«Sono stati circondati dopo che il segretario della Fiom ha incitato i nostri segretari e delegati ad andare via», continua Serri, «una violenza gravissima che dev’essere condannata, ma ad ora non abbiamo ricevuto nemmeno un segno di solidarietà da parte della Cgil, anzi abbiamo visto le dichiarazioni di Maurizio Landini e Michele De Palma che non condannano ma sostengono che i nostri iscritti non dovevano presentarsi all’ingresso dell’ex Ilva». Una cosa grave. «C’è una responsabilità morale di chi continua a non condannare l’aggressione» ha aggiunto il leader della Uilm ligure. «Se non c’è una condanna vuol dire che c’è una strategia dietro come noi pensiamo, una strategia di essere i primi, di predominare, di fare solo confusione, una strategia della violenza».
La mancata solidarietà tuttavia deriverebbe proprio dal problema denunciato da Serri, ovvero che Lotta comunista sta prendendo piede all’interno delle tute blu della Cgil e che Landini non possa condannare per evitare che si scopra l’indicibile: il segretario generale del sindacato principale italiano non controlla i metalmeccanici di Genova. Non proprio una bella figura per un leader che viene proprio dalla Fiom.
Lotta comunista nasce nel 1965 a Genova, messa in piedi da Arrigo Cervetto e Lorenzo Parodi, ex militanti dell’area anarchica e libertaria, poi approdati al leninismo. Il riferimento è esplicito: Marx, Engels e Lenin come cassetta degli attrezzi teorica, il partito bolscevico come modello organizzativo. Ma senza avventure armate: a differenza di altri gruppi extraparlamentari, Lotta comunista non ha mai appoggiato l’uso della P38, sostenendo che «la rivoluzione non può effettuarsi senza la crisi del capitalismo a livello globale». La linea è costruire un partito leninista nelle aree industriali chiave (Genova e il triangolo del Nord) e farlo con una macchina militante e un giornale omonimo, pubblicato ininterrottamente dal 1965 e autofinanziato. Dalle cronache recenti si evince, però, che ad alcuni suoi militanti prudono le mani: il 23 maggio 2024 un gruppo di militanti ha aggredito alcuni studenti accampati alla Sapienza di Roma, in protesta contro la rettrice e gli accordi con le università israeliane. Una contraddizione vistosa per chi, per decenni, ha rivendicato rigore teorico e disciplina politica.
Per Landini tuttavia non c’è solo la grana «tute blu». Il 15 aprile scorso, a Sestri Ponente, il sindacalista della Fillea, Fabiano Mura, denunciò un’aggressione fascista, scatenando cortei, solidarietà politica e titoli indignati. Le indagini della Digos, però, hanno smontato pezzo per pezzo il suo racconto: orari incompatibili, auto ferma in garage, nessuna fuga, niente pestaggio. Mura ha ammesso in Procura di aver inventato tutto ed è finito indagato per simulazione di reato. Un mese fa il giudice lo ha ammesso alla prova e il sindacalista ha evitato il processo. Resta la figuraccia, che il sindacato finge di non vedere. Imbarazzo anche alla Filcams, la sigla che raduna i lavoratori del commercio, del turismo e dei servizi, dove non tira una bella aria. Per circa quattro mesi l’ex segretario organizzativo della Filcams locale è stato preso di mira su una chat di gruppo da alcuni colleghi. Un crescendo di insulti e attacchi personali, un vero e proprio body shaming, che il poveretto ha provato a interrompere rappresentando la questione ai piani alti della Cgil a Roma e scrivendo direttamente a Landini. Senza ottenere soddisfazione.
La vittima ha raccontato al Secolo XIX: «Confidavo nel fatto di poter lavare i panni sporchi in casa, ma non è stato possibile. Una realtà come la nostra, che giustamente condanna certi comportamenti nelle aziende, dovrebbe risolvere questo genere di comportamenti al proprio interno. Eppure ho dovuto cercare giustizia altrove». Assistito dall’avvocato Antonio Rubino ha sporto denuncia contro quattro colleghi. È partito così un procedimento per diffamazione semplice che si è chiuso con il pagamento di 2.400 euro da parte dei quattro imputati. Una cifra che Mascia non ha ritenuto soddisfacente, ma il giudice di pace Rita Taglialatela sì e per questo ha dichiarato l’estinzione del reato «per intervenuta riparazione del danno», una soluzione prevista dalla Riforma Cartabia. «La questione economica per me non è importante» ha spiegato Mascia, in pensione dopo quarant’anni di impegno sindacale. «Avevo già chiesto loro le scuse su quella chat e non sono arrivate. A questo punto continuerò a portare avanti la mia battaglia con una causa civile».
Mascia aveva denunciato presunte problematiche interne alla Filcams genovese e dall’agosto del 2021 era stato distaccato alla Cgil confederale genovese. Una decisione che gli aveva fatto guadagnare l’ostilità di alcuni colleghi. E così, in quel periodo di allontanamento, anche per un presunto equivoco (non aveva partecipato al funerale di un famigliare di un collega), era stato coperto di insulti nella chat a cui partecipavano una ventina di dipendenti della Filcams, ma non più lui, che così non aveva potuto replicare. Ma era stato informato di quanto stava accadendo da alcuni amici. Aveva così potuto leggere, negli screenshot ricevuti, amenità come quelle riportate nella sentenza del giudice: «Pezzo di m. puzzolente, vieni quando ci sono io»; «ti ho scorrazzato uomo di m.»; «senza palle di m.»; «sei piccolo piccolo e tinto»; «la spazzatura si accoppia con la rumenta»; «metti due cacche così ti inguai stasera dai»; «va’, dai le metto», seguito da sette emoticon raffiguranti delle feci. Un tiro al bersaglio che ha portato alla sbarra Giovanni Bucchioni, Marco Carmassi, Fabio Piccini e Patrizia Geminiani. «Il primo aprile del 2022 sono stato convocato a Roma dalla segreteria nazionale Filcams e ho esposto le problematiche che avevo sollevato e ho mostrato gli screenshot dei messaggi, spiegando che non essendo nella chat non potevo nemmeno difendermi» ha detto sempre al Secolo XIX Mascia. «Lo stesso materiale l’ho inviato anche alla segreteria nazionale della Cgil all’attenzione del segretario nazionale». L’ex sindacalista si è anche rivolto alla Commissione di garanzia Nord Ovest chiedendo un’ispezione. Inutilmente. Al punto che a maggio del 2022 sono arrivati altri insulti, questa volta da parte della Geminiani. Mascia, a questo punto, ha fatto denuncia e ha ottenuto una vittoria che ritiene parziale.
Ma la sua vicenda è servita ad aprire un altro squarcio su un ambiente, quello della Cgil genovese, che non è esagerato definire tossico.