2024-03-30
Prodi premier mi denunciò ma i colleghi hanno scoperto le querele solo ora che tocca a Canfora
Il caso Canfora sveglia dal sonno la grande stampa. Che davanti alle gesta del capo dell’Ulivo, o a Sallusti in galera, era distratta.Faccio il direttore da quasi 30 anni e prima di diventarlo non sono mai stato citato in giudizio una sola volta. E non è che da cronista mi occupassi di previsioni del tempo, con tutto il rispetto per chi sulle pagine dei giornali si occupa di meteorologia. Ho raccontato truffe e scandali, dedicando una certa attenzione anche a terroristi e spacciatori. Tuttavia, oltre a qualche minaccia, nessuno di costoro si è mai rivolto alla magistratura sostenendo di essere stato diffamato. Appena divenuto direttore, invece, ho cominciato a collezionare decine querele, in massima parte da politici e magistrati. Il primo ad annunciarmi una citazione davanti ai giudici fu Romano Prodi, da presidente del Consiglio. Ero divenuto direttore, mi pare, da un giorno e due e avendo scritto che la definitiva chiusura dei manicomi avrebbe messo sulla strada i malati che non avessero nessuno che si occupasse di loro, mi beccai un comunicato ufficiale di Palazzo Chigi, con promessa di querela. Attribuire al premier la responsabilità di non fare nulla per evitare l’abbandono dei pazienti, secondo Prodi, era da considerarsi un’offesa da lavare davanti ai giudici. Nessuno ovviamente ritenne scandaloso che il capo del governo agisse contro un giornale e contro il suo direttore. Né il sindacato dei giornalisti né i colleghi di altri giornali aprirono bocca, ritenendo evidentemente normale che il presidente del Consiglio minacciasse il ricorso alla magistratura invece di scrivere una lettera di rettifica. La legge impone ai direttori di giornale la pubblicazione della replica di chiunque si senta diffamato e certo nessuno avrebbe negato al capo del governo il diritto di rispondere alle critiche. Dunque, perché Prodi, o il suo ufficio stampa, preferirono annunciare la via giudiziaria? La risposta è semplice: la querela è una pressione esercitata sul giornale, anche quando è solo minacciata, come poi alla fine fu nel caso dell’ex capo dell’Ulivo. Vi state chiedendo perché la faccia tanto lunga con una storia di 30 anni fa e con vicende che riguardano una sola categoria, per di più tra quelle considerate privilegiate dall’opinione pubblica? Perché all’improvviso Corriere della Sera e Stampa hanno scoperto le querele. Massimo Gramellini si è occupato sul quotidiano di via Solferino di una denuncia contro Luciano Canfora presentata da Giorgia Meloni quando non era premier e che dopo il suo ingresso a Palazzo Chigi non è stata ritirata. Mattia Feltri, invece, si è incaricato di denunciare l’uso disinvolto delle querele contro i cronisti. Beh, benvenuti nel mondo reale. Peccato che i suddetti colleghi arrivino con un ritardo di almeno 30 anni e abbiano chiuso gli occhi, come la maggior parte della stampa, fino a che le citazioni in giudizio riguardavano altri, ovvero i cosiddetti quotidiani di centrodestra e non quelli dei giornaloni. Fino a qualche anno fa, per costoro c’era anche il carcere. Uno dei primi a sperimentarlo, anche se ai domiciliari, fu Alessandro Sallusti, per aver pubblicato un articolo su un magistrato senza neppure farne il nome. Ma anche in questo caso nessuno si strappò i capelli. In fondo era solo Sallusti, mica il direttore del Corriere. C’è voluta una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo per convincere i tribunali che i giornalisti non vanno mandati in galera. Però, chissà quanto tempo ci vorrà prima che i politici e anche i giudici si convincano che la libertà di stampa è un diritto costituzionale.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.