come vittime del protagonismo della magistratura. Ovviamente l'accostamento lo ha fatto con finta modestia, dicendo di non volersi porre sullo stesso piano dei leader di Dc e Psi, se non per essere stato come loro alla guida del governo. In realtà, come Moro e come Craxi, Renzi cerca di uscire dall'angolo e lo fa caricando a testa bassa le Procure, rivendicando addirittura non la necessità di trasparenza per un uomo politico, bensì la privacy, quasi che un senatore non debba render conto del proprio operato e del proprio patrimonio. «Nell'inchiesta sulla fondazione Open abbiamo assistito a una retata alle sei di mattina, che descrive come criminale qualsiasi tipo di finanziamento privato attraverso forme lecite di finanziamento previste dalla politiche», si è lamentato.Nella foga, il senatore dimentica che quasi tutte le retate avvengono alle sei di mattina, perché, come è noto, a quell'ora è facile trovare le persone ancora fra le mura domestiche. Come mai, dunque, all'ex presidente del Consiglio, che pure giurava di alzarsi a quell'ora quand'era a Palazzo Chigi, scoccia così tanto che la polizia giudiziaria abbia bussato in ora antelucana? Forse perché per i politici o gli amici dei politici Renzi pretende un trattamento diverso da quello riservato ai comuni cittadini? Probabile. Tuttavia, questo non è il solo infortunio in cui è incorso ieri il fondatore di Italia viva parlando in Senato. Nell'intervento in cui ha preso di mira stampa e magistrati, usando come scudo anche la vicenda che riguardò Giovanni Leone e attribuendo alla stampa e a una parte della politica la fuga di mezzanotte di un presidente della Repubblica innocente, l'ex premier ha dimenticato di dire che a richiedere l'ignominiosa cacciata fu la parte politica da cui egli proviene, ossia il Pci. Furono gli emissari del Partito comunista a pretendere la testa del presidente e una Dc intimorita e sotto choc per il processo in piazza, alla fine cedette alle pressioni, spingendo l'innocente Leone giù dal Colle.Non molto diversa fu la caduta di Bettino Craxi. Le Procure avevano preso di mira Psi e socialisti, cioè i partiti di governo, e a beneficiarne ancora una volta avrebbe dovuto essere il Pci, o meglio i suoi eredi, che dopo la caduta del muro avevano deciso di trasformarsi nel Pds. Quando il leader socialista parlò, in un'aula resa incandescente dal livore di quei giorni, si rivolse proprio alla sinistra, cioè ai comunisti, dicendo che non potevano certo chiamarsi fuori da un sistema di finanziamento della politica. A quel discorso, i compagni di Renzi reagirono non applaudendo e riconoscendo di essersi finanziati per anni grazie all'oro di Mosca, ma ritirando la delegazione ministeriale, per poi dare via libera al governo guidato da Carlo Azeglio Ciampi, cioè al primo esecutivo il cui presidente non aveva ricevuto un mandato parlamentare. Fu la sinistra a spalancare le porte ai tecnici e alla magistratura. Che oggi Renzi usi Moro e Craxi per difendere sé stesso e la parte politica che rappresenta non è però solo un errore storico grave, ma anche un segno di debolezza. Dopo aver cavalcato per anni le toghe, oggi lui e i suoi si accorgono che il codice vale anche per i compagni. Ma non ricordano che né con Moro né con Craxi per la Dc e Psi finì bene.
Matteo Salvini e Giorgia Meloni (Ansa)
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