2022-06-18
Putin attacca gli States: «Finita la loro era»
Al Forum di San Pietroburgo lo zar sfida l’Occidente: «Sanzioni senza precedenti che colpiscono chi le applica». E in particolare l’Ue: «Ha perso la sovranità». Ad ascoltarlo Cuba, i Talebani, ma anche le italiane Camera di commercio e Confindustria Russia.Non si può certo dire che Vladimir Putin nasconda le sue intenzioni, né che usi l’arte della circonlocuzione: in modo perfino brutale, il capo del Cremlino, intervenendo ieri allo Spief, il 25° Forum internazionale di San Pietroburgo, è andato dritto al punto, mostrando di voler far valere i punti deboli e le vulnerabilità europee, e lanciando una sfida globale all’Occidente (cosa che dovrebbe ricordare a tutti quale sia la posta in gioco nei prossimi anni, ben al di là del conflitto in Ucraina). Quanto alle sanzioni, Putin le ha definite «senza precedenti», ma poi ha aggiunto: «Siamo persone forti e possiamo vincere tutte le sfide che ci vengono proposte. Le sanzioni economiche sono un’arma a doppio taglio che spesso colpisce di più chi le introduce: nei Paesi europei si sono aggravati i problemi». Il presidente russo, riferendosi alla Russia, ha detto di aver «stabilizzato il mercato finanziario ed economico». Riferendosi invece all’Ue, Putin ha sostenuto che essa abbia «perso sovranità economica e politica, e questo è vero soprattutto adesso che ha cercato di minacciare la nostra economia, ma così ha minacciato la propria».E fin qui il presidente russo - dal suo punto di vista, beninteso - è stato assolutamente razionale: la sua intenzione è una vera e propria weaponization delle materie prime, cioè la trasformazione di petrolio e gas in armi politiche ed economiche. E ha tutti gli strumenti per insistere in questa strategia. Da questo punto di vista, siamo noi a dover avere almeno tre rimpianti. Primo: aver creato la nostra dipendenza energetica. E, per inciso, anche i leader che più strepitano - adesso - contro questo deprecabile stato di cose hanno potentemente concorso a crearlo: l’Enrico Letta che oggi esprime posizioni atlantiste dev’essere forse un omonimo del Letta che da Palazzo Chigi, nel 2013, fece impennare gli acquisti italiani di gas russo. Secondo: non aver compreso che una linea di leale realismo, che tenesse insieme sia la correttezza verso l’Alleanza atlantica sia le nostre esigenze nazionali, avrebbe dovuto portare l’Italia e altri Paesi Ue a insistere su un obiettivo di medio termine, e cioè prendere un impegno - serio e rispettabile - a renderci indipendenti in un tempo praticabile, in tre-quattro anni, dalle forniture russe. Pensare di farlo troppo presto, invece, sarebbe un salto nel buio. Terzo: non aver puntato su una nostra autonoma sovranità energetica. Esattamente il contrario dell’ideologia gretina della transizione green. Purtroppo sono questi nodi a essere venuti al pettine, esponendoci al ricatto energetico putiniano. Dopo di che, Putin è passato a un classico del suo repertorio: il rovesciamento delle responsabilità, ad esempio sulla crisi del grano. «La carestia nei Paesi più poveri sarà sulla coscienza dell’amministrazione statunitense e degli eurocrati», ha detto, accusando gli Usa di «accaparrarsi» cibo sui mercati globali. E qui il capo del Cremlino è passato a delineare uno scenario di sfida geopolitica totale: «Gli Stati Uniti non si sono accorti che negli ultimi decenni si sono creati diversi altri centri. È una rivoluzione. Cresce il ruolo dei Paesi che si sviluppano in modo dinamico e progressivo, i cui interessi non possono più essere ignorati credendo che tutto tornerà come prima». E ancora: «Alcuni leader occidentali si aggrappano al passato, e sono convinti che domineranno per sempre l’economia e la politica. Questi leader sono prigionieri delle loro illusioni». Naturalmente, Putin si è guardato dall’evocare le proprie vulnerabilità: un Pil decisamente piccolo; la povertà di tanta parte della sua popolazione, costretta a standard di vita inaccettabilmente bassi; il rischio di essere in prospettiva assorbito e dominato da Pechino. Va sottolineato che (con rare eccezioni limitate alla tavola rotonda: «Investitori occidentali in Russia: nuove realtà»), Stati Uniti ed Europa non hanno partecipato quest’anno al Forum, dove invece sono state o saranno accolte con tutti gli onori (oggi è la giornata conclusiva) delegazioni come quella dei Talebani, e poi ancora quelle del Venezuela e di Cuba, oltre alla partecipazione più scontata del bielorusso Alexander Lukashenko e del leader dell’autoproclamata repubblica separatista di Donetsk, Denis Pushilin, mentre sono stati previsti collegamenti con Xi Jinping e Al Sisi.Proprio mentre Mario Draghi era a Kiev, ha destato un certo stupore anche una non marginale partecipazione italiana: Alfredo Gozzi, presidente di Confindustria Russia; Vincenzo Trani, presidente della Camera di Commercio italo-russa, nonché fondatore di Delimobil, la società di car sharing russa che, fino a febbraio, vedeva anche una presenza nel cda di Matteo Renzi (che si è dimesso allo scoppio della guerra); così come pare confermata anche la presenza di un dirigente del gruppo Unicredit. Del resto, si ricorderà che, un mese prima dell’invasione dell’Ucraina, il 26 gennaio, Putin aveva convocato per un incontro online che suscitò diverse polemiche numerose imprese italiane (energetiche, bancarie, e non solo).
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)