2020-02-11
Renzi fa un teatrino contro Bonafede tanto non può levare la fiducia a Conte
L'ex premier minaccia sfracelli sulla prescrizione. Ma dovrà accontentarsi di togliere l'appoggio soltanto al ministro grillino.Sfiducia sì, sfiducia no, sfiducia forse. Alle 18.36, dopo una giornata di tira e molla, di minacce e manovre, di voci e smentite, di dichiarazioni e grida sulla prescrizione, Matteo Renzi sceglieva la via del tweet per il suo ultimo proclama: «Per giorni hanno detto che Italia viva avrebbe mollato e che mi sarei venduto per due poltrone. FAKENEWS! Non si molla! Se c'è decreto o emendamento su #prescrizione noi votiamo contro. A testa alta». Poi, nella nottata, la riunione dei gruppi per la decisione definitiva. Sembra un ruggito, ma fate attenzione ai termini: la parola «sfiducia» in quel tweet non compariva. E infatti nel pomeriggio Italia viva aveva messo in campo il solito coro sapientemente orchestrato a due voci di «poliziotti buoni» e «poliziotti cattivi». Ad esempio con la capo delegazione, Teresa Bellanova, che diceva: «Non vogliamo far cadere il governo, vogliamo contribuire a risolvere i problemi». Ma cosa volesse intendere esattamente il ministro rispondendo ai giornalisti a Roma sulle tensioni in maggioranza sulla prescrizione non era chiaro. «Si blocchi tutto, si ragioni insieme su una soluzione, questa è nelle mani di Conte», aveva aggiunto la Bellanova, sia pure con toni apparentemente concilianti. Mentre Roberto Giachetti andava nel pomeriggio a Un giorno da Pecora a pronunciare parole di fuoco: «Noi andremo fino in fondo contro il blocco della prescrizione, contro questa riforma che riteniamo liberticida. Se siamo anche disposti a far cadere il governo? Stasera», diceva ieri l'ex candidato, «avremo la riunione dei gruppi, dovremo decidere cosa fare». Poi l'ipotesi più probabile a cui i renziani in queste ore pensano l'aveva aggiunta lui: «Quello che posso dire», spiegava Giachetti, che è sempre il centravanti della squadra, l'uomo degli strappi, «è che se loro, e in particolare Bonafede, vogliono continuare con una forzatura di questo tipo certamente, al di là di quello che succederà col governo, il ministro Bonafede si troverà una bella mozione di sfiducia. Questo è pacifico...». Un atteggiamento che faceva dire al ministro Dario Franceschini, capo delegazione del Pd: «Se un partito di maggioranza minaccia di sfiduciare un ministro, sta minacciando di sfiduciare l'intero governo». Il ministro, vecchia volpe delle manovre parlamentari, parlando a margine di un'iniziativa a sostegno della candidatura di Roberto Gualtieri alle suppletive a Roma, metteva il dito nella piaga. Perché fino alla serata di ieri il punto di Italia viva sembrava questo. Orientarsi a votare sì al Milleproroghe - un no avrebbe creato problemi serissimi alla maggioranza - e «salvarsi l'anima» con una mozione di sfiducia. Nel primo caso, il governo cadrebbe automaticamente. Nel secondo - una mozione individuale - nulla sarebbe certo, e i tempi si allungherebbero dopo il voto cruciale. Infine l'ultima speranza: il gruppo di Italia viva ha annunciato di ritirare tutti gli emendamenti su cui erano stati espressi pareri negativi da governo e relatori, a eccezione di quelli relativi all'articolo 8, che contiene il cosiddetto «lodo Annibali» sulla prescrizione, e all'articolo 35, in cui sono contenute sulle concessioni autostradali. Se passasse questo rinvio potrebbe cantare vittoria. Ma è anche vero che dopo l'accordo dei tre alleati di maggioranza contro Renzi, nessuno vuole tornare indietro al lodo. In un'intervista a questo giornale (pagina 10) il capogruppo del M5s al Senato, Gianluca Perilli, spiega il retroscena che agita il governo in queste ore: «Ho l'impressione che i renziani cerchino un pretesto». E molti, nel Movimento, aggiungevano off the record: quello di Italia viva è un bluff, perché Renzi non ha i tutti voti dei suoi, se chiede di far cadere il governo. Dunque la mozione di sfiducia al ministro dovrebbe essere letta come un modo per nascondere il passo indietro nel voto sul provvedimento, o come uno strumento di pressione per far passare il lodo Annibali. Ma il rischio è che Renzi non porti a casa nulla, che Italia viva sia costretta a votare il Milleproroghe e a prendersi una soddisfazione simbolica sfiduciando Bonafede senza certezza di poterlo far dimettere. Andrà davvero così? Anche dopo la riunione dei gruppi il dilemma resta. Il problema di Renzi è che aveva programmato una crisi che - dopo una eventuale sconfitta di Stefano Bonaccini in Emilia Romagna - sembrava molto facile. E che dopo la vittoria del governatore uscente è diventata molto più difficile da innescare. Soprattutto perché il rimpasto non è più un'opzione. Chi vota contro il governo, ha ragione Perilli, deve mettere in conto che rischia di andare a casa e non tornare più in Parlamento. In fondo si scrive «prescrizione», ma il vero dilemma è questo.