2021-07-12
«Pulizia, sicurezza, servizi. Sarò il Rudy Giuliani di Napoli»
Il candidato del centrodestra, Catello Maresca: «Dopo i disastri di Luigi de Magistris, punto su decoro e legalità. Pugno duro con chi occupa. Gaetano Manfredi? Tifa Juventus. E i giallorossi sono divisi su tutto».Dopo attriti, bisticci, fughe in avanti e marce indietro, finalmente il centrodestra ha raggiunto un accordo per la candidatura a sindaco di Napoli di Catello Maresca. Magistrato antimafia, aveva stizzito i luogotenenti politici della coalizione, quando aveva chiesto di correre senza simboli di partito. Il dissidio è stato ricomposto, ma lui si sente ancora, anzitutto, un civico. Dottor Maresca, sgomberiamo subito il campo dagli equivoci: lei è di destra?«Sono storicamente un moderato di centrodestra». Spieghi meglio.«Ho sempre avuto valori cattolici, ho fatto parte delle Acli, da più di 15 anni il mio impegno civico a Napoli si traduce in libri, incontri con gli studenti, attività di recupero dei ragazzi in difficoltà, attraverso l'associazione Arti e mestieri. Alcuni di loro sono diventati avvocati, magistrati o poliziotti e hanno fatto certe scelte anche grazie al confronto con me o alla lettura dei miei libri. Tutto ciò è di destra, di sinistra, o di centro?».Poi ha cambiato idea, ma perché voleva correre senza simboli di partito?«Ciò che caratterizza il mio progetto rispetto al modello della sinistra è la sua profonda vocazione civica. E su questo non ho cambiato idea, per coerenza con un percorso che mi ha sempre contraddistinto. È su questa base che voglio dare alla città un'agenda seria, dopo 30 anni di sinistra e disastri».Quali sono le prime tre cose che farebbe?«Temo non ne bastino tre. Comunque, la priorità, a Napoli, è occuparsi della normalità».Che intende?«Molti napoletani sono rassegnati a vivere in emergenza rispetto a situazioni come la pulizia, la vivibilità, il decoro urbano. Ci sono buche nelle strade, marciapiedi che sembrano bombardati, gallerie chiuse, piazze interdette».Quindi, innanzitutto vorrebbe intervenire per sanare questo degrado?«Sì: riportare la città alla normalità. Anche curando il verde, devastato: alberi secolari e panorami mozzafiato, che ci avevano resi famosi nel mondo, oggi sono completamente deturpati. Dobbiamo restituire ai napoletani la bellezza. E - punto secondo - la sicurezza».Un altro argomento delicato, a Napoli.«Pensi solo alle stese, che stanno diventando una costante, da Fuorigrotta, a San Giovanni a Teduccio, al centro storico. C'è una recrudescenza criminale preoccupante».Come s'affronta il problema?«In due modi. Anzitutto, va stabilita una piattaforma di regole inderogabili».Ad esempio?«Chi occupa abusivamente gli immobili del Comune o dell'università deve essere allontanato. Chi viola sistematicamente le regole deve essere punito. Bisogna riprendere il controllo del territorio attraverso la videosorveglianza e la riorganizzazione della polizia locale, che va rimessa in condizione di essere rispettata».E poi?«A latere, bisogna agire sul fronte culturale».Di cultura della legalità, però, si straparla. In concreto, che significa?«Gliene dico una. Sta montando il fenomeno dell'aggressione agli infermieri e ai medici delle ambulanze: non è tollerabile. Ma è chiaro che questo è un problema culturale: se si arriva ad aggredire chi ti dovrebbe aiutare, significa che si è superato il limite. E bisogna agire con una grande campagna d'informazione».Torna in mente Rudolph Giuliani sindaco di New York. La teoria della finestra rotta: il degrado urbano chiama criminalità.«Esatto. Io quel modello l'ho sempre considerato efficace, pure da giurista. A New York ebbe un impatto grandioso. Si può ripartire da quello, ma non solo: dobbiamo far comprendere ai napoletani che la città è anche, anzi, soprattutto, una cosa loro. Certo, bisogna dare l'esempio».Come?«Offrendo alle persone - ed è il terzo punto - una città che funziona. Dei servizi efficienti, dalla mobilità all'assistenza dei disabili».Sulle periferie come s'interviene? È un problema di tutte le città, ma da voi probabilmente è più grave.«Non so se sia più grave, ma di sicuro è territorialmente più esteso: qui ci sono periferie in senso territoriale e periferie umane, in pieno centro storico, da Forcella, al rione Sanità, a Montesanto». E allora?«Bisogna dimostrare che le istituzioni sono presenti. Infatti io, finora, sono stato soprattutto nelle periferie». Con che risultati?«Le persone hanno voglia di ascoltare le proposte. I napoletani sono un popolo stupendo: non stanno solo a lamentarsi, come qualcuno vuole far credere, ma cercano anche le soluzioni ai problemi. Ascoltandoli, ho raccolto molti spunti».Dicono che Luigi de Magistris abbia migliorato molto la città, tenendo pure i conti in ordine.(Risata) «Dicono così? Venga a Napoli a farsi un giro…».Gaetano Manfredi, anche all'interno dell'università, ha avuto un rapporto un po' ambiguo con i centri sociali. Lei che approccio adotterebbe?«Difenderei il valore del rispetto delle regole. Molti di questi centri sociali occupano immobili pubblici. Occorre ripristinare la legalità. Per 20 anni ho lavorato con una scritta dietro la mia schiena: “La legge è uguale per tutti". Ecco: facciamo in modo che la legge sia davvero uguale per tutti».Pugno duro, quindi?«Guardi, c'è anche chi svolge attività socialmente utili, che andrebbero valorizzate. Bisognerà distinguere quelli che occupano gli immobili per farci i porci comodi loro, per drogarsi e ubriacarsi, da quelli che svolgono attività meritorie, che vanno promosse e stimolate».Manfredi è praticamente l'unico candidato su cui sono riusciti ad accordarsi sinistra e 5 stelle. Teme di andare a sbattere contro la corazzata giallorossa?«Non temo nulla. Quotidianamente constato che la risposta della gente è positiva. E poi, il nostro è l'unico progetto veramente nuovo. Il resto è espressione di pura partitocrazia e di un accordo tra forze politiche che si contrappongono sui valori essenziali». Il suo avversario ha confessato di essere juventino.(Ride) «Guardi, è un problema suo… La mia storia, invece, parla chiaro…».Comprovata fede azzurra. Tra l'altro, pare che lei sia anche un discreto calciatore.«Una volta lo ero…».In che ruolo?«Ero un arcigno centrocampista di rottura della Nazionale magistrati. Alla Marco Tardelli, diciamo».De Magistris è ai ferri corti con il governatore della Campania Vincenzo De Luca, il più a destra del Pd. Lei come si regolerebbe?«Sono un magistrato in aspettativa, un uomo delle istituzioni. E quindi le rispetto. È sacro dialogare e anche il presidente della Regione ha espresso la disponibilità a collaborare. Mi pare naturale». Sulle regole anti Covid, che idea ha? De Luca ostenta severità.«La situazione di Napoli è particolare. Ci sono quartieri con densità abitativa molto alta e con una certa propensione a violare le regole… In alcuni frangenti, comprendo il pugno duro del presidente».E allora?«Bisogna comunque trovare un equilibrio, perché non va compromessa la ripresa economica, specialmente in una città in cui il tasso di disoccupazione è vicino al 30%. Facciamo i controlli, ma non penalizziamo le attività».Il centrodestra ha sempre criticato le porte scorrevoli tra magistratura e politica. Lei che farà? Appenderà la toga al chiodo?«L'ho messa da parte, per un periodo. Vedremo quanto sarà lungo». Dunque, potremmo rivederla in tribunale?«Di sicuro, se dovessi riprendere a fare il magistrato, non eserciterei più a Napoli né in Campania. Adesso, comunque, sono concentrato sul mio impegno politico, che scaturisce da una riflessione profonda, durata mesi: ho dovuto lasciare il mio primo amore…».Parliamone. Lei ha catturato Michele Zagaria.«È stata l'impresa più pubblicizzata. Per compierla, è servita un'opera di ingegneria investigativa. Ci sono voluti tre anni, ma lo Stato vince sempre».È entrato per primo nel bunker del boss.«Sì. Incrociai lo sguardo del superlatitante, che subito mi riconobbe. E gli dissi: “È finita". Una frase pronunciata anni prima da Franco Roberti, il procuratore aggiunto con il quale avevamo catturato Giuseppe Setola, un altro pericolosissimo mafioso. E poi aggiunsi una cosa in napoletano…».Cosa?«“Ce simm' levat' nu bell' pensier… Sia voi, che noi"».E Zagaria?«Riconobbe la sconfitta: “Dotto', l'avete detto voi che lo Stato vince sempre. E lo Stato ha vinto"».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)