2022-01-21
Le Regioni forzano la mano sulla scuola: in Piemonte classi in Dad con un solo caso
I genitori in rivolta scrivono ad Alberto Cirio: «Norme violate». Emilia, chieste alle Asl le liste degli alunni vaccinati. A Varese i presidi pretendono le Ffp2 anche per i bambini.In ordine sparso, senza regole comuni, ognuno fa quello che può: è questa la fotografia della scuola italiana a dieci giorni dalla ripresa post-natalizia e a due anni da inizio pandemia. Un caos che il ministro Bianchi tenta di contenere, almeno formalmente, attraverso la «guerra dei dati» ingaggiata con l’Associazione nazionale presidi. Questa, due giorni fa, stimava le classi aperte intorno al 50%, il ministro ha replicato che «i dati li dà il ministero, non l’Anp» e puntualmente ieri sono arrivati: secondo Bianchi le classi sono in presenza «al 93%», quindi non c’è allarme. Difficile dire chi abbia ragione: i presidi riferiscono situazioni specifiche e più nel dettaglio, dato che molte classi sono in modalità «blended» (mista), ossia con parte della classe in Dad (per dieci giorni) per positività o perché gli alunni sono contatti stretti di qualche familiare, e il resto in classe. Il ministro, da parte sua, riferisce la contabilità delle classi «tecnicamente aperte» che, non considerando i singoli alunni in Dad, di fatto alimentano il bollettino positivo del ministero. . L’elemento portante è che in Italia, da due anni, non solo le Regioni, non solo i Comuni ma addirittura i singoli istituti applicano ognuno regole diverse.Lombardia, istituto comprensivo in provincia di Milano: medie tutte in Dad, primaria esce a pranzo. Avezzano: i genitori pro dad vogliono chiudere le scuole, il sindaco resiste. Benevento: l’ormai settantaquattrenne sindaco Mastella, rispettoso delle gerarchie, come si confà ai politici della prima Repubblica, tiene le scuole aperte come richiesto dal premier Draghi, ma non si esime dal denunciare che le mamme della sua città vogliono tenere i bambini a casa e lamentano che «i loro figli non sono cavie», nonostante nel Sannio a oggi quasi il 50 per cento dei bambini della fascia di età 5-11 anni sia già vaccinata. Varese: i dirigenti scolastici chiedono ai bambini la mascherina Ffp2 a scuola, nonostante l’art. 16 del Dl 221 espliciti chiaramente che vanno utilizzate soltanto dagli insegnanti, e solo in quelle classi ove ci siano studenti esentati dall’indossare le mascherine. Bari: le assenze in diversi istituti arrivano all’80%, una preside lancia l’appello ai genitori per «portare i bambini in classe». Piemonte: da ieri nelle scuole primarie piemontesi al primo caso positivo tutta la classe va in Dad. Una posizione che ha fatto esplodere la protesta delle famiglie, riunite nel Comitato Priorità alla scuola, che in una missiva se la prendono proprio con la Regione. «Le famiglie piemontesi – si legge nella lettera indirizzata tra gli altri al governatore Alberto Cirio e al ministro Patrizio Bianchi – hanno appreso prima dalle scuole, poi da anticipazioni di stampa che la Regione, il Dirmei e le Asl hanno valutato di non applicare i protocolli nazionali relativi alle quarantene scolastiche nella scuola primaria». La Dad con un solo caso positivo, infatti, «contraddice le “regole chiare per una scuola in presenza” varate poco più di 10 giorni fa dal governo, anche se nella prassi già avveniva da tempo». Emilia Romagna: Paolo Pandolfi, direttore di Asl Bologna, ha pubblicamente dichiarato che la Asl avrebbe fornito ai dirigenti scolastici le liste degli studenti vaccinati e non; a Faenza i ragazzi sono dovuti andare a scuola con la fotocopia del green pass dove hanno dovuto appuntare a matita il calcolo dei 120 giorni dalla data di vaccinazione o guarigione. Firenze: una classe in Dad per tre positivi asintomatici. Meglio fermarsi qui, ma il cahier des doléances è infinito. Non parliamo poi del protocollo avviato a novembre dal ministero, e durato l’espace d’un matin (fino a prima delle vacanze) perché caduto sotto il fuoco di fila dei tamponi che hanno mandato in tilt le Asl italiane: il «test to stay». Il protocollo prevedeva, in caso di un alunno positivo in classe, il tampone al «tempo zero» (T0, il giorno in cui veniva accertata la positività dell’unico alunno contagiato) e un test di controllo al quinto giorno (T5). Come pensate che sia finita? È finita che le Asl, tra tamponi per i lavoratori senza green pass da vaccino, screening e sintomatici, non hanno potuto sostenere questa mole di lavoro. Risultato: prima di poter fare il tampone iniziale passavano giorni, durante i quali i ragazzi restavano in Dad («per prudenza», ovviamente). Al rientro, il protocollo è stato lasciato soltanto per la scuola primaria. Il messaggio che ne esce, però, non è edificante: l’accesso all’istruzione, bene primario e diritto naturale, non può essere condizionato alla vaccinazione anti Covid. Vaccinazione richiesta con insistenza, anche quando arriva dal Cdc la conferma dell’innocuità di Omicron, ormai prevalente nel nostro Paese: - 91% di decessi rispetto alla variante Delta, -53% di ospedalizzazioni e -74% di terapie intensive. Come uscire da questa impasse? Semplicemente, «facendo sì che il tampone ritorni a essere uno strumento diagnostico affidato ai medici e pediatri», come rileva la Rete Nazionale Scuola in Presenza, che ha indirizzato proprio ieri una lettera appello alle istituzioni per sollecitare una rapida uscita dal caos. Le continue quarantene mettono in difficoltà i minori, che a loro volta mettono in difficoltà le famiglie, che a loro volta mettono in difficoltà gli uffici e le aziende in cui lavorano, che a loro volta mettono in difficoltà l’economia del Paese. «Dobbiamo - scrive la Rete - iniziare a tamponare solo chi presenta sintomi; chi è negativo resta in classe, chi è positivo resta a casa, in modo di tutelare maggiormentela continuità didattica degli studenti». Gli studenti devono tornare in classe in presenza, insomma. Perché, come ormai è chiaro, se chiude la scuola, chiude il Paese.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
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