2018-08-10
Renzi «lancia» i pm contro il governo ma sulla sua famiglia ci sono cinque indagini
Nel giorno in cui l'esecutivo di Giuseppe Conte ha messo a tema la cancellazione della misura più simbolica del suo governo, ovvero gli 80 euro, Matteo Renzi ha pensato bene di farsi vivo via Facebook, interrompendo per qualche ora il suo secondo lavoro di conferenziere e presentatore tv. Nell'intervento online, il fu segretario del Pd ha invitato i sostenitori a tenersi pronti, perché presto verrà l'ora di riprendersi Palazzo Chigi. Da che gli viene tanta sicurezza? Dalla convinzione che presto la maggioranza gialloblù cadrà per mano giudiziaria, spazzata via dalle inchieste sui soldi della Lega e sugli attentatori di Sergio Mattarella che, come ha dimostrato ieri La Verità, sono alcuni pericolosi pensionati. Aprendo il capitolo delle inchieste che pesano sul governo, l'ex premier dimostra di saperla lunga e di avere ancora informatori pronti a passargli indiscrezioni di prima mano sulle indagini in corso. Del resto, quello di avere le mani in pasta con i servizi segreti, la cyber sicurezza e le forze dell'ordine è sempre stato un suo pallino, prova ne sia che sin dal principio, dopo essere diventato capo del governo, ha voluto rimuovere i vertici di ogni apparato dello Stato per installarvi uomini di fiducia. Il fatto che Renzi sia ben informato, e disponga di notizie di prima mano sugli accertamenti della magistratura, contrasta però con il silenzio cui lo stesso ex premier si attiene quando le vicende riguardano il suo entourage. Infatti, mentre l'ex segretario è loquace sui fatti degli altri, tace su un'inchiesta della Procura di Firenze che avrebbe accertato come 6,6 milioni di dollari destinati ai bambini africani siano finiti inspiegabilmente nelle tasche di alcune società della sua famiglia. L'indagine risale al 2016 e venne raccontata nel libro I segreti di Renzi, scritto a sei mani da Giacomo Amadori, Francesco Borgonovo e dal sottoscritto. Tuttavia per un paio d'anni di questa inchiesta si persero le tracce, quasi che a nessuno importasse qualche cosa di milioni raccolti per aiutare bambini malati e misteriosamente scomparsi dai libri contabili di alcune società dell'Unicef per poi riapparire dalle parti di Firenze, usati per sostenere le aziende della famiglia dell'ex segretario del Pd. La Procura aveva indagato il cognato di Renzi, Andrea Conticini e i suoi fratelli, ma, come detto, gli accertamenti partiti da una segnalazione della Banca d'Italia sembravano finiti su un binario morto. Ora invece il colpo di scena. I pm, dopo aver atteso invano una deposizione degli indagati, avrebbero trovato il bandolo della matassa, scoprendo che i soldi - 6,6 milioni di dollari - oltre che finanziare le aziende del papà e della mamma di Renzi sarebbero serviti per comprare una proprietà in Portogallo. Non è finita. Al sempre ben informato ex presidente del Consiglio dev'essere sfuggita un'altra notizia che lo riguarda da vicino. Forse ricorderete la strana faccenda che coinvolge un imprenditore in affari con il padre dell'ex premier e il pm che lo indagava. Luigi Dagostino, questo il nome del socio di babbo Renzi, lo stesso che il fu segretario del Pd, parlando al telefono con il padre, definì un personaggio da vomito, vergognandosi dunque per le frequentazioni del genitore, non solo grazie a papà Tiziano fece visita almeno un paio di volte a Luca Lotti, portandosi appresso il magistrato che avrebbe dovuto indagarlo per fatture false, ma quando Renzi era a Palazzo Chigi si recò dal presidente del Consiglio per offrirgli vestiti su misura. Certo non è un reato incontrare un sarto per farsi fare abiti alla moda, ma se davvero l'ex premier pensava che Dagostino facesse vomitare, tanto da dirlo al padre in una telefonata intercettata dai pm quando scoppiò il caso Consip, perché incontrò l'imprenditore? Davvero, come sembrò al momento sentendo la conversazione tra lui e il papà, Renzi non conosceva Dagostino, ossia colui che poi finirà indagato insieme ai genitori per fatture false? E se Dagostino frequentò Palazzo Chigi, non solo gli uffici di Lotti, ma anche quelli di Renzi, la telefonata con il babbo era forse una messinscena per pm e giornalisti? Cioè, l'ex segretario stava recitando prendendo le distanze dall'imprenditore che poi inguaierà il babbo? C'è poi un'altra domanda che mi frulla in testa. Ma quando si è messo davanti alla telecamera per la diretta Facebook, il fu presidente del Consiglio sapeva degli sviluppi dell'inchiesta che riguardavano il cognato e le aziende di famiglia? E se sapeva, parlando delle indagini che potrebbero coinvolgere l'attuale maggioranza, stava forse cercando di distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica, sparando per primo nella speranza di schivare i colpi? Comunque sia, non so se davvero il governo gialloblù dovrà fare i conti con le indagini della magistratura, ma certo Renzi deve fare i conti con indagini che riguardano tutto il Giglio magico che lo circonda. Attorno a lui sono in molti a dover rispondere alle domande del pm. Non solo il cognato, per la faccenda dei soldi sottratti a bimbi africani, ma anche mamma e papà, per una serie di fatture e fallimenti. Poi c'è il suo braccio destro Luca Lotti, sospettato di aver spifferato le informazioni riservate sull'inchiesta Consip. Infine, del gruppo fa parte il padre del ministro Maria Elena Boschi, per il crac della banca di cui era vicepresidente. Tutto ciò consiglierebbe a chiunque di maneggiare con cura la materia giudiziaria e di badare bene prima di aprire bocca. Ma forse le sue sono sono mosse preventive. In fondo, chi spara per primo spara due volte. E forse fa conto di salvarsi.
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