2018-10-30
Pro vita sfida i censori con i nuovi manifesti
La campagna contro l'utero in affitto non si ferma davanti alle minacce e alle multe. Da oggi i camion vela dell'associazione denunceranno nella Capitale il mercimonio della maternità surrogata. E sulla repressione è pronta la battaglia dei ricorsi.La campagna di Pro vita e Generazione famiglia contro l'utero in affitto non si ferma, malgrado le rimozioni dei manifesti e le multe comminate dal Comune di Roma e dall'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria (Iap), che potrebbero arrivare fino a 100.000 euro. Le due organizzazioni pro famiglia e pro life non hanno alcuna intensione di accettare il bavaglio conformista delle organizzazioni Lgbt e delle centrali politiche e culturali del pensiero unico. Per questo rilanciano tramite la terza e ultima parte dell'iniziativa tesa a denunciare tutti gli aspetti più drammatici della barbara pratica della maternità surrogata.Dopo il manifesto «Due uomini non fanno una madre», con il bimbo nel carrello della spesa, e quello «Due donne non fanno un padre», che evidenzia la rimozione della figura paterna tramite l'eterologa; oggi a Roma faranno la loro comparsa i camion vela che gireranno per le strade della città per i prossimi sei giorni, esponendo un cartellone che mostra tutta la filiera che spezza l'atto della riproduzione sessuale, rendendo ogni passaggio un fruttuoso scambio merceologico.Questa volta le persone presenti nel manifesto sono sei, ovvero quelle potenzialmente coinvolte nell'eugenetica catena di montaggio di esseri umani. Partendo da sinistra si vede la donna che presta il proprio utero, che, per evitare recriminazioni di maternità e qualsiasi legame biologico con il bambino, non è mai la stessa da cui provengono i gameti femminili usati per fare l'embrione. Proseguendo verso destra ci sono la donna venditrice di ovulo e l'uomo venditore di seme, che sono sempre scelti da cataloghi che ne descrivono diffusamente i tratti somatici, l'appartenenza etnica e il rango sociale.Al centro viene esposto il prodotto finale del complesso mercimonio, ovvero il bambino che appare sopra una scatola e con il codice a barre sul petto. Infine, sulla destra c'è un'altra coppia, un uomo e una donna, «compratore e compratrice». La scena su sfondo grigio è sormontata da un interrogativo tanto impellente quanto agghiacciante: «Sarà ancora possibile dire mamma e papà?».Anche in questa fattispecie, le due realtà aderenti al Family day additano dei reati perseguiti dalla legge 40 del 2004, eppure è facile immaginare che si alzerà di nuovo un putiferio di voci politicamente corrette, sebbene non potranno accusare nessuno di omofobia, visto che la condanna è rivolta a tutti, ma proprio tutti, i soggetti che accedono alla gestazione per altri.«Alla censura del sindaco della Capitale, Virginia Raggi, e alle sanzioni rispondiamo con nuove vele choc. Guardate con i vostri occhi che vergognoso mercato è in atto; non c'è che la condanna di fronte a questa tratta di esseri umani, e invece i censurati siamo noi», affermano in una nota congiunta il presidente di Pro vita, Toni Brandi, e il presidente di Generazione famiglia, Jacopo Coghe, che poi ricordano: «Abbiamo fatto tanto per affrancare i Paesi dalla schiavitù combattendo per la libertà degli individui, per arrivare poi a scegliere un bambino in un catalogo», aggiungono i due presidenti, «è sfruttamento delle persone, senza che il soggetto più fragile abbia neanche la coscienza di essere in realtà la merce della compravendita».Brandi e Coghe ricordano alla Verità che «la maternità surrogata è un crimine universale e che il tema verrà discusso al Congresso mondiale delle famiglie, che si terrà a Verona dal 29 al 31 Marzo 2019». Hanno già confermato la loro presenza all'evento il vicepremier Matteo Salvini, il ministro per la Famiglia e le disabilità, Lorenzo Fontana, il segretario di Stato e ministro per la Famiglia ungherese, Katalin Novak, il governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, il sindaco di Verona, Federico Sboarina, il presidente del Family day, Massimo Gandolfini, e il patriarca dei cattolici siriaci in medio oriente, Ignazio Giuseppe III.Intanto il consigliere comunale di Fratelli d'Italia, Lavina Mennuni, ha presentato un'interrogazione urgente al sindaco per chiedere se i provvedimenti presi per censurare la campagna non contrastano con le disposizioni della legge 40 e con l'articolo 21 della Costituzione, che garantisce la libertà di pensiero. E di fronte all'offensiva censoria, anche altre associazioni pro famiglia italiane moltiplicano lo sforzo. Dopo gli esposti di Generazione famiglia, Filippo Fiani e Luigi Mercogliano, presidenti rispettivamente di Difesa dei valori e Noi per la famiglia, hanno annunciato l'inizio di una nuova stagione di ricorsi contro i sindaci che ammettono le registrazioni di atti di nascita dei bambini ottenuti all'estero da due donne o da due uomini.
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)