2024-02-10
Pure la Mannino ci fa il predicozzo su ambiente e maschio tossico
Dal palco dell’Ariston la comica siciliana ci ha ammorbato con l’ennesima sequela di luoghi comuni di stampo progressista.Contrordine: pensavamo di averla sfangata questa volta, e invece no. Credevamo - e lo abbiamo pure scritto, maledizione - di esserci tolti dai piedi i monologhi in stile conferenza Ted affidati a vip e vippetti sul palco di Sanremo. Eravamo certi che, dopo le disavventure di Chiara Ferragni, Amadeus e i suoi autori evitassero le scivolate politicamente corrette infarcite di piagnisteo e dirittismo. Beh, ci sbagliavamo. Non avevamo calcolato Teresa Mannino, non l’abbiamo vista arrivare. O, meglio, ci aspettavamo che una delle più note attrici comiche italiane avesse la capacità di elevarsi appena rispetto al livello minimo imposto dal pensiero prevalente. Errore di sopravvalutazione: c’è caduta pure lei, si vede che il palco dell’Ariston dà un poco alla testa e instilla nella mente dell’ospite famoso la convinzione di essere in qualche modo tenuto a educare le masse in favore di telecamera. E potrebbe persino essere una cosa interessante, non lo neghiamo, se almeno i suddetti ospiti avessero davvero qualche contenuto originale. Ribadiamo: non di sinistra o di destra, ma semplicemente originale, frutto cioè di un utilizzo indipendente della ragione e di un esercizio coraggioso della critica. Purtroppo, dobbiamo rassegnarci all’idea che i nostri intellettuali e intrattenitori siano totalmente proni all’ideologia dominante, in particolare alle sue derive woke di adorazione para-religiosa delle minoranze. Ed ecco allora la Mannino salire sul palco in modo in effetti divertente. Tempo pochi secondi e il suo intervento si è trasformato in una filippica sul posto dell’essere umano nel cosmo. Argomento ambizioso, per carità, e molto interessante. Ma possibile che non si riesca ad andare oltre il postumanesimo d’accatto? Più che una comica la Mannino sembrava una ricercatrice universitaria di filosofia che ha letto troppo libri sull’antispecismo. «Nell’antico testamento, Giobbe dice: “Interroga l’animale e te lo spiegherà”. Io ho interrogato le formiche tagliafoglie, che coltivano come noi. Sono le uniche nel mondo. Hanno questi grandissimi formicai dove coltivano funghi. Fanno agricoltura da 50 milioni di anni e non hanno rovinato niente. Noi facciamo agricoltura solo da 10.000 anni e abbiamo sfinito il pianeta», ha detto l’attrice. Solita solfa: l’essere umano presentato prima come uno fra i tanti animali, poi come cancro che distrugge il pianeta. Le abbiamo già sentite, queste teorie, e potremmo anche fare a meno di sentircele ripetere. Posto che il problema degli esseri umani è proprio la loro tendenza a non emanciparsi dallo stato animale e la disabitudine all’utilizzo della ragione di cui essi sono naturalmente dotati, se qualcuno davvero ritiene di essere una piaga che infesta il creato - convinzione legittima - non ha che da agevolare il compito al processo di invecchiamento e avviarsi serenamente alla porta. Invece, guarda un po', tutti i presunti fanatici dell’Apocalisse ambientale restano saldamente ancorati a questo mondo corrotto e violento. Chissà come mai. Non è mica finita, no. Dopo l’affondo ecologista, la Mannino ha scodellato la tirata contro il maschio, di cui in effetti si sentiva la mancanza. «La società delle formiche tagliafoglie funziona così», ha scandito. «C’è una regina madre e le sue figlie, i maschi sono solo una piccola minoranza. La regina madre sceglie il sesso dei nascituri e che sesso sceglie? Femmine. I maschi li sceglie una volta all’anno per la prosecuzione della specie. E qual è il loro ruolo? L’unico compito che hanno è quello di fornire gli spermatozoi». E fin qui, niente di sconvolgente (anche se il sogno di un maschio mero fornitore di seme ottunde la mente di molte femministe). Il meglio è arrivato quando la brava Teresa, di nuovo in versione assegnista di Harvard nel dipartimento di Gender studies, ha scomodato Protagora, filosofo greco secondo cui l’uomo è misura di tutte le cose: «Oggi diremmo che l’uomo bianco etero è misura di tutte le cose. Solo che quest’uomo ha perso la misura. E le donne?». Figurarsi se non ci stava l’intemerata contro il nemico pubblico numero uno, il colpevole per eccellenza. Per altro, ci sembra che Sanremo per umiliare il maschio bianco abbia già fatto parecchio, basti pensare alla performance di John Travolta in versione papero. Intendiamoci: un monologo comico ha il peso che ha, e certo gli artisti hanno il diritto di dire ciò che ritengono opportuno. Noi però abbiamo il diritto di obiettare e notiamo che il problema non sta tanto nella opinione di questo o quel cantante o vip. Sta, piuttosto, nella reiterazione costante dei medesimi luoghi comuni, i quali sono evidentemente frutto della (sub)cultura dominante. Stereotipi nocivi che denunciano una quasi totale assenza di profondità da parte della nostra presunta classe creativa. La quale ama presentarsi come ribelle e fuori dagli schemi ma non perde occasione per rivelarsi conformista fino al midollo.A Sanremo la Mannino si è fatta sfuggire pure una bella battuta. Ha detto che l’Italia è una colonia americana. Vero, infatti lei con le sue tirate postfemministe ha confermato la totale sudditanza al pensiero woke importato dagli Usa, che rappresenta la banalità vittoriosa di oggi. E per questa acritica adesione la comica viene premiata. Ieri, giustappunto, l’ufficio stampa Rai ha fatto sapere che l’amministratore delegato, Roberto Sergio, «ha proposto a Teresa Mannino un programma senza censure». Affermazione grottesca: quando mai viene proposto un programma con censure? E soprattutto: quando mai viene offerto uno spazio d’onore sulla tv pubblica a chi non si censura già da solo? E soprattutto: ma il maschio bianco va combattuto anche quando ti offre un lavoro?
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)