2023-06-14
Kataleya è svanita anche per colpa di chi ha lasciato vivesse in una giungla urbana
Da anni l’hotel occupato in cui abita la bimba con decine di altri abusivi viene tollerato dalle amministrazioni dem di Firenze. Al quarto giorno senza notizie di Mia Kataleya Chicllo Alvarez detta Kata, cinque anni, peruviana, il magistrato della Procura antimafia che si occupa dell’inchiesta per rapimento con finalità estorsiva, Christine von Borries, è entrato insieme ai carabinieri nell’ultimo luogo in cui la piccola è stata vista, ovvero il postaccio in cui viveva con la sua famiglia: l’ex hotel Astor di via Boccherini, nel quartiere fiorentino di Novoli, stabile che è diventato il simbolo dell’occupazione abusiva tollerata dall’amministrazione dem di Dario Nardella, dal quale due settimane fa, come aveva ricostruito La Verità lo scorso 31 maggio, un peruviano è volato giù da una finestra dopo una rissa e dove immigrati dell’Est e latinos si massacrano di botte anche solo per un allaccio abusivo alla corrente elettrica. Due episodi nei quali i familiari di Katia si sono trovati coinvolti, e non solo di striscio. Alcuni testimoni hanno riferito agli inquirenti che, quando l’uomo è volato dalla finestra, per esempio, era presente un parente della piccola. E che, invece, a un duello all’arma bianca in uno dei corridoi dell’ex hotel, avrebbe preso parte il papà di Kata, Miguel Angel Chicllo (successivamente arrestato per reati contro il patrimonio e, nel carcere di Sollicciano, dove è detenuto, alla notizia della scomparsa della bambina ha anche tentato di togliersi la vita ingerendo detersivo). Ovviamente gli investigatori stanno cercando riscontri e al momento non riescono a collegare i due avvenimenti al rapimento. Per ora l’unica cosa certa è che Kata è stata ripresa da alcune telecamere mentre entrava nella struttura in cui abitava. Non ci sono invece immagini che mostrano mentre esce. Ecco perché gli inquirenti concentrano le loro attenzioni nella struttura. «Senza tralasciare», spiegano, «le segnalazioni esterne». Ieri le indagini si sono spinte a Bologna, perché qualcuno l’aveva avvistata in compagnia di una donna su un bus. E c’era stata perfino la telefonata di un tizio che aveva detto di avere Kata con sé. Poi si è scoperto che era un mitomane. Sulle indicazioni che gli inquirenti stanno ricevendo in queste ore, comprese quelle dei parenti, però, c’è molta attenzione. Come anche sulle dichiarazioni rilasciate ai giornalisti. In alcuni dei racconti potrebbero nascondersi piccoli depistaggi oppure oscuri messaggi che, se decrittati, potrebbero portare a una svolta. Alcuni carabinieri, per esempio, si stanno occupando di un post su Facebook scritto da alcuni ex occupanti peruviani (che hanno fatto perdere le loro tracce e si sospetta siano all’estero): «Ricordatevi che in Perù avete una famiglia». Una frase che puzza di minaccia. Se Kata, che è sparita mentre era in compagnia di un’amica, davvero non è uscita dall’hotel, le piste più accreditate al momento sono due: una che porta verso i peruviani (nell’hotel è diffuso il fenomeno del racket degli alloggi e anche nella stessa comunità peruviana scoppiano pesanti litigi), l’altra che porta verso la comunità romena (uno dei conflitti quotidiani, infatti, è tra la comunità romena e quella latina). E tra i messaggi criptici ci sono quelli che lancia in tv Elisa Suarez, la zia di Kata: «Rispetto ai giorni scorsi abbiamo una speranza in più, non posso dire che cosa, ma noi abbiamo questa fede». Anche la mamma della piccola, Kathrina, prima di finire pure lei in ospedale per aver ingerito varechina dopo essere stata sentita dai carabinieri, aveva bofonchiato con la stampa qualcosa da decifrare: «È stata presa da qualcuno che conosceva, l’ho detto ai carabinieri (in realtà, però, gli investigatori hanno parlato di indicazioni, ma nessun nome sarebbe arrivato dalla donna, ndr)». E aveva usato anche queste parole: «Non farò denuncia, ma fatela tornare a casa». E infine si è lasciata scappare di aver dovuto pagare 1.000 euro per poter accedere a uno degli appartamenti dell’hotel da incubo, pieno di corridoi, porte e ingressi che danno su un cortiletto. Nelle scorse settimane, poi, la mamma di Kata si era dovuta barricare nella sua camera con la piccola perché qualcuno, raccontano nella comunità dei latinos, avrebbe tentato di impadronirsi della loro stanza. La struttura, non solo per il degrado e per il racket che ruota attorno agli alloggi per stranieri irregolari o senza fissa dimora (della quale Lega e Fdi da tempo chiedono lo sgombero), alimenta il mistero: una delle uscite secondarie dell’edificio, probabilmente un tempo usate dal personale addetto alle camere, con affaccio sul retro del palazzo, in un punto che non ha telecamere, era chiusa da anni, con vecchi mobili ammassati che la coprivano parzialmente. Nel pomeriggio di ieri i carabinieri, dopo aver ascoltato il fratellino di Kata, che ha sette anni, convocato insieme allo zio materno, sono tornati in via Boccherini, pare proprio per verificare anche quel percorso. Un militare si è avvicinato al citofono del palazzo confinante, ha suonato a un nominativo tra i 19 pulsanti e annunciato di dover notificare un atto di perquisizione. I militari hanno quindi ispezionato sia l’interno sia l’esterno del condominio, fermandosi per molto tempo nell’area dei garage, probabile «base» dei rapitori. Poi sono tornati all’Astor. «È presto per parlare di una svolta», dice alla Verità uno dei carabinieri impegnati nell’operazione. Ma una pista ora sembra essere più concreta. E porta gli investigatori dritti nel degrado, per troppo tempo consentito, di via Boccherini. Dove gli occupanti, con degli striscioni, si permettono pure di polemizzare: «48 ore senza risposte dalla polizia».
Il ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Ansa)
Giorgia Meloni e Donald Trump (Getty Images)
il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi (Ansa)