2023-01-18
Pur di sparare a zero sul governo ora Saviano smonta il carcere duro
Roberto Saviano (Getty Images)
Anziché riconoscere il successo della cattura del boss, lo scrittore sentenzia: l’attuale esecutivo non combatte i clan. E accusa la destra di collusione. Attacchi pure all’ergastolo ostativo, difeso dal premier: «Non serve».Nonostante le due paginate sul Corriere della Sera, Roberto Saviano ha trovato il tempo di rilasciare un’ampia intervista alla Stampa. Qui il messaggio del guru è tanto chiaro quanto, nello svolgimento, contraddittorio. Il governo di centrodestra non è un governo antimafia. Il fatto che abbia arrestato Matteo Messina Denaro è evidentemente un’illusione ottica che non dovrebbe trarre in inganno, «perché la mafia preferisce fare affari con la destra», specifica Saviano. Ripercorre così anni di storytelling sui presunti rapporti tra la Casa delle Libertà e Cosa Nostra, oppure tra gli esponenti dei clan e le strutture sanitarie dell’isola. Non manca anche un ragionamento: Denaro non si è mai mosso da lì per cui ha goduto di una lunga serie di protezioni e non è mai stato cercato per davvero. «La politica lo ha protetto, basti ricordare l’ex senatore Tonino D’Alì», scrive Saviano, «a cui i giudici hanno contestato la vicinanza a Cosa Nostra». In pratica, l’esperto di Camorra amante di New York parte dalla sua congettura anti destra e da lì costruisce un suo film che non trova alcun riscontro di prove documentali. Salvo avvitarsi e far avvitare il resto della sinistra in una contraddizione pure sull’ergastolo ostativo. Per Saviano, la norma che vieta la libertà condizionale, la semilibertà e i permessi premio «adesso non ha più senso». Mentre per i professionisti dell’antimafia proprio l’eliminazione dell’ergastolo rigido sarebbe segno di un percorso pro mafia. «Noto la coincidenza che l’arresto avviene quando sta arrivando in porto l’abolizione dell’ergastolo ostativo, che era la condizione principale posta da Riina nel papello», ha esternato ieri Salvatore Borsellino, aggiungendo: «Spero di non vedere tra poco personaggi come i Graviano fuori dalla galera». Gli eredi dei girotondi in pratica sostengono le stesse accuse di Saviano, ma ci arrivano per una strada opposta. Quello di Denaro non sarebbe un arresto vero e proprio, ma una trattativa. L’ultimo stragista si sarebbe consegnato in cambio di un ammorbidimento delle condizioni carcerarie. In sostanza, come diceva il collaboratore di giustizia Salvatore Baiardo, un regalo dalla mafia (la cattura di Messina Denaro) in cambio di un alleggerimento del governo del carcere duro. Su questo però il premier è stato chiarissimo ieri a Quarta Repubblica. Ha subito smentito l’ipotesi dicendo che il suo esecutivo è a favore dell’ergastolo ostativo, proprio perché eliminarlo sarebbe un assist ai mafiosi. Così Saviano, pur di attaccare un governo appena insediatosi nel giorno in cui viene ribadita la stretta carceraria, attacca l’ergastolo ostativo, mentre l’altra metà di sinistra preferisce semplicemente omettere la realtà dei fatti. Certo, resta un aspetto fattuale da approfondire. Il re mafioso che fece sciogliere nell’acido un bimbo di 12 anni da almeno sei mesi viveva sotto falsa identità in un condominio di Campobello di Mazaro a soli 8 chilometri da Castelvetrano dove è nato. Paesi con rispettivamente 11.000 e 31.000 abitanti. Come è possibile che si sia mosso indisturbato? Da questo interrogativo in molti alimentano le teorie più disparate e complottiste. Che spesso finiscono in queste ore ad alimentare le accuse dei Saviano &C. Preme ricordare che il dato reale è anche qui uno solo. Poteva essere arrestato prima, magari quando al governo c’era Paolo Gentiloni o a presiedere il dicastero dell’Interno c’era Luciana Lamorgese. Se poi a tutti i costi si vuole cercare relazioni, infiltrazioni e attività spionistiche anti mafia per trarre la volata a una parte politiche si casca male. Sarebbe sciocco immaginare che la criminalità organizzata si possa combattere sui giornali o solo nelle Aule di tribunale: chi lavora per lo Stato può anche sporcarsi un po’ le mani, se deve fare il bene dei cittadini. Su questo ha scritto bene ieri Mattia Feltri. «Dall’arresto di Totò Riina negli ultimi mesi della Prima Repubblica a quello di Matteo Messina Denaro, chi più chi meno, qua e là con qualche zona d’ombra, tutti i governi, con la magistratura, la polizia e i carabinieri, la mafia l’hanno combattuta e seriamente. E oggi i grandi boss sono fuori gioco, finite le stragi, finiti gli ammiccamenti. E la mafia non è stata ancora sconfitta, ok. Ma lo Stato tantomeno». Altro che «alleato o persino al servizio della mafia», ha vergato contro certa «fumisteria buona giusto per qualche serie da vendere allo scandalificio on demand». Saviano pensi pure a come rinnovare la sua collana di libri. E a cercare di vendere nuove copertine. Per il resto, fa piacere vedere che un reparto come quello dei Ros, e più in generale i carabinieri, tornino a festeggiare per strada dopo anni di rospi dovuti ingoiare e di processi che hanno rischiato di far arrugginire gli alamari.
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