2020-05-13
Girolamo Sirchia: ««L’Italia non fa più i propri interessi
siamo senza strategia tra gli squali»»
L'ex ministro della Salute: «È umiliante vedere che figura sta facendo il Paese nel mondo. Siamo guidati da sprovveduti privi di esperienza. Ma dei tagli alla sanità sono responsabili dal governo Monti in poi».A 86 anni il professor Girolamo Sirchia non si è ancora avventurato fuori di casa dopo l'allentamento della quarantena. «Uscirò tra qualche giorno, anche se non è certo piacevole restare reclusi», ammette. Immunoematologo, per quasi 30 anni primario del Centro trasfusionale del Policlinico di Milano, pioniere dei trapianti di organi in Italia, Sirchia è stato ministro della Salute nel secondo governo Berlusconi e durante il suo mandato dovette affrontare un'altra pandemia scoppiata in Cina, quella della Sars dilagata tra il 2002 e il 2003: un virus che colpisce i polmoni alla cui famiglia appartiene anche il Covid-19.Che esperienza visse all'epoca?«Devo ammettere che allora mi sono trovato anch'io di fronte a un problema imprevisto e all'inizio abbiamo un po' annaspato. Ma grazie a una rete di rapporti internazionali, in particolare con i Cdc americani, cioè i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie, ho capito che l'importante era la preparazione».Non prevenzione, ma essere pronti all'arrivo dell'epidemia.«Certo, perché le epidemie si presentano regolarmente nel mondo. Ogni tot anni compare un agente che rischia di trasformarsi in epidemia».La Sars in Italia non fu violenta come il Covid.«Ma ci ha insegnato che cosa fare. La prima cosa fu dunque istituire il Cdc italiano, un ente collocato presso il ministero della Salute per studiare continuamente le epidemie nel mondo in stretto rapporto con la rete delle analoghe strutture internazionali. Il compito era analizzare e capire i possibili rischi per il nostro Paese».I rischi di contagio?«Gli studi sulle epidemie vanno sempre legati al rischio che la malattia possa arrivare in Italia per decidere che cosa fare in quel caso. Si valutano i diversi scenari e in base al grado di rischio, quello che gli anglosassoni chiamano il risk assessment - si predispone un piano di contrasto che comprende logistica, personale, protocolli. Tutte cose da fare prima che arrivi l'epidemia in modo che la macchina sia pronta quando dovesse scoppiare l'emergenza». Una protezione civile in campo medico?«No: dovrebbe essere un'attività sanitaria vera e propria. Protezione della salute pubblica che si avvale di forze diverse, una delle quali è senz'altro la protezione civile».Che fine ha fatto il Cdc italiano?«Lo abbiamo istituito con una legge nel 2004 ed è andato avanti fino al 2010, quando è stato rinnovato per altri 2 anni senza finanziamenti. Nel 2012 è stato abbandonato».Governo Monti.«Esattamente. Questa per me è la causa principale dell'impreparazione che ci siamo trovati a dover affrontare oggi. È il frutto della insensata politica di mancati investimenti in sanità che è diventata il mantra di tutti i governi da Monti in poi. Improvvisamente è piombata l'epidemia ma noi non abbiamo capito i rischi, non avevamo mai studiato questi problemi e non sapevamo che fare. Predisporre i materiali dalle mascherine ai ventilatori, allertare il personale, ampliare i centri di malattie infettive: tutte cose che vanno fatte prima».C'erano e sono state abbandonate. «Abbiamo istituti che valutano i rischi sismici ed enti che predispongono piani di intervento in caso di incendi e calamità naturali, ma nulla che ci predisponga a fronteggiare le epidemie».Come ricominciare a investire in sanità se mancano i soldi?«La priorità di qualsiasi governo dev'essere il benessere della popolazione. La stretta finanziaria su salute, scuola, università, ambiente, ricerca, è una strategia fallimentare e i risultati li vediamo. Ci sarebbe da avere vergogna ad avere partecipato a politiche di questo genere. I governi degli ultimi anni dovrebbero ammettere i loro sbagli clamorosi».Che cosa dovrebbero dire agli italiani?«Semplicemente che hanno sbagliato tutti. Hanno pensato che il bene della nazione derivasse dal risparmio sulla salute per investire in altri settori. Invece si insiste ancora a sostenere che la spesa sanitaria è improduttiva e che quelli sono soldi buttati».Quale lezione dobbiamo imparare?«Il motore di sviluppo del mondo è la salute, non la banca. Per non parlare degli altri gravissimi errori fatti con la globalizzazione. Abbiamo consegnato la produzione dei beni agricoli e manifatturieri nelle mani della Cina. La Cina ormai fa tutto e se chiude il rubinetto noi moriamo. Si può immaginare un governo che non abbia strategie di difesa in un mondo di squali dove ognuno fa i propri interessi?».No, non si può. «Eppure noi facciamo l'interesse degli altri invece che il nostro. Abbiamo puntato tutto sul turismo: comodo affittare le case invece che andare in campagna a lavorare. Ora però ci siamo accorti che questa non è una strategia di governo sapiente, ma un azzardo che stiamo pagando caro. Sono molto triste».Perché?«Non solo perché molta gente è morta e molta altra ha sofferto, ma per la brutta figura che facciamo nel mondo. L'Italia è un Paese sciocco che si presenta come insipiente e questa è la cosa che mi umilia di più. Non è vero che tutti gli italiani sono stupidi e insipienti, purtroppo sono stati male educati nel mondo dei diritti. Solo diritti, mai doveri. È stato un abbaglio madornale». Quali altri errori ha fatto il governo?«Mancano esperienza e pensiero strategico. È gente che passava per caso e la cabala li ha messi in posizioni che non sono in grado di occupare. Ci ricordiamo di quando dicevano che non dovevamo mettere le mascherine, mentre ora è vietato uscire per strada senza? Quante chiacchiere in cerca di protagonismo».Anche tra gli scienziati?«Come no: si propongono in tv tutti i giorni parlando anche di cose che non conoscono».Che cosa intende?«Un clinico ha una mentalità completamente diversa da un laboratorista, e chi fa esperimenti in laboratorio e pubblica ottimi risultati per le proprie ricerche magari non sa nulla di pratica clinica. Così si finisce per dire banalità».Le competenze di laboratoristi e clinici andrebbero composte in un organismo multidisciplinare: è questo che dice?«Il punto di vista unico di solito è sbagliato».Ammesso che si torni a investire in sanità, quali sarebbero gli interventi prioritari?«Bisogna capire che investire sulla sanità non vuol dire mettere innanzitutto soldi, ma il pensiero. Lo studio». E poi?«Naturalmente andrebbe ripristinato il Centro per lo studio e la lotta alle epidemie che non deve mancare. Ma tutelare la salute pubblica significa anche potenziare la sanità pubblica. Non sono contro il privato in sanità, ma a una condizione».Quale?«Una gestione e un controllo rigorosi. L'accreditamento è una funzione importantissima che le regioni dovrebbero svolgere. E comunque la sanità pubblica non va svilita».In che senso?«Dovrebbe essere la sanità privata a rincorrere quella pubblica, non viceversa. Le parlo dal Policlinico di Milano, che per secoli è stato un faro di civiltà e di medicina mentre oggi va avanti tra difficoltà immense. La sanità pubblica dovrebbe essere liberata da tutte quelle inutili regole che di fatto la affondano». Per esempio?«Le gare al massimo ribasso: sono deleterie in un ospedale pubblico perché pur di risparmiare si comprano materiali scadenti. E alla fine non si risparmia neppure, perché se compro guanti di lattice che si rompono in fretta ne devo usare 3 anziché uno. La qualità va valutata più del prezzo, che invece adesso è l'unico parametro considerato negli acquisti».Pd e 5 stelle vogliono togliere la competenza della sanità alle Regioni per riportarla allo Stato.«L'errore è la troppa politica nel sistema sanitario. Lo scontro istituzionale tra Stato e Regioni comporta uno spreco di soldi e di tempo che vengono sottratti a cose più importanti e generano inefficienze e conflittualità».È stato giusto chiudere tutto per oltre due mesi?«Occorre una rete di vigilanza molto attenta e un'organizzazione molto più efficiente per poter rinunciare a queste misure. Se uno non è riuscito a pensare prima, non riesce a pensare durante».Andrebbe tolto il numero chiuso a medicina?«Non ci vuole Pitagora per capire che se riduci il numero degli specialisti non c'è più nessuno per sostituire chi va in pensione. Chissà da che cosa sono distratti i nostri politici per non rendersi conto di verità così elementari».Chi pensa ai malati cronici, che rischiano di essere dimenticati?«È una questione davvero drammatica. La gente ha paura, conosco anch'io persone che non vanno più in ospedale. Preferiscono rischiare restando a casa perché terrorizzati dal pericolo di prendere il Covid in ospedale. Stanno a casa e sperano in Dio. Purtroppo non è stato organizzato niente sul territorio. Anche qui, o pensi prima altrimenti annaspi e fai quello che puoi. Il problema resta quello, l'impreparazione di chi governa. Chi fa un mestiere che non sa fare, lo fa male».
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