2025-08-18
Il «profeta» Crowley anticipò la nostra era della manipolazione
Aleister Crowley (Getty Images)
Volle diventare il più potente mago nero del mondo, morì povero e da sconfitto. La sua vita incarna la parabola dell’Occidente.Aleister Crowley (1875-1947) morì in povertà e in fondo da sconfitto. Aveva voluto essere la Grande Bestia, l’uomo più crudele del mondo, il più potente mago nero d’Inghilterra e del globo. E invece finì l’esistenza con poco prestigio e ancora meno quattrini, rovinato dalla bronchite e dalla morfina con cui aveva sostituito l’eroina. Si può dire che, per certi versi, la sua morte abbia svelato la grande menzogna dell’onnipotenza. L’uomo che si era fatto divinità e apostolo dell’esaltazione del sé non aveva poi ottenuto granché in conclusione. Prendendola da un’altra prospettiva, tuttavia, si può dire che Crowley sia stato un grande profeta della modernità, che abbia incarnato (più che previsto) alcune delle principali caratteristiche della nostra contorta epoca. Un’era, guarda caso, edificata sulla menzogna. Crowley fu senza dubbio un uomo di talento. Alpinista coraggioso e robusto, studiò a Cambridge letteratura inglese e fu egli stesso poeta e scrittore non indifferente, come testimonia il volume I racconti della Bestia (Biblioteca di Lovecraft), contenente dodici sue prove d’autore di cui alcune affascinanti e inedite in Italia. Egli però era troppo interessato alla costruzione del proprio personaggio per dedicarsi a lungo a quelli da muovere sulla pagina. Si mosse come una rockstar ante litteram per disegnarsi addosso l’immagine di un individuo capace di ogni trasgressione, ed ebbe in effetti grande successo. Lo testimonia quel che scrive Steve Sylvester, fondatore dei Death Ss, storica band di occult rock italiano, nell’introduzione ai Racconti della Bestia: «Anche nell’ambiente musicale, da ragazzino, ne avevo sentito parlare in più occasioni. Dalla copertina dell’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles a citazioni nelle interviste a Jimmy Page dei Led Zeppelin, sulle pagine di vecchie riviste musicali. Era una figura ricorrente che mi aveva sempre incuriosito. [...] Ma non sono certo l’unico artista in campo musicale ad aver subito il fascino del Master Therion. Basti pensare, su tutti, al celebre singolo che lanciò la carriera solista di Ozzy Osbourne nel 1980, intitolato appunto Mr. Crowley, fino ad arrivare a Chemical Wedding, film del 2008 sceneggiato da Bruce Dickinson degli Iron Maiden, un bizzarro science fiction horror dove lo spirito del mago si reincarna cinquant’anni dopo la sua morte». E non ci furono solo cantanti colpiti dalla sua aura di pericolo. William Somerset Maugham lo fece sgradevole protagonista del romanzo Il mago. Ian Fleming raccontò del suo rapporto con i servizi inglesi, che è al centro di un bizzarro e divertente romanzo di Richard McNeff, Aleister Crowley MI5 (da poco pubblicato da Atlantide). Crowley aveva in effetti tutte le caratteristiche per diventare, post mortem, una icona pop. Aveva capito l’importanza di fare scalpore, sapeva manipolare le persone ma anche i media, era uno strabiliante affabulatore, vessillifero della società dell’immagine. Del resto tutta la sua magia era basata sullo sfruttamento e l’amplificazione delle emozioni, sul sesso come arma di manipolazione. Quel che egli utilizzava per acquisire potete personale oggi è divenuto tecnica diffusissima di condizionamento delle masse. Così come la prima legge di Thelema, il culto da lui inventato, da tempo è divenuto regola generale: Do what thou wilt, fa’ ciò che vuoi. Spettacolo, affabulazione e menzogne: ecco il maggior successo di Crowley, la sua vera eredità al di là di ogni suggestione occulta. È morto nel 1947 in povertà dopo una vita di peripezie, ma è stato uno dei grandi catalizzatori del mondo attuale: un profeta artificiale e corrotto come l’Occidente odierno.