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2021-07-29
La protesta continua. Fiaccolate in 12 città contro il foglio verde
Ansa
«La più grande stupidata che uno possa fare è etichettare la manifestazione come no vax. Le persone presenti (ieri, ndr) a Piazza del Popolo vogliono tutelare la libertà di scelta. Mentre il fanatico dell'obbligo vaccinale vuole imporre qualcosa a qualcuno, noi insistiamo per evitare diktat». Affermazioni dell'onorevole della Lega, Claudio Borghi che ha partecipato all'evento promosso dalla onlus «Libertà di scelta», compagine che ha più riprese si è detta contraria all'obbligatorietà del green pass. «Sono convinto», prosegue il rappresentante del Carroccio, «che tanti di quelli presenti ieri sera fossero regolarmente vaccinati. Però, ribadisco, rifiutano l'imposizione. Poi c'è un'altra categoria che va rispettata parimenti, ossia quelli che non vogliono l'obbligo vaccinale surrettizio dei bambini. Perché il green pass lo è (in determinati casi, in base all'ultimo decreto, tutti i cittadini con un'età superiore ai dodici anni dovranno esibirlo, ndr). Mi spiego: a tanti genitori è stato somministrato il siero e non hanno avuto nessun problema a farsi iniettare la loro dose, eppure allo stesso tempo non hanno intenzione di far vaccinare i figli con un antidoto ancora sperimentale».
Sono scesi in piazza a centinaia per protestare contro l'obbligatorietà del green pass. Come detto, a Roma, in Piazza del Popolo e contemporaneamente anche altre undici città hanno ospitato eventi analoghi, da Milano a Palermo. Tra gli slogan: «Libertà, libertà» e l'attacco a quella che viene definita «tirannia sanitaria». Che per chi ha protestato deriva dalla ultime misure volute dal governo Draghi, in particolare il decreto legge Covid, entrato in vigore il 23 luglio scorso, che estende l'obbligo di green pass dal prossimo 6 agosto per determinati luoghi ed eventi. Ad esempio per svolgere attività sportiva al chiuso (piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra e centri benessere) sarà obbligatorio esibire il documento. Senza dimenticare che il decreto prevede che «quando non è possibile assicurare il rispetto delle condizioni previste dai protocolli, gli eventi e le competizioni sportive si svolgono senza la presenza di pubblico». Tra le misure più contestate, la presentazione del green pass per chi vuole andare in un ristorante al chiuso (massimo sei persone al tavolo) e negli altri locali come bar, pub, pasticcerie e gelaterie dove non è possibile consumare all'aperto. La carta verde è stata resa obbligatoria anche numerose attività del tempo libero: spettacoli aperti al pubblico, musei, istituti e luoghi della cultura, mostre, sagre, fiere, convegni e congressi, centri termali, parchi tematici e di divertimento, centri culturali, centri sociali e ricreativi limitatamente alle attività al chiuso, sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò.
Uno dei capitoli più delicati riguarda la possibilità, al momento più che plausibile, che il governo introduca l'obbligo di certificazione vaccinale per salire su navi, treni e aerei dal prossimo 6 agosto. Sul punto il leghista Borghi è netto: «Sostenere questa ipotesi durante la stagione turistica…Le manifestazioni hanno avuto il merito di far sì che non fossero prese decisioni affrettate sui trasporti». Tra i manifestanti vip di Piazza del Popolo anche Pillon, Bagnai, Siri, Paragone e il critico d'arte, Vittorio Sgarbi: «Mi sembra che non ci siano dubbi sul fatto che il green pass avrebbe significato se avessimo certezza assoluta dell'immunità dei vaccini. Che senso ha «imporre» un siero i cui risultati non sono sperimentati». E ancora: «Per cui se io mi vaccino lo faccio perché ritengo di dovermi difendere da qualcosa, se un altro, invece, ha paura dell'antidoto mica devo costringerlo ad «ammalarsi» di vaccino». Dunque «il green pass è intimamente contraddittorio perché porta con sé una certezza che invece non c'è». «Ci troviamo in una posizione antinomica, perché la persona anziana ha paura del covid, al contrario di quella giovane che non si fida del vaccino». Nonostante l'inizio della manifestazione a Roma sia stato fissato per le 20, già alle 19 sono centinaia le persone arrivate in Piazza del Popolo. La prima coppia di manifestanti che fermiamo per capire i motivi della protesta non ha tanta voglia di parlare. Poco dopo da uno degli organizzatori riceviamo il volantino di due pagine della manifestazione, si intitola: «Covid-19/21/22/23…ovvero..la strategia del terrore». Questo l'incipit: «Il virus - creato in laboratorio - esplode nella stessa città della Sars del 2002 e si diffonde in maniera innaturale in tutti e due gli emisferi. 358 milioni di euro sono i finanziamenti all'Ema di cui 307 da case farmaceutiche anche la nostra Aifa e la stessa Oms risultano finanziate per oltre 80% da «privati». Controllori pagati dai controllati». Al secondo tentativo riusciamo a parlare con Stefano: «Noi andiamo oltre la verità che ci viene proposta ogni giorno dai media mainstream. Non so cosa mettono dentro i vaccini. Il green pass? È contro la libertà e serve a poco: per esempio in Olanda l'avevano introdotto, ma i positivi sono aumentati ugualmente, quindi hanno imposto anche il tampone».
Bimba muore: genitori non vaccinati alla gogna
«Uccisa dalla Delta a undici anni, tutta la sua famiglia non era vaccinata». «La famiglia non era vaccinata». «In famiglia nessuno si era immunizzato». Dalle pagine della Stampa a quella di Repubblica fino ad Avvenire, sulla tragedia della piccola Ariele - l'undicenne morta di Covid lunedì, all'ospedale Di Cristina di Palermo - ieri si sono abbattuti fior di titoloni. E tutti a senso unico, volti cioè a criminalizzare i genitori della bambina, facendoli passare come degli irresponsabili no vax.
Peccato che le cose non stavano esattamente così: la situazione era un po' più complessa. Sono infatti bastate poche ore perché, sulla vicenda, emergessero elementi che hanno gettato sulla stessa una luce ben diversa; tanto per cominciare, rispetto alle condizioni della povera Ariele. Sì, perché, a prescindere dal Covid, la piccola purtroppo presentava già una salute precaria, essendo affetta da una malattia metabolica rara.
La variante Delta ha insomma agito in un quadro già critico. Non solo: non è vero neppure che la famiglia della bambina avversasse i vaccini. «Basta strumentalizzazioni sulla morte di nostra figlia: non siamo no vax», hanno infatti dovuto spiegare i genitori delle piccola, già distrutti dal loro lutto. A conferma del colossale granchio mediatico, i familiari della bambina siciliana hanno rimarcato che volevano procedere con la vaccinazione.
«Ci stavamo organizzando per vaccinarci tutti», ha chiarito la madre, «le altre mie figlie più grandi, del resto, hanno sempre fatto i vaccini pediatrici consigliati». Quindi l'intenzione di vaccinarsi c'era. Poi, sia per le condizioni critiche della piccola, sia a seguito di casi come quelli di Camilla Canepa - la diciottenne ligure morta a giugno dopo il vaccino con AstraZeneca - si era ritenuto di temporeggiare.
Il caso ha però voluto che, di ritorno da un soggiorno in Spagna, una delle sorelle dell'undicenne sia risultata positiva. «Le mie figlie sono risultate tutte positive, io e mio marito siamo stati sempre negativi», ricostruisce ancora la madre di Ariele, la quale ha visto peggiorare rapidamente le sue condizioni: «L'11 luglio la sua saturazione è crollata e abbiamo chiamato il 118. Ha resistito per sedici giorni, sedata e intubata». L'epilogo della vicenda, purtroppo, è noto. «Sarebbe stato bello», ha concluso la donna in replica al presidente della Regione, Musumeci - che, sulla base delle prime ricostruzioni della storia, si era accodato alle imprecisioni dei media, definendo la famiglia «no vax» -, «che si fosse esposto allo stesso modo quando con altre mamme lottavamo per avere un reparto di Malattie metaboliche o quando abbiamo chiesto la possibilità per mia figlia e i bambini con diagnosi infausta di avere le cure compassionevoli con le cellule staminali». In realtà, sarebbe stato bello pure che certi giornali e titolisti ci avessero pensato bene, anziché aggiungere dolore al dolore, prima di strumentalizzare una vicenda che non esigeva che una cosa, rispettosa e rara. Silenzio.
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Ieri i cortei organizzati da Libertà di scelta. Presenti a Roma anche senatori leghisti. Claudio Borghi: «Insistiamo per evitare i diktat».Bimba muore: l'undicenne di Palermo deceduta col Covid aveva una grave malattia metabolica.Lo speciale contiene due articoli.«La più grande stupidata che uno possa fare è etichettare la manifestazione come no vax. Le persone presenti (ieri, ndr) a Piazza del Popolo vogliono tutelare la libertà di scelta. Mentre il fanatico dell'obbligo vaccinale vuole imporre qualcosa a qualcuno, noi insistiamo per evitare diktat». Affermazioni dell'onorevole della Lega, Claudio Borghi che ha partecipato all'evento promosso dalla onlus «Libertà di scelta», compagine che ha più riprese si è detta contraria all'obbligatorietà del green pass. «Sono convinto», prosegue il rappresentante del Carroccio, «che tanti di quelli presenti ieri sera fossero regolarmente vaccinati. Però, ribadisco, rifiutano l'imposizione. Poi c'è un'altra categoria che va rispettata parimenti, ossia quelli che non vogliono l'obbligo vaccinale surrettizio dei bambini. Perché il green pass lo è (in determinati casi, in base all'ultimo decreto, tutti i cittadini con un'età superiore ai dodici anni dovranno esibirlo, ndr). Mi spiego: a tanti genitori è stato somministrato il siero e non hanno avuto nessun problema a farsi iniettare la loro dose, eppure allo stesso tempo non hanno intenzione di far vaccinare i figli con un antidoto ancora sperimentale». Sono scesi in piazza a centinaia per protestare contro l'obbligatorietà del green pass. Come detto, a Roma, in Piazza del Popolo e contemporaneamente anche altre undici città hanno ospitato eventi analoghi, da Milano a Palermo. Tra gli slogan: «Libertà, libertà» e l'attacco a quella che viene definita «tirannia sanitaria». Che per chi ha protestato deriva dalla ultime misure volute dal governo Draghi, in particolare il decreto legge Covid, entrato in vigore il 23 luglio scorso, che estende l'obbligo di green pass dal prossimo 6 agosto per determinati luoghi ed eventi. Ad esempio per svolgere attività sportiva al chiuso (piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra e centri benessere) sarà obbligatorio esibire il documento. Senza dimenticare che il decreto prevede che «quando non è possibile assicurare il rispetto delle condizioni previste dai protocolli, gli eventi e le competizioni sportive si svolgono senza la presenza di pubblico». Tra le misure più contestate, la presentazione del green pass per chi vuole andare in un ristorante al chiuso (massimo sei persone al tavolo) e negli altri locali come bar, pub, pasticcerie e gelaterie dove non è possibile consumare all'aperto. La carta verde è stata resa obbligatoria anche numerose attività del tempo libero: spettacoli aperti al pubblico, musei, istituti e luoghi della cultura, mostre, sagre, fiere, convegni e congressi, centri termali, parchi tematici e di divertimento, centri culturali, centri sociali e ricreativi limitatamente alle attività al chiuso, sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò.Uno dei capitoli più delicati riguarda la possibilità, al momento più che plausibile, che il governo introduca l'obbligo di certificazione vaccinale per salire su navi, treni e aerei dal prossimo 6 agosto. Sul punto il leghista Borghi è netto: «Sostenere questa ipotesi durante la stagione turistica…Le manifestazioni hanno avuto il merito di far sì che non fossero prese decisioni affrettate sui trasporti». Tra i manifestanti vip di Piazza del Popolo anche Pillon, Bagnai, Siri, Paragone e il critico d'arte, Vittorio Sgarbi: «Mi sembra che non ci siano dubbi sul fatto che il green pass avrebbe significato se avessimo certezza assoluta dell'immunità dei vaccini. Che senso ha «imporre» un siero i cui risultati non sono sperimentati». E ancora: «Per cui se io mi vaccino lo faccio perché ritengo di dovermi difendere da qualcosa, se un altro, invece, ha paura dell'antidoto mica devo costringerlo ad «ammalarsi» di vaccino». Dunque «il green pass è intimamente contraddittorio perché porta con sé una certezza che invece non c'è». «Ci troviamo in una posizione antinomica, perché la persona anziana ha paura del covid, al contrario di quella giovane che non si fida del vaccino». Nonostante l'inizio della manifestazione a Roma sia stato fissato per le 20, già alle 19 sono centinaia le persone arrivate in Piazza del Popolo. La prima coppia di manifestanti che fermiamo per capire i motivi della protesta non ha tanta voglia di parlare. Poco dopo da uno degli organizzatori riceviamo il volantino di due pagine della manifestazione, si intitola: «Covid-19/21/22/23…ovvero..la strategia del terrore». Questo l'incipit: «Il virus - creato in laboratorio - esplode nella stessa città della Sars del 2002 e si diffonde in maniera innaturale in tutti e due gli emisferi. 358 milioni di euro sono i finanziamenti all'Ema di cui 307 da case farmaceutiche anche la nostra Aifa e la stessa Oms risultano finanziate per oltre 80% da «privati». Controllori pagati dai controllati». Al secondo tentativo riusciamo a parlare con Stefano: «Noi andiamo oltre la verità che ci viene proposta ogni giorno dai media mainstream. Non so cosa mettono dentro i vaccini. Il green pass? È contro la libertà e serve a poco: per esempio in Olanda l'avevano introdotto, ma i positivi sono aumentati ugualmente, quindi hanno imposto anche il tampone». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/protesta-citta-contro-foglio-verde-2654223731.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="bimba-muore-genitori-non-vaccinati-alla-gogna" data-post-id="2654223731" data-published-at="1627536190" data-use-pagination="False"> Bimba muore: genitori non vaccinati alla gogna «Uccisa dalla Delta a undici anni, tutta la sua famiglia non era vaccinata». «La famiglia non era vaccinata». «In famiglia nessuno si era immunizzato». Dalle pagine della Stampa a quella di Repubblica fino ad Avvenire, sulla tragedia della piccola Ariele - l'undicenne morta di Covid lunedì, all'ospedale Di Cristina di Palermo - ieri si sono abbattuti fior di titoloni. E tutti a senso unico, volti cioè a criminalizzare i genitori della bambina, facendoli passare come degli irresponsabili no vax. Peccato che le cose non stavano esattamente così: la situazione era un po' più complessa. Sono infatti bastate poche ore perché, sulla vicenda, emergessero elementi che hanno gettato sulla stessa una luce ben diversa; tanto per cominciare, rispetto alle condizioni della povera Ariele. Sì, perché, a prescindere dal Covid, la piccola purtroppo presentava già una salute precaria, essendo affetta da una malattia metabolica rara. La variante Delta ha insomma agito in un quadro già critico. Non solo: non è vero neppure che la famiglia della bambina avversasse i vaccini. «Basta strumentalizzazioni sulla morte di nostra figlia: non siamo no vax», hanno infatti dovuto spiegare i genitori delle piccola, già distrutti dal loro lutto. A conferma del colossale granchio mediatico, i familiari della bambina siciliana hanno rimarcato che volevano procedere con la vaccinazione. «Ci stavamo organizzando per vaccinarci tutti», ha chiarito la madre, «le altre mie figlie più grandi, del resto, hanno sempre fatto i vaccini pediatrici consigliati». Quindi l'intenzione di vaccinarsi c'era. Poi, sia per le condizioni critiche della piccola, sia a seguito di casi come quelli di Camilla Canepa - la diciottenne ligure morta a giugno dopo il vaccino con AstraZeneca - si era ritenuto di temporeggiare. Il caso ha però voluto che, di ritorno da un soggiorno in Spagna, una delle sorelle dell'undicenne sia risultata positiva. «Le mie figlie sono risultate tutte positive, io e mio marito siamo stati sempre negativi», ricostruisce ancora la madre di Ariele, la quale ha visto peggiorare rapidamente le sue condizioni: «L'11 luglio la sua saturazione è crollata e abbiamo chiamato il 118. Ha resistito per sedici giorni, sedata e intubata». L'epilogo della vicenda, purtroppo, è noto. «Sarebbe stato bello», ha concluso la donna in replica al presidente della Regione, Musumeci - che, sulla base delle prime ricostruzioni della storia, si era accodato alle imprecisioni dei media, definendo la famiglia «no vax» -, «che si fosse esposto allo stesso modo quando con altre mamme lottavamo per avere un reparto di Malattie metaboliche o quando abbiamo chiesto la possibilità per mia figlia e i bambini con diagnosi infausta di avere le cure compassionevoli con le cellule staminali». In realtà, sarebbe stato bello pure che certi giornali e titolisti ci avessero pensato bene, anziché aggiungere dolore al dolore, prima di strumentalizzare una vicenda che non esigeva che una cosa, rispettosa e rara. Silenzio.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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