{{ subpage.title }}

Renzi fa la brutta copia di Silvio ma le sue promesse non convincono

Ora mancano solo le cene eleganti e poi il processo di travestimento sarà completato. Iniziato con il vertice di Ventotene, che ha ricordato seppure in tono molto dimesso quello di Pratica di Mare nel 2002, tra Berlusconi, Putin e George Bush jr; continuato con la promessa di dare la quattordicesima ai pensionati, come il Cavaliere diede un milione di lire al mese a chi percepiva vitalizi al minimo; proseguito con il patto della lavagna firmato davanti alle telecamere di Paolo Del Debbio scopiazzando il contratto degli italiani sottoscritto sotto gli occhi di Bruno Vespa e del pubblico di Porta a Porta, il piano di Renzi per camuffarsi da Berlusconi era già a buon punto. Tuttavia ieri il presidente del Consiglio ha voluto superarsi, promettendo all'assemblea per i 110 anni della Salini-Impregilo, cioè della più grande impresa di costruzioni che ci sia nel Paese, che prossimamente darà il via ai lavori per il ponte di Messina. Il capo del governo l'ha presentata come un'opera pubblica necessaria sia per la Sicilia che per la Calabria, che darà lavoro a 100 mila persone, facendo crescere l'economia di tutta Italia. Un discorso copiato direttamente da quello che il capo di Forza Italia fece durante la campagna elettorale del 2013 e che prima d'allora aveva già recitato nel 2009, quando era a Palazzo Chigi.Ora, si può anche convenire sul fatto che il Ponte sullo stretto sia un'opera straordinaria, che darebbe impulso alle regioni del Sud, consentendo di far parlare dell'Italia in tutto il mondo. Tuttavia, l'idea di unire l'isola al continente si è sempre scontrata con un piccolo dettaglio: chi paga? Domanda non di poco conto in un Paese afflitto da un enorme debito pubblico che invece di calare, come nelle promesse di qualsiasi governo, continua a salire. Ovviamente la risposta facile di Renzi la immaginiamo: il project finance. Da uno che ama nascondere le decisioni dietro le parole in inglese per non farle comprendere a pieno c'è da aspettarsi questo e altro. Pagheranno i privati, gli investitori che credono nel progetto, i quali rientreranno dei loro soldi grazie alle concessioni governative, incassando i soldi del pedaggio. Sembra l'uovo di Colombo. In realtà, finora si tratta solo di una frittata e per di più riuscita male. Perché se da un lato è bello immaginare che anche in questo Paese si riescano a realizzare opere moderne e utili, dall'altro ci si scontra con una realtà che a oggi non è riuscita neppure a completare senza danni la Salerno-Reggio Calabria. Problema ininfluente a sentire il presidente del Consiglio, il quale nonostante non sia ancora stato possibile collegare con una moderna autostrada la cittadina campana con quella calabra, già preannuncia la Napoli-Palermo. Sta di fatto che, a ora, l'unico risultato sono le spese della società che si occupa di tenere a battesimo il progetto, impresa che, pur non avendo collocato neppure una pietra del mitico viadotto, è già costata ai contribuenti quasi un miliardo in bandi, stipendi e gettoni di presenza.

Questa però sarebbe la volta buona, con il cancelletto davanti, come si usa fare da quando Matteo Renzi si è insediato nella stanza dei bottoni e utilizza qualsiasi novità pur di accreditarsi come il grande modernizzatore della vita politica italiana. In realtà, più che la volta buona del Ponte, è la volta che il premier rischia di lasciarci le bucce. Il referendum sulla riforma costituzionale, da vinto che sembrava, ora rischia di essere perso, perché si è trasformato, proprio per suo volere – almeno all'inizio – in un plebiscito sul suo operato. Renzi era convinto di avere il vento nelle vele e invece si rende conto che le sue e quelle del suo governo sono già sgonfie. Mezza sinistra lo detesta, perché lo ritiene un traditore. L'altra mezza lo sopporta, ma solo fino a quando continuerà a vincere. Così, per non essere rottamato, al Rottamatore tocca travestirsi da Berlusconi, nella speranza di convincere almeno l'elettorato che fu di Forza Italia. E allora vai con i vertici internazionali, le polemiche con l'Europa, gli aumenti alle pensioni, il patto della lavagna e, perché no, perfino con il Ponte di Messina. Fosse stato il 25 aprile Renzi sarebbe andato perfino ad Amatrice con il fazzoletto rosso da Garibaldino, nella speranza di tirare dalla sua anche qualche partigiano.

Tuttavia, nonostante gli sforzi, Matteo resta sempre un'imitazione, e neppure ben riuscita. Si può dire tutto di Berlusconi e magari anche detestarlo, ma lui resta inimitabile. Anche perché, a differenza dell'attuale inquilino di Palazzo Chigi, le barzellette, lui, le sapeva raccontare.

«Ho provato anch’io un “Truman Show”»
Giovanna Rei (Getty Images)
L’attrice napoletana Giovanna Rei: «Ne “Il Protagonista” facevo credere a un ragazzo di amarlo, ho vissuto una vita fittizia per un mese Fu uno scherzo terribile. Carlo Vanzina ha cambiato la mia esistenza, al suo funerale ho pianto come a quello di mio nonno»

Giovanna Rei è un’attrice che ha conosciuto la grande notorietà, senza inseguirla, spesso quasi per caso, ma non hai mai avuto paura di fare un passo indietro pur di difendere se stessa e la sua vita. È appena apparsa nella serie tv Noi del Rione Sanità di Luca Miniero, trasmessa da Rai 1 con ottimi riscontri di pubblico. Una buona occasione per fare il punto sulla sua carriera.

Continua a leggereRiduci
content.jwplatform.com
Il Gourmet Bus porta in giro le eccellenze della nostra tradizione culinaria. A bordo nella sosta romana il ministro Santanchè: «Noi meglio dei francesi, ma siamo disuniti».

Se pochi giorni fa qualcuno avesse sottovalutato lo storico riconoscimento che l’Unesco ha accordato alla cucina italiana, da quest’anno patrimonio culturale immateriale globale, è il ministro del Turismo Daniela Santanchè, a bordo del Gourmet Bus, a spiegare cosa significhi: «Non è soltanto una questione di immagine, che pur è importante, ma di numeri, perché aiuta e fa crescere il valore delle nostre aziende, dei nostri ristoratori e si traduce in posti di lavoro stabili. Nel settore del turismo abbiamo ancora molti lavoratori stagionali che vorremmo stabilizzati. Grazie a riconoscimenti come questo potranno lavorare di più, anche 12 mesi l’anno». Non solo: secondo le associazioni di settore il titolo riconosciuto dall’Unesco potrà determinare nell’arco di due anni un incremento dei flussi turistici fino all’8%, pari a circa 18 milioni di pernottamenti aggiuntivi.

Continua a leggereRiduci
Bottiglie di spumante a rischio col regolamento Ue sugli imballaggi
iStock
Per il consorzio del riciclo, le norme in discussione penalizzano i contenitori di vetro scuro e spesso, tipici ad esempio del Prosecco e fondamentali per il metodo classico. Un regalo agli Stati del Nord, senza vino.

Messaggio in bottiglia da Bruxelles: per boicottare il vino ci occupiamo del vetro, così come suggerito dai tedeschi. Cancellare le bottiglie scure in vetro pesante vuol dire impedire che in Europa si producano spumanti, a cominciare dallo Champagne, e olio extravergine di oliva. Vuol dire sottrarre all’Ue un ammontare di esportazioni che vale circa 11 miliardi (8 dagli spumanti, 3 dall’extravergine). Tutto perché nella nuova direttiva sugli imballaggi, figlia del Green deal (che è durissimo a morire), c’è scritto: «Entro il 2030 un imballaggio o una bottiglia costituiti per più del 30% del proprio peso da materiale non riciclabile non può più essere messo in commercio». È il seguito del regolamento sugli imballaggi che si pensava fosse stato accantonato: prevede che il vuoto a perdere sia riciclato al 90%, però si continua a discutere se debba invece essere del tutto abolito (si fa fatica a pensare che uno vada - tanto per restare nel vino - a Beaune a farsi rabboccare La Tâche o da Antinori a chiedere di fare il pieno di Solaia), e ancora se debbano andare fuori commercio le bottiglie che pesano più di 700 grammi.

Continua a leggereRiduci
«Porterò in Senato il caso di Andrea, ferito dai rapinatori e mai risarcito»
Maurizio Gasparri (Ansa)
Maurizio Gasparri: «Sono gravemente indignato. Lui e i suoi genitori meritano la tutela negata dalle lungaggini della burocrazia».

Fuori è già Natale. Ma dentro la casa della famiglia Furlan, a Padova, non ci sono addobbi. L’ultima volta che mamma Cristina e papà Fabiano hanno fatto l’albero era il 2013. Pochi giorni dopo, la sera del 14 dicembre, un bandito entra in un supermercato e spara a suo figlio Andrea, allora ventitreenne, assunto al Prix Quality Spa di Albignasego da appena due mesi.

Continua a leggereRiduci
Le Firme

Scopri La Verità

Registrati per leggere gratuitamente per 30 minuti i nostri contenuti.
Leggi gratis per 30 minuti
Nuove storie
Preferenze Privacy